TESTATA GIORNALISTICA ONLINE DEL CREA, ISCRIZIONE N. 76/2020 AL REGISTRO STAMPA DEL TRIBUNALE DI ROMA DEL 29/7/2020

13.9 C
Roma
giovedì, 21 Novembre 2024

Contrasto alla siccità/8: i vigneti resilienti del progetto REVINE

Della stessa Rubrica

Come la viticoltura può rispondere al cambiamento climatico e, in particolare, contrastare la siccità? Il progetto REVINE studia le varietà in grado di tollerare al meglio la ridotta disponibilità idrica e individua modelli viticoli mediterranei in grado di ripristinare e aumentare la sostanza organica e, conseguentemente, la fertilità dei suoli. 

Un po’ di storia 

Il Bacino del Mediterraneo è stato la culla di numerose civiltà, il cui sviluppo è legato anche ai particolari aspetti climatici che hanno favorito l’agricoltura e il commercio tra i popoli. L’associazione di estati secche con inverni piovosi rappresenta un carattere tipico del clima mediterraneo. La naturale disponibilità di radiazione solare e la capacità di gestire la risorsa idrica sono stati elementi importanti nello sviluppo agricolo del Mediterraneo. Questo ha portato allo sviluppo di una serie di tecniche in grado di conservare e aumentare la capacità di ritenzione di acqua piovana e permettere una duratura fertilità del suolo, un esempio fra tutti sono i muretti a secco per la realizzazione di terrazzamenti e delimitazioni territoriali, in grado di trattenere terreno e umidità da restituire alle colture agrarie. Perché è proprio il suolo, il modo migliore di conservare l’acqua. Un riconoscimento internazionale a tali opere è stato dato dall’UNESCO inserendo nel 2018 i “muretti a secco” nella Lista dei Patrimoni Immateriali dell’umanità come elemento transnazionale di otto paesi: Croazia, Cipro, Francia, Grecia, Italia, Slovenia, Spagna e Svizzera. 

Ritorno al suolo 

Se è vero che piove globalmente meno, è anche vero che il verificarsi di intense precipitazioni a seguito di periodi siccitosi non costituisce, purtroppo, una novità. Nei terreni argillosi, ad esempio, la mancanza di acqua provoca delle profonde crepe con destrutturazione del suolo. Se a questi periodi seguono piogge torrenziali, il terreno destrutturato viene poi trascinato a valle. Ma l’erosione del suolo non è solo da attribuire ai cambiamenti climatici, anche l’intervento dell’uomo ha contribuito ad accelerare questi fenomeni. Paradossalmente, l’effetto negativo del contributo umano può rappresentare un vantaggio, in quanto modificando il modo di produrre si può agire verso la risoluzione del problema. 

Non tutti i suoli si comportano in maniera uguale in periodi siccitosi. Sono i suoli dove è limitato il contenuto di sostanza organica che risentono maggiormente degli effetti del cambiamento climatico. Il terreno si spacca ma non si destruttura se è vivo, cioè se al suo interno esiste una struttura organica costituita da radici e piccoli organismi (come batteri, funghi, lombrichi, ecc.) che lo tengono unito. 

Perché tutto parte dal suolo. Se il terreno in cui una pianta cresce è vivo e vitale (fertile), esso contribuirà a rendere la pianta forte e quindi più resistente agli stress abiotici. 

Il progetto REVINE 

Individuare modelli viticoli mediterranei in grado di rigenerare la presenza di sostanza organica ed aumentare il contenuto di carbonio e la fertilità dei suoli: è questo l’obiettivo concreto del progetto REVINE (REgenerative agricultural approaches to improve ecosystem services in mediterranean VINEyards) che coinvolge diversi paesi nel Bacino del Mediterraneo (Italia, Portogallo, Cipro, Egitto, Tunisia e Francia) e vede come capofila l’Italia con il CREA Viticoltura ed Enologia (VE). 

