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lunedì, 7 Ottobre 2024

Le attività istituzionali del CREA Alimenti e Nutrizione/5: l’educazione alimentare – 2

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Cosa si intende per educazione alimentare? Perché è importante? Quali alimenti sono da preferire? Strumento efficace per favorire l’adozione di uno stile di vita sano, a partire da una alimentazione equilibrata, l’educazione alimentare mira anche a sensibilizzare sul rapporto fra qualità del cibo e qualità dell’ambiente, in un’ottica di sostenibilità. I comportamenti alimentari si acquisiscono fin dalla tenera età, perciò è indispensabile attuare programmi di educazione alimentare a partire dai banchi di scuola.   

Cos’è l’educazione alimentare 

“L’educazione alimentare comprende ogni attività che miri allo sviluppo di comportamenti alimentari corretti e consapevoli del consumatore, nonché ad uno stile di vita sano, vissuto non come costrizione, ma come valore condiviso. La finalità ultima è quella di condurre ad una autonoma capacità di gestione corretta della propria alimentazione e, dunque, di difesa nei confronti di ogni forma di malnutrizione.”  

Figura 1. Logo Istituto Nazionale della Nutrizione

Questa è stata la definizione condivisa durante la Prima conferenza per l’educazione alimentare, organizzata dall’Istituto Nazionale della Nutrizione (oggi CREA Alimenti e Nutrizione) nel 1975. Nel passaggio da Istituto a Centro di ricerca, il CREA Alimenti e Nutrizione (CREA-AN) ha mantenuto nel tempo la capacità, le competenze – e la conseguente vocazione specifica nei compiti istituzionali – di rendere consapevoli cittadini grandi e piccoli delle loro scelte a tavola. La definizione di educazione alimentare e il suo obiettivo negli anni sono rimasti, infatti, sostanzialmente inalterati, con l’accento sull’insieme di strategie educative volte a facilitare l’adozione volontaria di scelte alimentari che conducano a salute e benessere. 

Mangiare, ovvero l’atto di alimentarsi, è al tempo stesso un atto semplice, ma anche un equilibrio di moltissimi fattori, e mette in gioco processi psicologici, sensoriali ed emotivi, collegati alle caratteristiche culturali, sociali ed economiche dell’ambiente di appartenenza. Gli educatori hanno di fronte una grande sfida: configurare messaggi in grado di attirare l’attenzione, di senso compiuto, ma che siano al contempo scientificamente fondati, e che incoraggino – senza forzare – cambiamenti in comportamenti anche profondamente radicati nei destinatari dell’intervento.  

Come fare educazione alimentare 

Fare educazione alimentare non è insegnare quali sono i nutrienti e come calcolare le calorie, o almeno non è solo questo: la conoscenza dei fabbisogni, infatti, è una piccola parte della motivazione che porta a determinate scelte alimentari. Riguarda, tra l’altro, perlopiù gli adulti, o per interesse personale o per la necessità, reale o percepita, di seguire una dieta. Per questa tipologia di persone è necessaria un’informazione scientificamente fondata, univoca, che guidi le decisioni in maniera semplice e trasparente, a partire dalle etichette fino alle raccomandazioni delle Linee guida per una sana alimentazione (non dogmi, non leggi scritte nella pietra, ma indicazioni, appunto, suggerimenti), anche illustrate in forma di video o di brevi testi, come nel sito Sapermangiare.mobi (vedi riquadro).  

E per i più giovani? 

Per i più giovani, nelle scuole, l’approccio deve essere differente: come ben delineato nella letteratura scientifica e nelle Linee Guida per l’Educazione Alimentare – edite dal Ministero dell’Istruzione nel 2011 e nel 2015 -, bisogna distinguere il momento informativo (nutrienti, calorie, fabbisogni) dal momento educativo vero e proprio, che permette di orientare le scelte e i comportamenti, a partire dalle tradizioni familiari o del territorio, dalla cultura, le abitudini e le tipicità. Ovviamente, nel processo educativo non va tralasciato l’ambiente familiare, fondamentale nella modulazione dei comportamenti alimentari: i gusti e le preferenze di bambini e bambine si vanno formando col tempo, le loro abitudini non sono completamente radicate, ma perché possano essere effettivamente soggetti attivi di un cambiamento, devono trovare terreno fertile negli adulti di riferimento, che siano e si mostrino pronti a fare da esempio. È questo il motivo per il quale le attività vanno incentrate nella scuola, ambiente educativo per eccellenza, ma bisogna lavorare su tutto il sistema, formando quindi i docenti, per arrivare alle famiglie attraverso i bambini.  

