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venerdì, 26 Aprile 2024

TEA in frutticoltura: istruzioni per l’uso  

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Negli ultimi anni, il nostro Paese ha investito molto, attraverso finanziamenti nazionali e internazionali, per applicare le Tecnologie di Evoluzione Assistita (TEA) in frutticoltura. Il progetto BIOTECH ha rappresentato l’opportunità per andare oltre rispetto a quanto fatto dai colleghi internazionali.  Scopriamo insieme come potrebbe cambiare la frutta con le TEA

I cambiamenti climatici stanno impattando profondamente sulle produzioni agroalimentari, abbassandone la qualità e la resa. In questo contesto, negli ultimi anni, la comunità scientifica internazionale ha dedicato molte energie per migliorare la resilienza e la sostenibilità in agricoltura. L’Italia, che è tra i principali produttori europei di diverse specie da frutto, ha avviato numerose iniziative progettuali per tutelare e valorizzare le peculiarità del “Made in Italy“, sfruttando le Tecnologie di Evoluzione Assistita (TEA). Nonostante la loro importanza, le colture frutticole risentono delle difficoltà associate agli approcci di miglioramento genetico classico, soprattutto in termini di impegno finanziario, disponibilità di risorse del suolo e lunghi tempi di attesa necessari per la crescita e la valutazione delle piante. Le TEA, invece, superano alcuni dei limiti del miglioramento genetico tradizionale, intervenendo con precisione sul gene e sul carattere da migliorare.   

Le TEA sulle specie da frutto nel mondo 

Lo scorso 4 Gennaio 2023, sulla rivista International Journal of Molecular Sciences, è stata pubblicata la review dal titolo The Role of Italy in the Use of Advanced Plant Genomic Techniques on Fruit Trees: State of the Art and Future Perspectives a cura di un gruppo di ricercatori dei Centri CREA Olivicoltura, Frutticoltura e Agrumicoltura/ Viticoltura ed Enologia/  Genomica e Bioinformatica. 

L’obiettivo dell’articolo è stato quello di illustrare alla comunità scientifica internazionale il ruolo della ricerca italiana sull’utilizzo delle Tecnologie di Evoluzione Assistita in frutticoltura, con un focus specifico su agrumi, vite, melo, pero, castagno, fragola, pesco, e kiwi. A fronte di quanto già sviluppato dagli altri Paesi, per ogni coltura vengono presentati i geni e i tratti principali su cui stanno lavorando gli scienziati del nostro Paese, nonché i miglioramenti tecnologici e gli avanzamenti sulla rigenerazione delle varietà locali. Infine, un focus è stato rivolto agli aspetti giuridici nel contesto europeo, con particolare riferimento a quello italiano.  

La stesura della rassegna è stata possibile grazie ai risultati ottenuti nell’ambito del finanziamento BIOTECH (Mipaaf oggi MASAF, 2018-2021)- e in particolare ai progetti CITRUS, VITECH, BIOSOSFRU – attraverso cui sono state acquisite le competenze su genome editing e cisgenesi, intervenendo sulla rigenerazione delle varietà locali da migliorare.  

Il CREA ha collaborato anche con altre Istituzioni italiane (Università di Bologna, Catania, Verona, Politecnica delle Marche, CNR di Torino e Fondazione Edmund Mach di S. Michele all’Adige) che, in alcuni casi, con fondi propri (extra BIOTECH), hanno contribuito ad ampliare lo scenario che vede le TEA protagoniste del miglioramento della qualità di fruttiferi, come ad esempio il castagno (Università di Torino). 

A livello internazionale, dal 2012 – quando uscì la prima pubblicazione in campo agrario – ad oggi, le TEA sono state oggetto di articoli scientifici, soprattutto da parte di gruppi americani e cinesi, indirizzate alla difesa delle piante da frutto contro gli stress biotici e abiotici. In agrumi, ad esempio, si è lavorato quasi esclusivamente per disattivare i geni della suscettibilità al batterio che causa il cancro degli agrumi; in vite invece l’attenzione è stata rivolta su diverse patologie quali la botrite e la peronospora. Diversamente, in specie come kiwi e pero, la ricerca è stata indirizzata all’anticipazione della fioritura. 