La vite è una delle colture che caratterizza il panorama agricolo mediterraneo, si è adattata nel tempo alle condizioni climatiche mediterranee (al Registro Nazionale delle varietà di vite italiano sono iscritte più di 2090 accessioni di vite, fra varietà e cloni differenti). Tuttavia, risulta comunque sensibile a fenomeni climatici estremi nei momenti cruciali del ciclo produttivo, soprattutto in terreni che non sono in grado di supportarla durante i periodi di stress (ad esempio per carenza di precipitazioni piovose). Il progetto REVINE ha l’intento di limitare il condizionamento climatico e la ridotta disponibilità idrica attraverso due strade:  per via genetica, attraverso lo studio delle varietà in grado di tollerare al meglio la ridotta disponibilità idrica’ e per via ambientale,  attraverso il ripristino (rigenerazione) e l’aumento della sostanza organica nei suoli.  

Lo studio di varietà resistenti è una linea di ricerca, che si integra con le attività di breeding realizzato presso il CREA-VE. Nuovi incroci ottenuti in recenti programmi di miglioramento genetico sono in corso di valutazione per la loro capacità di adattamento al clima caldo-arido della zona mediterranea, affiancati da varietà storiche del Bacino Mediterraneo. L’obiettivo sarà quello di individuare le varietà, e le combinazioni tra nesto e portinnesto, in grado di utilizzare al meglio la risorsa idrica in termini di capacità esplorative del suolo e di condizionamento delle attività di scambi gassosi tra foglie ed atmosfera. 

Per quanto riguarda la via ambientale, sono state avviate sperimentazioni inerenti il favorire lo sviluppo di ecosistemi terricoli, dove per ecosistema terricolo si intende un sistema aperto di organismi viventi che interagiscono tra loro e con l’ambiente abiotico.   

Tra le pratiche favorenti lo sviluppo di ecosistemi viticoli attivi vi è la copertura vegetale (cover-crops), che risulta essere la via di transito di energia e materia e, al contempo, permette di trattenere la pioggia e l’umidità nei periodi autunnali e invernali, evitando l’erosione superficiale in caso di episodi meteorologici violenti. La stessa copertura, sotto forma di pacciamante, consente poi di limitare la perdita di acqua per evaporazione nei caldi periodi primaverili ed estivi. Un’altra importante attività esplicata dagli apparati radicali delle cover-crops è la produzione di essudati radicali (aminoacidi, acidi organici, carboidrati, zuccheri, vitamine, mucillagini e proteine) che possono interagire con la componente microbiologica del suolo (batteri e funghi) e sono in grado di migliorare la struttura dei suoli, già migliorata anche dall’azione meccanica delle radici. Questa pratica è associata anche allo studio dei consorzi microbici – instauratisi sulle viti che meglio rispondono agli stress ambientali – all’impiego di tali consorzi selezionati in vigneto, e allo studio delle componenti microbiologiche attive ottenute da biofermentati. Queste ultime possono costituire strumenti validi per recuperare le funzionalità del microbioma presente nei terreni. La presenza di un’intensa attività microbica è condizione necessaria per permettere l’incremento quantitativo e il miglioramento qualitativo di sostanza organica in grado di fissare e conservare il carbonio. Tra le pratiche studiate in progetto troviamo anche l’impiego di compost e biochar ottenuti da sarmenti di vite (residui di potatura) in un’ottica di economia circolare. In questo modo si favorisce la creazione di un substrato poroso capace di trattenere più acqua ed elementi nutritivi, si diminuisce l’impatto climatico della viticoltura e si recuperano in maniera funzionale i residui di potatura. Le particelle organiche nei suoli forniscono superfici cariche negativamente in grado di legare e trattenere l’acqua e rendono il terreno in grado di aumentare la quantità di acqua disponibile per le viti. 

I risultati scientifici ottenuti fino a questo momento sono stati seguiti dalla messa in pratica presso aziende produttrici di uve da tavola e vitivinicole partecipanti al progetto REVINE. È stato quindi possibile individuare una serie di protocolli in grado di arricchire il suolo, rendendolo capace di supportare le piante senza o con ridotto apporto di input esterni. 

