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Contrasto alla siccità in zootecnia/1: soluzioni dalla ricerca CREA per la bovina da latte

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Dato che lo stress da caldo rappresenta un problema generalizzato per la produttività ed il benessere delle bovine da latte in tutte le filiere produttive lattiero-casearie, si agisce in tre direzioni: si ricorre a una dieta ricca di grassi, fibre, aminoacidi, minerali e vitamine, si mettono in atto operazioni di raffrescamento degli animali e delle stalle mediante la sensoristica ambientale e si provvede a una corretta idratazione dei capi di allevamento per ristabilire un’equilibrata termoregolazione corporea.

Nell’ambito del progetto AgriDigit, il CREA Zootecnia e Acquacoltura di Lodi ha messo a punto un sistema di preparazione e distribuzione automatizzata degli alimenti per testare i possibili effetti benefici della razione frazionata del cibo nelle ore di maggiore probabilità di assunzione da parte delle bovine.

Introduzione

La bovina da latte, soprattutto quella ad alta produzione, risulta particolarmente sensibile allo stress da caldo che, alle nostre latitudini, caratterizza sempre più il periodo estivo e ormai tende, in alcune situazioni, a farsi sentire già in primavera avanzata. Questa maggiore sensibilità dei capi più produttivi deriva dalla necessità di disperdere una maggiore quantità di calore prodotto dal metabolismo più elevato che li caratterizza.

Considerando che il meccanismo principale di termoregolazione della bovina è basato sull’accoppiamento di evapotraspirazione cutanea ed evapotraspirazione polmonare, è facile comprendere come una elevata umidità ambientale vada a contrastare tali meccanismi e aggravi la percezione dello stress termico per la vacca. Per questo, l’indice di stress climatico che si applica quando si studia e si deve gestire la sofferenza termica in questi animali è l’indice composto di temperatura e umidità (temperature humidity index, THI).

A seguito del cambiamento climatico in corso, si sta verificando un progressivo aumento del THI a tutte le latitudini (Segnalini et al., 2013) e questo sta comportando grossi problemi nella possibilità di adattamento degli animali allevati. Questo indice è il riferimento riconosciuto per la definizione delle condizioni di benessere termico della bovina da latte. Il suo impiego nel monitoraggio delle condizioni microclimatiche nel tempo e nel corso della singola giornata ci aiuta a capire la definizione e l’importanza delle cosiddette onde di calore (Tabella 1).

Da diversi anni vi è massima attenzione per il controllo del benessere termico negli allevamenti che prevendono una parte di stabulazione in edifici aziendali, ma dobbiamo ricordare anche l’importanza della radiazione solare per le bovine al pascolo nel definire le condizioni di rischio per il loro benessere e, in ultima analisi, per la loro salute.

Tabella 1 – Definizione delle diverse categorie di ondata di calore (Nienaber J.A., Hahn G.L. (2007) – Int. J. Biometeorol. 52, 149-157)

I meccanismi di termoregolazione

Abbiamo accennato al ruolo dell’acqua nella termoregolazione della bovina. Il fatto che la termoregolazione passi per l’evapotraspirazione determina una “selezione” negli isotopi stabili (vale a dire nelle forme di diverso peso atomico che lo stesso elemento può avere in natura) dei due elementi che compongono l’acqua: idrogeno e ossigeno. In un nostro studio, abbiamo potuto verificare come vi sia una differente percentuale degli isotopi leggeri di questi due elementi rispetto a quelli pesanti, in condizioni di stress termico estivo, rispetto a quanto rilevato in inverno in tutti i fluidi corporei: sangue, urine e latte (Abeni et al., 2015).

Uno dei primi effetti dello stress termico sulle bovine è rappresentato dalla riduzione nell’ingestione volontaria di alimenti. Tale reazione rappresenta un adattamento naturale che tende a ridurre la produzione di calore endogeno (metabolico) a seguito dei processi digestivi. Questo tipo di adattamento immediato della bovina è rilevato oggi, in tempo reale, dalle strumentazioni di zootecnia di precisione (o precision livestock farming, PLF). Un aspetto che noi stessi abbiamo rilevato nei nostri primi studi realizzati con dispositivi di PLF, gli accelerometri abbinati a un sistema di rilevazione della ruminazione, è la precocissima riduzione dell’attività di ruminazione, che precede di molte ore la successiva risposta in termini di riduzione della produzione di latte (Abeni e Galli, 2017) a seguito di un aumento del THI.

