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martedì, 12 Novembre 2024

Pioppo ad elevata densità per il pellet

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Il pellet, ritenuto piuttosto sostenibile perché permette di utilizzare gli scarti della produzione del legno, è anche al centro del dibattito per la maggiorazione di prezzo connessa agli scenari geopolitici internazionali e per il potenziale impatto ambientale dovuto all’elevato contenuto in ceneri. Tuttavia, il suo consumo in Italia per il riscaldamento domestico centralizzato, fa registrare un importante sviluppo, sia in termini di produzione, sia in riferimento al numero crescente di stufe a pellet installate.
Il CREA Ingegneria e Trasformazioni Agroalimentari (CREA IT), nell’ambito del Progetto AGROENER, ha avviato un’attività sperimentale finalizzata alla valorizzazione del pioppo, attraverso la promozione di un modello dimostrativo di produzione di pellet su scala aziendale.

Piantagioni da biomassa, una risorsa per il mercato del pellet?

Il pioppo è stata una delle specie maggiormente impiegate per la costituzione di piantagioni ad elevata densità (circa 7000 piante/ettaro e cicli di taglio biennali o triennali). Questa tipologia di allevamento, dedita principalmente alla fornitura di cippato, ha giocato un ruolo chiave nel panorama energetico nazionale a partire dagli anni ’90. Da un po’ di anni a questa parte, tuttavia, l’interesse per le colture da biomassa è andato scemando, facendo registrare una forte riduzione delle superfici investite.

Diversamente dal mercato del cippato, quello dei prodotti trasformati, con particolare riferimento al settore del pellet, ha fatto registrare un importante sviluppo, sia in termini di produzione, sia in riferimento al numero di impianti installati.

Il pellet

Il pellet è un combustibile naturale al 100% perché si produce dagli scarti del legno non trattato. Il legno viene ridotto in segatura, sottoposto ad essiccazione e poi pressato in piccoli cilindri. Non contiene colle né solventi chimici e resta compatto grazie alla lignina, un componente naturale del legno.

A livello europeo la produzione di pellet è cresciuta da 1,7 milioni di tonnellate nel 2000 a 28 milioni di tonnellate nel 2015, fino a circa 50 milioni di tonnellate all’anno dal 2020.

Il consumo principale del pellet, per il mercato italiano, è rappresentato da piccole utenze private, con impiego prevalente di stufe e caldaie per il riscaldamento domestico centralizzato.

Gli impianti da biomassa ad elevata densità si caratterizzano per alcune peculiarità, come, ad esempio, la capacità di produrre rilevanti quantitativi di materiale ad ettaro e la possibilità di garantire una fornitura ed una programmazione piuttosto regolari per più anni consecutivi. Altro fattore da considerare è quello dell’efficienza nella gestione della filiera che, per tale tipologia di impianto, può considerarsi ottimizzata praticamente in tutte le fasi del processo, dalla piantumazione al conferimento del prodotto. Da qui l’idea di verificare la possibilità di valorizzazione il materiale prodotto da una filiera già rodata, procedendo alla pellettizzazione di pioppo proveniente da due diverse turnazioni, 3 e 6 anni (foto 1 e 2), utilizzando sia piante intere che fusti sramati.

Foto 1 – Piantagione di pioppo a ciclo breve con 3 anni di fusto e 11 anni di radice
Foto 2 – Piantagione di pioppo a ciclo breve con 6 anni di fusto e 11 anni di radice

Il ruolo del CREA nelle filiere dimostrative 

I progetti di ricerca con finalità dimostrative suscitano grande interesse per la possibilità di portare, all’attenzione dei diversi attori di una filiera, risultati tangibili, frutto di attività operative che vedono coinvolte numerose figure professionali.

Il CREA-Ingegneria e Trasformazioni Agroalimentari, nell’ambito del progetto AGROENER, ha avviato un’attività sperimentale finalizzata alla valorizzazione delle biomasse di diversa origine, proprio attraverso la promozione di un modello dimostrativo di produzione di pellet su scala aziendale.