Più che creare un modello unico che vada bene per ogni ambiente, il progetto ha evidenziato la necessità di introdurre pratiche rigenerative scelte in modo mirato, considerando le specifiche condizioni pedoclimatiche e lo stato di sfruttamento del terreno.  

Ma quanto conviene la rigenerativa al produttore? Una attività deve produrre profitto. Perché non si può parlare di sostenibilità ambientale senza considerare la sostenibilità economica. Una risposta a questa domanda è stata fornita dagli stessi viticoltori mediante un’analisi sociale ed economica realizzata sempre all’interno del progetto REVINE. Al momento i risultati ottenuti sono limitati alla zona del sud Italia, ma l’analisi si sta estendendo anche ad altri paesi del Bacino Mediterraneo. Secondo i produttori intervistati, i meccanismi che potrebbero essere attivati per favorire l’applicazione di questo tipo di agricoltura in vigneto sono di natura diversa. In primis ci sono motivazioni economiche legate al tempo e agli investimenti necessari per la conversione di terreni impoveriti. Incentivi o finanziamenti statali, sempre a detta degli operatori, sicuramente spingerebbero verso l’adozione della rigenerativa. Questo a patto che venga effettuata un’adeguata campagna di promozione dei prodotti “rigenerativi”, che informi i consumatori del valore aggiunto di questi alimenti. Accanto a queste motivazioni di natura pratica ci sono motivazione ideologiche da non sottovalutare. Dimensione dell’azienda, tecniche sostenibili già in atto, longevità dell’azienda ed età del titolare sono fattori che giocano un ruolo importante nella predisposizione all’introduzione di metodi rigenerativi del suolo. 

Una spinta verso il cambiamento è già stata data dalla Unione Europea. Il New Green Deal europeo vuole combattere il cambiamento climatico e raggiungere la neutralità climatica in Europa entro il 2050 per ottenere “aria e acqua pulite, un suolo sano e biodiversità”. A fronte di queste richieste, la “viticoltura rigenerativa” si offre come un perfetto modello di economia circolare che fa crescere piante più sane, riduce i rifiuti e contiene il cambiamento climatico.  

Ma la ricerca non si ferma. La messa a punto di metodiche sostenibili e il confronto con il mondo produttivo sono ancora in corso per elaborare piani di sviluppo efficace, che prevedano l’applicazione della “viticoltura rigenerativa”. Per gli interessati è possibile conoscere gli sviluppi della ricerca attualmente in corso consultando il sito del progetto www.revine-prima2020.org . Perché la ricerca non si ferma se non produce risultati concreti e condivisibili. 

Il Progetto REVINE

Nome esteso: “Regenerative agricultural approaches to improve ecosystem services in Mediterranean vineyards” 

Durata: da novembre 2021 a maggio 2024 

Finanziamento totale: 1.958.955,00 euro 

Partners: Italia, Cipro, Portogallo,Egitto,Francia e Tunisia  (6 paesi partecipanti) 

Coordinatore: CREA, Centro di Ricerca Viticoltura ed Enologia. 

Referente scientifico: Rocco Perniola. 

In cosa consiste: REVINE propone l’adozione delle pratiche di agricoltura rigenerativa con un’ottica innovativa e originale, allo scopo di migliorare la resilienza dei vigneti ai cambiamenti climatici nell’area mediterranea.  

Obiettivi: Migliorare la resilienza e l’adattabilità dei vigneti ai cambiamenti climatici. 

 Sito: https://www.revine-prima2020.org/ 

Teodora Basile
CREA Centro di ricerca Viticoltura e Enologia

Ricercatrice

#lafrase Innovazione e tradizione (T. Basile)

Lucia Rosaria Forleo
CREA Centro di ricerca Viticoltura e Enologia

Ricercatrice

#lafrase omnis cellula e cellula (R.Virchow)

Rocco Perniola
CREA Centro di ricerca Viticoltura e Enologia

Tecnologo

#lafrase Il miglior carburante per alimentare il progresso mondiale è la nostra scorta di conoscenze, e il freno è la nostra mancanza di immaginazione (Julian Lincoln Simon)

Gli ultimi articoli