La spinta gentile 

La teoria è quella dei piccoli passi: non aspettarsi grandi cambiamenti tutti insieme, ma focalizzarsi su pochi argomenti, con una spinta gentile verso consumi più equilibrati e in linea con i fabbisogni. La “gentilezza” di questa spinta verso prodotti che sono probabilmente i meno graditi ai bambini (frutta, verdura, legumi…), è spesso un punto dolente, perché è importante rispettare i tempi e i modi di tutti, e far sì che la tavola non diventi mai terreno di scontro. I pasti dovrebbero essere un momento sereno, di convivialità, di coinvolgimento e di condivisione. L’approccio, in famiglia ma anche a scuola, deve essere tranquillizzante e positivo: nessuna imposizione, nessun ricatto, nessuna ansia se qualcosa resta nel piatto. Vanno sottolineate le caratteristiche positive, ma senza categorizzare, proponendo l’assaggio, senza forzare al consumo. L’utilizzo di film o cartoni animati, o di storie raccontate nei libri, può aiutare a rendere più allettante l’esplorazione delle novità, così come il loro abbinamento a cibi già noti e accettati.  

Tutto nella convinzione che non esistono cibi buoni o cattivi, ma alimentazioni più o meno bilanciate rispetto ai fabbisogni. Infine, non possono mancare le indicazioni mirate a consumi sostenibili, perché non si può prescindere dalla comprensione dell’esistenza di un legame tra qualità del cibo e qualità dell’ambiente (e conseguentemente qualità della vita). 

Educare a cosa? 

I dati epidemiologici mostrano che i bambini e le bambine di 8-9 anni, in Italia, hanno grandi problemi di eccesso di peso: l’Istituto Superiore di Sanità riporta che quasi 1 bambino italiano su 3 è in condizioni di sovrappeso o di obesità. Tra le abitudini rilevate in questa fascia di età c’è lo scarso consumo di prodotti vegetali: 1 bambino su 4, infatti, non ha un consumo quotidiano di frutta e verdura, che sono invece protettivi per la salute e aiutano il raggiungimento del senso di sazietà. Quindi, tra i tanti argomenti che è possibile affrontare in classe (importanza della prima colazione, meno zuccheri, pochi grassi, poco sale, più varietà, più cereali integrali, ecc…) la promozione di frutta e verdura (e legumi) è particolarmente importante.  

Inoltre, la spinta ad un maggior consumo di vegetali risponde pienamente alla definizione di sostenibilità delineata da FAO e OMS, che comprende le componenti di salute, di impatto ambientale, di costo e di gusto. E, se con gli adulti può essere efficace parlare di salute e di costi, con i più piccini fanno maggior presa gli argomenti che riguardano – in funzione dell’età – l’impatto ambientale e, soprattutto, il gusto.  

Si può parlare, ad esempio, di quali legumi mangiavano gli antichi romani, o di quale frutto può andare bene con la colazione delle diverse regioni italiane; di come riciclare le bucce della frutta o di come utilizzare gli scarti dei broccoli per disegnare. La manipolazione e lo studio delle caratteristiche di un prodotto vegetale, finalizzate al disegno di una zucchina o alla preparazione di un minestrone sono passaggi importanti. Quindi, si può fare leva sull’immensa varietà di prodotti vegetali che appartengono al panorama ortofrutticolo italiano, incluse le moltissime tipicità certificate. Grazie a questa varietà, sarà facile imparare ad esplorare con tutti i sensi – e non solo con il gusto – i diversi frutti, ortaggi e legumi, accompagnando i bambini in un percorso di esperienza e conoscenza che è la base per la disponibilità all’assaggio. Le esperienze gustative, tattili, olfattive, visive -e anche gli spunti uditivi- relative alle caratteristiche dei prodotti vegetali, sono tra gli approcci riconosciuti come maggiormente efficaci dalla letteratura scientifica per l’accettazione di frutta e ortaggi, nel caso di bambini e bambine.

Figura 2. Esperienze sensoriali: Il gusto senza la vista
Figura 3. Esperienze sensoriali. Senza vista e senza olfatto

Se poi le esperienze sensoriali si accompagnano alla esposizione ripetuta e all’esempio dei pari e degli adulti, aumenta la familiarità dei bambini verso questi prodotti, passaggio chiave verso l’accettazione e, successivamente, il consumo. Infine, se i vegetali scelti per queste sperimentazioni sono di stagione, l’esperienza sensoriale sarà ancora più gratificante e sarà più facile e divertente – ad esempio – trovare gli aggettivi che descrivano tutti i sensi coinvolti.  

Figura 4. Alla scoperta degli aggettivi giusti

Laura Gennaro

Prima Tecnologa CREA-Alimenti e Nutrizione

Tecnologa alimentare e formata in comunicazione, si occupa in particolare di educazione alimentare e ha focalizzato la sua attenzione professionale sulla scuola, soprattutto Primaria, con l’obiettivo di trasmettere a Docenti e alunni le basi di una alimentazione equilibrata, salutare e sostenibile, in linea con la tradizione italiana. 

#laFrase
“Se è vero che siamo quello che mangiamo, allora io voglio mangiare bene” (Ratatouille) 

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