Un elemento importante da conoscere per valutare il grado di stress termico nella bovina da latte è rappresentato dalla possibilità di avere condizioni notturne in cui l’animale possa compensare, sia a livello comportamentale (alimentazione inclusa) che fisiologico, le alterazioni a cui va incontro nelle ore diurne. Questo è evidente ancora nella Tabella 1, ove si vede come le condizioni microclimatiche notturne contribuiscono a definire la categoria dell’ondata di calore.

Le peculiarità della condizione italiana

Se da un lato lo stress da caldo rappresenta un problema generalizzato per la produttività ed il benessere delle bovine da latte in tutte le filiere produttive lattiero-casearie, le ripercussioni più importanti sono certamente nelle filiere dei formaggi a pasta cotta e lunga stagionatura, come il Grana Padano e il Parmigiano Reggiano. Infatti, durante il periodo di maggiore stress termico, alla riduzione della produzione di latte si aggiunge un peggioramento particolarmente marcato dell’attitudine del latte alla coagulazione presamica (la cagliata), necessaria per realizzare le suddette lavorazioni. Questo fenomeno comporta una forte riduzione delle rese alla caseificazione, con conseguente grave danno per tutta la filiera.

L’adattamento del sistema produttivo italiano segue, da tempo, più strade. Dal punto di vista del miglioramento genetico degli animali, sono stati condotti studi che hanno evidenziato una diversa suscettibilità delle progenie dei migliori tori nazionali. In particolare, si è visto che le figlie di alcuni tori erano soggette ad un minore calo produttivo in corrispondenza di elevati THI (Bernabucci et al., 2014).

Ad oggi, l’Associazione Nazionale Frisona Italiana Bruna Jersey (ANAFIBJ) ha creato un indice che consente di valutare l’adattamento allo stress da caldo in rapporto al calo produttivo manifestato dalle bovine in estate rispetto alla produzione realizzata in inverno (Finocchiaro et al., 2022).

Ruolo dell’alimentazione nell’alleviare lo stress termico

Dicevamo come la bovina da latte ad alta produzione sia un animale molto più sensibile allo stress da caldo rispetto ad altri animali allevati, questo a causa del fatto che, per sostenere la sua prestazione, deve dissipare un’alta quantità di calore endogeno causato dall’elevato metabolismo, necessario per sostenere alti livelli di produzione, soprattutto a causa dell’intensa attività del suo fegato. Il fatto che questo determini, nel brevissimo periodo, una riduzione dell’assunzione di alimento, comporta la necessità di intervenire in due modi: da un lato, cercare di contenere il più possibile questa riduzione; dall’altro lato, modificare la dieta in modo tale da tamponare, per quanto possibile, alcuni effetti negativi della minore quantità di alimento assunta. Inoltre, si deve porre particolare attenzione ad alcuni aspetti del comportamento alimentare della bovina, quale ad esempio la sua propensione a selezionare singole componenti della razione stessa, per evitare l’insorgere di dismetabolie quali l’acidosi.

Per far fronte al problema, la ricerca in campo di alimentazione della bovina si è orientata a studiare diete che contengono una maggiore percentuale di frazioni fibrose (NDF e ADF) adeguatamente “strutturate” (vale a dire, inserite nella dieta mediante foraggi che rispettino una dimensione minima per favorire l’attività ruminale) per ridurre al minimo il rischio di acidosi ruminale, spesso associata a condizioni di stress termico. Per compensare la riduzione di energia assunta dalla bovina a causa della minore quantità di alimento ingerita, si valuta utile l’inclusione di grassi nelle diete ricche di fibre, perché può aiutare a mantenere l’apporto energetico, in condizioni di caldo, a livelli tali da sostenere la resa della bovina, ripartendo questo aumento di lipidi tra più fonti.

Discorso analogo vale per la componente proteica della razione. A seguito del calo di ingestione di alimento che si ha in condizioni di alte temperature e umidità ambientali, si verifica una riduzione della assunzione di proteine da parte della bovina, per questo si ritiene che l’integrazione della dieta con specifici aminoacidi, in particolare metionina, durante lo stress da caldo, possa evitare alla bovina di andare in carenza per tali nutrienti e, al contempo, induca miglioramenti della funzionalità epatica e dello stato immunitario.

