TESTATA GIORNALISTICA ONLINE DEL CREA, ISCRIZIONE N. 76/2020 AL REGISTRO STAMPA DEL TRIBUNALE DI ROMA DEL 29/7/2020

19.6 C
Roma
giovedì, 10 Ottobre 2024

Lorenzo: Esiste un rischio desertificazione in Italia?

Della stessa Rubrica

Risponde Giuseppe Corti, Direttore Centro Agricoltura e Ambiente

Quando si sente comunemente parlare di desertificazione, l’immaginario indotto dai principali sistemi di informazione ci porta a vedere i nostri territori trasformati in deserti. Il termine, invece, vuol dire altro. La Convenzione delle Nazioni Unite sulla lotta alla Siccità e alla Desertificazione (UNCCD) ha adottato la seguente definizione di desertificazione: degrado delle terre nelle aree aride, semi-aride, e sub-umide secche, attribuibile a varie cause, fra le quali le variazioni climatiche e le attività antropiche.

Tale definizione, molto ampia, dice che la desertificazione è un fenomeno che interessa aree caratterizzate da ecosistemi ecologicamente fragili, dove il suolo è minacciato da una serie di cause quali siccità, erosione, incendi, cambi dei regimi pluviometrici, pratiche agronomiche inadatte al tipo di suolo, eccesso di pascolamento, eccesso di turismo, inquinamento di suolo e acqua di falda. Le cause principali rimangono comunque il cambio dei regimi pluviometrici e l’erosione. Infatti, anche se non vi fosse alcuna variazione dei regimi di pioggia, l’assottigliamento del suolo causato da pratiche agronomiche inadeguate e da erosione, riduce progressivamente la quantità di acqua che può immagazzinare il suolo, determinando un comportamento del terreno come se si trovasse in ambiente arido.

Di fatto, quindi, desertificazione non significa la trasformazione in deserto, ma una diminuzione della biodiversità dei terreni coltivati non irrigui, cosa che comporta una diminuzione delle scelte agronomiche e forestali, con conseguente diminuzione della biodiversità e della produttività biologica ed economica.

Invece, il termine che più identifica l’immaginario comune è quello della desertizzazione, che davvero significa “trasformarsi in deserto”, e identifica la progressiva espansione dei deserti sabbiosi e sassosi provocata da fenomeni di degrado del suolo, causati anche in questo caso da pascolamento e pratiche agronomiche inadeguate, ma che si verificano in aree del pianeta con regimi termici torridi e scarse precipitazioni.

Quindi, desertificazione e desertizzazione rappresentano il progressivo degrado del suolo e del territorio, per gran parte causato dall’uomo e dal suo dissennato operare nell’ambiente che lo circonda. Nelle zone del Pianeta con clima temperato e piogge almeno superiori ai 400-450 mm all’anno (pur se con anni difficili come quello che abbiamo avuto in questo 2022), la situazione può peggiorare verso una desertificazione che causerà problemi economici e sociali. Invece, nelle zone del Pianeta con clima caldo-torrido, se le piogge sono al di sotto di 200 mm all’anno, qualunque attività contraria al delicato equilibrio del suolo venga svolta può rapidamente portare all’espansione dei deserti, con l’insorgere di enormi problemi sociali. Ne sono esempio le centinaia di oasi nel sud del Sahara (area del Maghreb), autentici paradisi fino a 50-60 anni fa (si coltivavano palme, fichi, uva, olivo, melograni, miglio, erba medica e molto altro) che oggi sono completamente abbandonate a causa della salinizzazione dei suoli provocata da irrigazione con acque salino/salmastre che furono intercettate in falde profonde allo scopo migliorare le condizioni degli abitanti delle oasi. Per qualche anno andò meglio, poi, nel giro di 10-20 anni gli abitanti furono costretti ad abbandonare le oasi. Ognuno vorrebbe rimanere a casa propria, ma quando casa diventa invivibile si scappa. Lo fecero i nostri bisnonni che emigrarono a causa di una desertificazione biologica ed economica della fine del 1800 e dei primi del 1900.

Ciò detto, bisogna sottolineare che il rischio di desertificazione in Italia esiste, anche se per ora non è molto diffuso, interessando essenzialmente territori in provincia di Foggia, nei pressi di Gela e un’ampia zona della pianura del Campidano, in Sardegna. Certo, le aree circostanti a queste zone non sono fuori dal rischio. Nel Centro CREA Agricoltura e Ambiente c’è un gruppo di ricercatori dedito alla cartografia dei suoli che lavora proprio per individuare zone “difficili”, a cui è necessario porre il massimo dell’attenzione nella gestione del suolo, al fine di evitare il rapido peggioramento delle sue condizioni. Considera che, oltre al rischio di desertificazione, abbiamo anche aree a rischio erosivo, di salinizzazione, di riduzione del carbonio organico, di inquinamento e di altro ancora. Con questo, spero di aver stimolato altre domande per il futuro.

Ho immaginato che Lorenzo fosse uno dei tanti giovani che si domandano: perché? come?

Non avrò sprecato queste parole se Lorenzo o qualcuno dei suoi coetanei prenderà la strada di uno studio che miri alla salvaguardia del suolo e dell’ambiente, onorando la scienza e la conoscenza, che sono le uniche armi non solo contro la desertificazione e la desertizzazione, ma contro la belva umana che aspetta solo che la storia si faccia triste per farsi avanti.

Giuseppe Corti
Direttore CREA Agricoltura e Ambiente

#lafrase Fatti non foste a viver come bruti (Dante)

Gli ultimi articoli