L’Italia ha sfruttato i limiti delle TEA come sfide vincenti 

Nonostante le loro potenzialità, le TEA risentono di limiti tanto vincolanti da scoraggiarne l’uso. Alcuni sono di carattere generale e valgono con riferimento sia alle specie da frutto che ad altre colture. Il progetto BIOTECH ha rappresentato per l’Italia l’opportunità di andare oltre rispetto a quanto fatto dai colleghi internazionali.  

  1. La disponibilità del gene è il primo requisito essenziale  

La conoscenza dei geni responsabili di caratteri di interesse non sempre è disponibile; in questi casi disporre del genoma (ovvero di tutto il corredo genetico di un organismo) rappresenta un valido punto di partenza ed è, in ogni caso, un elemento essenziale per l’applicazione delle TEA.  

L’Italia ha sfruttato le TEA per migliorare la qualità dei frutti. In agrumi, il CREA-Olivicoltura Frutticoltura Agrumicoltura (CREA – OFA) di Acireale ha concentrato i propri sforzi  per (A) coniugare antocianine e licopene in un unico frutto, sia sfruttando la cisgenesi (inserendo il gene Ruby – responsabile della presenza della colorazione rossa a carico delle antocianine – negli agrumi con licopene, come ad esempio il pompelmo rosa), sia il genome editing (nella fattispecie, il gene della b-ciclasi – che converte il licopene in b-carotene – nelle varietà di arancio con antocianine), e (B) per produrre frutti senza semi (apireni), editando (ovvero disattivando) il gene IKU1 che blocca lo sviluppo del seme. Tentare di soddisfare la richiesta di frutti apireni è stato l’obiettivo del lavoro svolto anche dal CREA-Viticoltura ed Enologia di Turi che, per produrre uva da tavola apirena delle varietà Italia e Victoria, ha editato il gene VvAGL11. Presso la propria sede di Conegliano, lo stesso Centro di ricerca ha editato il gene MLO6/7 per far fronte alla suscettibilità all’oidio e il gene EPFL9 per migliorare la tolleranza allo stress idrico. In kiwi il CREA-Olivicoltura Frutticoltura Agrumicoltura di Roma, insieme al Centro di Genomica e Bioinformatica di Fiorenzuola, ha sfruttato il genome editing per disattivare il gene di suscettibilità AP2/ERF al cancro batterico.  

  1. La rigenerazione di una pianta migliorata è varietà-dipendente 

L’attitudine alla trasformazione e alla rigenerazione è una peculiarità delle singole varietà e poco importa se si parla di specie ortive (pomodori, peperoni, melanzane), erbacee (orzo, frumento, riso, soia), o da frutto. Qualsiasi tessuto o cellula si stia trasformando, questa dovrà essere in grado di generare una intera piantina editata/cisgenica. Tale processo prende il nome di “rigenerazione”. L’utilizzo delle TEA ha senso solo se si è in grado di migliorare “la” varietà di interesse che, pertanto, deve essere docile alla trasformazione e alla rigenerazione. 

I tessuti maggiormente proni alla rigenerazione degli agrumi sono piccole porzioni di fusto di plantule allevate in vitro (internodi) – ma anche foglie e semi, sebbene l’efficienza differisca molto.  

È stato inoltre dimostrato che le singole varietà hanno un proprio tessuto che si adatta meglio alla trasformazione, sebbene l’ideale sarebbe partire dai protoplasti (cellule private della loro parete cellulare che sono in grado di rigenerare una pianta intera).