Dal punto di vista dell’integrazione vitaminico-minerale della dieta, l’apporto di niacina può aiutare la riduzione della temperatura corporea in condizioni di stress termico, migliorando lo scambio di calore superficiale della pelle attraverso la vasodilatazione. Tra gli elementi minerali, una particolare attenzione va rivolta durante il periodo di maggiore stress da caldo (quantomeno come verifica dei reali apporti) al potassio e al sodio, oltre a selenio e zinco tra i microelementi. Infine, le vitamine A, C E risultano particolarmente importanti per le loro funzioni antiossidanti.

L’importanza del monitoraggio ambientale e degli animali. Le azioni di raffrescamento dell’ambiente, della bovina e un’oculata gestione delle distribuzioni dell’alimento

Quando parliamo di disagio termico, stress da caldo nello specifico, dobbiamo essere in grado di quantificare, con parametri microclimatici oggettivi, le soglie che richiedono un’eventuale attivazione di sistemi di raffrescamento o altre azioni tese ad alleviare il disagio dell’animale. Abbiamo visto come nella bovina da latte, la definizione del livello di disagio termico, utile a regolare il funzionamento dei sistemi di raffrescamento attivo delle stalle, sia legata all’indice composto da temperatura e umidità, il THI, che è auspicabile cercare di mantenere sotto i valori di 72. Oggi, grazie alla sensoristica ambientale presente negli allevamenti, è possibile legare l’attivazione dei sistemi di raffrescamento in modo estremamente mirato alle esigenze della stalla, evitando così comportamenti delle bovine che, cercando refrigerio in alcune zone meno pulite della stalla, potrebbero essere maggiormente esposte all’azione di patogeni ambientali, spesso causa di aumento delle mastiti proprio durante il periodo estivo.

Una migliore conoscenza dell’andamento del microclima della stalla nel corso della giornata, soprattutto se accompagnata dal monitoraggio del comportamento (non solo alimentare) delle bovine, è oggi possibile grazie alla sensoristica ambientale e sull’animale. Un altro grande aiuto arriva dalla automazione e dalla meccatronica, con sviluppi tecnologici che stanno mettendo a disposizione strumentazioni in grado di alleviare all’allevatore la gravosità di alcune operazioni di governo della mandria da latte. In un momento dell’anno in cui si ha una forte riduzione dell’appetito della bovina, può essere importante ricorrere all’aiuto della automazione per agevolare il consumo di alimento nei momenti più favorevoli per il comportamento della stessa (e del suo gruppo di alimentazione). Una buona stimolazione della assunzione di alimento si ha con la distribuzione della razione giornaliera in più momenti nel corso della giornata, anziché in una sola grande distribuzione mattutina. Questa soluzione risponde anche ad un importante obiettivo in termini di qualità dell’alimento consumabile dalla bovina: così facendo, infatti, l’alimento non rimane per gran parte della giornata esposto alle alte temperature ambientali (cosa che accade se si effettua una sola distribuzione al mattino), ma può venire preparato e fornito in prossimità dei momenti più freschi della giornata, quando la bovina è maggiormente propensa ad assumerlo. In un passato recente, qualche allevatore si è regolato con il carro miscelatore tradizionale per organizzare preparazione e distribuzione della miscelata nel periodo più caldo in due momenti: mattina presto e sera, ma con un ovvio maggiore dispendio di energia e lavoro umano. Anche da questo punto di vista, la tecnologia e l’automazione vengono incontro alle esigenze dell’allevatore e del benessere animale, grazie alla messa a disposizione di sistemi di preparazione e distribuzione automatizzata dell’alimento, che consentono una ripartizione in più distribuzioni nel corso della giornata.

Da questo punto di vista, il Centro di ricerca Zootecnia e Acquacoltura del CREA, sede di Lodi, nell’ambito del progetto AgriDigit, sottoprogetto PLF4Milk, finanziato dal MiPAAF, sta testando i possibili effetti benefici della distribuzione della razione frazionata in funzione delle ore di maggiore probabilità di assunzione dell’alimento da parte delle bovine. Riprendendo un nostro studio di qualche anno addietro (Calamari et al., 2013), in questo modo, abbiamo mirato a evitare quello che succede con una sola (massimo due) grosse distribuzioni giornaliere, a seguito delle quali l’alimento è destinato a stare diverse ore al caldo e, di conseguenza, inizia a deteriorarsi. Nel nostro studio, stiamo valutando sia gli effetti sul benessere animale (attraverso la valutazione del comportamento alimentare e non solo), sia le caratteristiche del latte in funzione della attitudine alla trasformazione casearia, realizzata nel nostro caseificio sperimentale con un prodotto derivante da differenti frequenze e tempi di distribuzione della miscelata.