Progetto AGROENER

AGROENER – Energia dall’agricoltura: innovazioni sostenibili per la bioeconomia.
Progetto Finanziamento MiPAAF Decreto Dirigenziale n. 26329 del 1° aprile 2016. Task 5.2: Produzione dimostrativa di pellet su piccola scala per la valorizzazione della biomassa di diversa origine. https://agroener.crea.gov.it/

Il processo di pellettizzazione

Il processo di pellettizzazione prevede diverse fasi operative:

  • essicazione/condizionamento: la produzione del pellet è facilitata se si dispone di un prodotto con un contenuto di umidità iniziale del 12-14% (valori limite 10-15%). Se i valori di umidità sono elevati, la biomassa deve essere sottoposta ad un procedimento preventivo di essiccazione, mentre, nel caso di valori troppo bassi, la biomassa dovrà essere trattata con acqua o vapore;
  • raffinazione: per realizzare un buon pellet il materiale di partenza deve essere raffinato, ovvero ridotto in frammenti di piccole dimensioni (< 6mm) al fine di ottenere un materiale omogeneo;
  • pressatura: il materiale viene sottoposto a pressatura tramite una coppia di rulli che agiscono contro una matrice metallica (trafila), caratterizzata da una serie di fori posti a distanza regolare tra loro (foto 3). La compressione esercitata produce un innalzamento della temperatura, che supera i 90 °C, con una progressiva densificazione e plastificazione del materiale legnoso. In tali condizioni, la lignina si scioglie e agisce da legante naturale tra le particelle andando a rivestire le fibre di cellulosa. Per questo motivo la qualità del pellet dipende molto dalla specie impiegata;
  • raffreddamento, vagliatura, insacchettamento: i pellet espulsi dalla trafila devono subire un rapido processo di raffreddamento tramite ventilazione. Tale operazione stabilizza il prodotto, favorendone l’indurimento e un’ulteriore perdita di acqua. Con la vagliatura si eliminano tutte le particelle fini non addensate e il pellet raffreddato e pulito dalle polveri può essere, quindi, pesato ed insacchettato.
Foto 3 – Sistema rulli – trafila della pellettatrice aziendale.

I parametri di qualità del pellet

La qualità dei biocombustibili solidi viene stabilita da norme tecniche internazionali che definiscono le caratteristiche di un determinato prodotto, processo o servizio. La certificazione riveste un ruolo di primaria importanza per garantire il rispetto dei parametri qualitativi del prodotto da immettere sul mercato e consente al consumatore di scegliere un prodotto efficiente. L’attuale complesso normativo per prodotti energetici fa capo alla UNI EN ISO 17225:2014 e, per il pellet di legno, occorre far riferimento alla UNI EN ISO 17225-2:2014 “Definizione delle classi di pellet di legno”, che determina le relative metodiche da seguire per il rilievo dei differenti parametri.

Normativa

UNI: Ente Nazionale Italiano di Unificazione, rappresenta l’Italia nell’attività normativa internazionale.
EN: norme elaborate dal Comitato Europeo di Normazione, il cui recepimento è obbligatorio per i Paesi membri. ISO: norme elaborate dall’Organizzazione Internazionale per la Standardizzazione, il cui recepimento non è obbligatorio.

Risultati della ricerca CREA

Il diametro medio dei cilindretti risulta di poco superiore a 6 mm, con una lunghezza compresa tra 15 e 20 mm. La massa volumica apparente varia tra 580 kg/m3 per gli alberi sramati e 555 kg/m3 per gli alberi interi. Il potere calorifico inferiore supera i 17,5 MJ/kg, il contenuto in ceneri si attesta su valori inferiori all’1,9% per il materiale di 6 anni e valori del 2,7% per il ciclo triennale. Il punto di fusione delle ceneri, inoltre, risulta sempre superiore a 1400 °C.