Acqua

Un capitolo spesso sottovalutato, perché dato erroneamente per scontato, è quello relativo alla disponibilità di acqua, per l’importante ruolo che gioca nella termoregolazione dell’animale. In particolare, accade spesso che non siano adeguatamente considerati alcuni aspetti collegati alla reale disponibilità di un’acqua di abbeverata idonea a supportare benessere e prestazioni di una bovina da latte ad alta produzione. In primo luogo, al fine di consentire il corretto accesso a tutti gli animali senza creare competizione è importante il corretto dimensionamento degli spazi per l’abbeverata, in quanto durante lo stress da caldo si verifica una più lunga permanenza delle bovine all’abbeveratoio ad ogni abbeverata (per la maggiore necessità di assumere acqua) e si registra un maggior numero di visite al giorno all’abbeveratoio, con possibili sovraffollamenti che aumentano il disagio percepito soprattutto dai capi non dominanti.

Chiaramente, sono importanti la qualità igienica dell’acqua stessa e la sua temperatura.

È necessaria, specialmente in estate, una adeguata manutenzione e sorveglianza sulle condizioni igieniche degli abbeveratoi. Infatti, la stalla è un ambiente in cui è facile che si creino punti critici di accumulo di sporcizia. In particolare, se l’acqua di abbeverata arriva in qualità adeguata all’abbeveratoio, ma vi è una facile contaminazione fecale o vi sono altri fattori che contribuiscono alla formazione di biofilm, questi punti possono diventare serbatoi di rischio di proliferazione di agenti patogeni.

Riferimenti bibliografici

Abeni F., Galli A. (2017). Monitoring cow activity and rumination time for an early detection of heat stress in dairy cow. International Journal of Biometeorology, 61 (3), 417-425. DOI 10.1007/s00484-016-1222-z 

Abeni F., Petrera F., Capelletti M., Dal Prà A., Bontempo L., Tonon A., Camin F. (2015). Hydrogen and oxygen stable isotope fractionation in body fluid compartments of dairy cattle according to season, farm, breed, and reproductive stage. PLoS ONE 10 (5): e0127391. doi:10.1371/journal.pone.0127391 

Bernabucci U., Biffani S., Buggiotti L., Vitali A., Lacetera N., Nardone A. (2014). The effects of heat stress in Italian Holstein dairy cattle. J. Dairy Sci. 97, 471-486 

Calamari L., Petrera F., Stefanini L., Abeni F. (2013) – Effects of different feeding time and frequency on metabolic conditions and milk production in heat-stressed dairy cows. International Journal of Biometeorology, 57 (5), 785-796. DOI 10.1007/s00484-012-0607-x 

Finocchiaro R., van Kaam J.-T., Galluzzo F., Marusi M. (2022). Indice di “tolleranza allo stress da caldo – HT”. La Frisona Italiana ha un nuovo strumento di selezione. Pag. 6-8, BIANCONERO, MARZO-APRILE 2022. 

Nienaber J.A., Hahn G.L. (2007). Livestock production system management responses to thermal challenges. Int. J. Biometeorol. 52, 149-157 – doi:10.1007/s00484-007-0103-x 

Segnalini M., Bernabucci U., Vitali A., Nardone A., Lacetera N. (2013). Temperature humidity index scenarios in the Mediterranean basin. Int J Biometeorol 57, 451-458   DOI 10.1007/s00484-012-0571-5 

 

Fabio Abeni
Dirigente di Ricerca presso il Centro di Ricerca Zootecnia e Acquacoltura

I suoi campi di interesse spaziano dalla fisiologia della bovina (dalla crescita alla lattazione) all’applicazione delle nuove tecnologie per una zootecnia di precisione in ogni aspetto dell’allevamento.
È responsabile scientifico del sottoprogetto “PLF4Milk” nell’ambito del progetto AgriDigit finanziato dal MiPAAF e il presente articolo si inquadra nelle attività di comunicazione del progetto stesso. 

#lafrase Ricercare il giusto equilibrio in ogni applicazione del progresso scientifico e cercare di comunicarlo al meglio (anche se è difficile farsi ascoltare)

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