Analizzando la tabella 1 possiamo identificare quali parametri qualitativi vengono rispettati dal pellet di pioppo (foto 4). Tutti i materiali prodotti soddisfano i requisiti per diametro, lunghezza, contenuto di umidità, punto di fusione delle ceneri, potere calorifico inferiore, azoto, zolfo e metalli pesanti. Per quanto riguarda il contenuto in ceneri, il pellet di pioppo rientrerebbe in classe B, ma a patto di utilizzare esclusivamente materiale di 6 anni. Nessuno dei materiali testati, infine, è in grado di raggiungere la soglia minima di massa volumica apparente richiesta dalla normativa, pari a 600 kg/m3.

Tabella 1 – Rispondenza dei parametri qualitativi del pellet prodotto secondo la classificazione EN ISO 17225-2: (rispetta normativa), X (non rispetta normativa) A1 – A2 – B (classi di appartenenza del parametro di riferimento).
Foto 4 – Pellet di pioppo

Consumo di pellet: limiti e prospettive

La massa volumica apparente rappresenta una limitazione sia per il materiale di 3 anni che per quello di 6 anni. Riguardo al contenuto in ceneri, invece, l’allungamento del turno di taglio da 3 a 6 anni consente di ridurne i valori fino al raggiungimento della classe qualitativa B. Per tale ragione, risulta preferibile protendere verso un allungamento del turno, anche in virtù di una maggiore massa volumica apparente del materiale di 6 anni, di poco inferiore al valore soglia. L’impiego della frazione di ramaglia nel processo produttivo, infine, non sembrerebbe influenzare in modo significativo la qualità del pellet che è possibile produrre.

Ciò implica che, allo stato attuale, tale prodotto, pur presentando caratteristiche non sempre in linea con la normativa restrittiva vigente, rappresenta comunque un prodotto commercialmente valido dal punto di vista energetico e qualitativo, che può essere utilizzato dall’utente finale con vantaggio anche economico, tenuto conto del più basso valore di mercato a fronte di un simile contenuto energetico, rispetto al pellet di classe A1.

Vincenzo Civitarese,
Ricercatore presso il CREA Centro Ingegneria e Trasformazioni Agroalimentari

È esperto nello sviluppo di macchine e prototipi per la raccolta e la cippatura delle biomasse, nella gestione e pianificazione della logistica delle colture energetiche, nella caratterizzazione qualitativa dei prodotti e sottoprodotti della filiera legno energia

#lafrase La ricerca scientifica, benché quasi costantemente guidata dal ragionamento, è pur sempre un’avventura (Louis de Broglie)

Giulio Sperandio,
Primo ricercatore presso il CREA Centro Ingegneria e Trasformazioni Agroalimentari

Si occupa di analisi tecniche, economiche ed energetiche della filiera foresta-legno, delle filiere agricole, dei processi produttivi. Analizza le performance delle macchine e i costi di esercizio, i modelli di ottimizzazione dei cantieri meccanizzati e dei processi produttivi dei sistemi agricoli, forestali e del verde urbano. Valuta la sostenibilità dell’applicazione di tecnologia digitale nei sistemi d’irrigazione di precisione e nella tracciabilità dei prodotti di filiere agricole e forestali.

#lafrase Misurate ciò che è misurabile e rendete misurabile ciò che non lo è (Galileo Galilei)

Angelo Del Giudice,
Ricercatore presso il CREA Centro Ingegneria e Trasformazioni Agroalimentari

Laureato in scienze forestali con dottorato di ricerca in scienze e tecnologie per la gestione forestale e ambientale. Aree di ricerca e di interesse: bioenergie, foreste, meccanizzazione, ecologia e agricoltura di precisione.

#lafrase L’albero rappresenta, fin dai tempi più antichi, il simbolo e l’espressione della vita, dell’equilibrio e della saggezza (Jean Giono)

Alessandro Suardi,
Primo Ricercatore presso il CREA Centro Ingegneria e Trasformazioni Agroalimentari

La sua ricerca è principalmente focalizzata sull’ottimizzazione delle logistiche di raccolta e gestione delle colture industriali e dei residui agricoli, nonché sulla valutazione della sostenibilità ambientale delle filiere agro-industriali secondo la metodologia del Life Cycle Assessment (LCA).

#lafrase Se l’opportunità non bussa, costruisci una porta (Milton Berle)

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