1. A sinistra: interno di arancio doppio sanguigno con germogli. A destra: cotiledoni arancio Bud blood con germogli

In ogni caso molte varietà di arancio dolce con antocianine e pompelmo con licopene sono state per la prima volta  trasformate e rigenerate grazie al CREA. Nella vite l’unico tessuto da utilizzare, e da cui è possibile isolare i protoplasti, è il callo embriogenico (ovvero, agglomerato di cellule indifferenziate) ottenuto da tessuti del fiore come antere e ovari; ma anche la produzione di callo è strettamente genotipo-dipendente e molte varietà di vite risultano recalcitranti.

2. Foto di Loredana Moffa (CREA VE)

 

Tuttavia sono state trasformate le varietà di Chardonnay, Pinot noir, Sangiovese e il portinnesto 110 Richter. In pesco si segnalano pochissimi casi di successo e, in specie come mandorlo e albicocco, non ci sono evidenze scientifiche che riportano l’applicazione di TEA. 

  1. Non vedere i “frutti” delle TEA può essere un problema, ma è possibile sfruttare queste tecnologie per anticipare la fioritura 

Il limite che accomuna tutte le specie arboree da frutto è la lunga giovanilità, ovvero il tempo che porta alla produzione dei frutti, partendo dall’innesto di una porzione giovane modificata. Questa fase può essere lunga 3-8 anni in pesco, kiwi, castagno, melo, e fino a 10 negli agrumi. È comprensibile che in questi casi – se l’utilizzo delle TEA è indirizzato al miglioramento della qualità dei frutti – sia necessario trovare una immediata soluzione per ridurre tempi così lunghi; diversamente, anche la verifica del tratto modificato potrebbe vanificare l’utilizzo delle TEA.  

3. Foto di Marco Caruso (CREA OFA)

Negli agrumi, così come in pesco, il gene CEN/TFL è stato utilizzato per anticipare la fioritura, tentando di riproporre quanto già dimostrato in precedenza in kiwi, oppure quanto è possibile che si verifichi anche in natura per agrumi (FOTO 3). L’ideale sarebbe disegnare dei costrutti in grado di fare editing sia per produrre precocemente fiori sia per migliorare la qualità dei frutti. 

L’Italia impegnata a sviluppare alberi da frutto marker-free 

Un aspetto che attanaglia la comunità scientifica europea riguarda l’ambito legislativo. Attualmente le piante cisgeniche ed editate vengono sottoposte al rispetto della Direttiva 2001/18/CE, la stessa valida per le piante geneticamente modificate. Il dibattito è attivo e in divenire, ma a tutt’oggi non è consentita la sperimentazione su piante editate in pieno campo, limitazione che non consente di osservarle e analizzarle nel loro ambiente naturale. In attesta di una proposta legislativa comunitaria sulle TEA, anche i ricercatori italiani si sono adoperati per eliminare la presenza di DNA estraneo nella pianta migliorata, utilizzando dei sistemi (come FLP/Frt) che consentono la rimozione del DNA in cui risiedono gli elementi essenziali per operare le modifiche genetiche (come, ad esempio, la proteina Cas e i geni di resistenza all’antibiotico kanamicina, entrambe sequenze estranee alla pianta) a seguito di uno shock termico. 

 In questo modo la pianta editata o cisgenica conterrà esclusivamente la modifica nel gene che controlla il carattere di interesse. In melo, come in arancio, questo approccio è stato sviluppato e ha portato, rispettivamente, alla produzione di piante resistenti alla ticchiolatura e a piante con frutti potenzialmente arricchiti in antocianine e licopene. 

Cosa ci attendiamo dal domani? 

Gli sforzi compiuti dalla ricerca italiana – sia dal punto di vista economico che attraverso il miglioramento della conoscenza – e i risultati sinora ottenuti sono pubblicamente disponibili in tutto il mondo. Ma la legislatura vigente limita lo sfruttamento delle TEA in Europa, causando gravi ripercussioni sulle iniziative nazionali e sui programmi internazionali indirizzati a mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici (es. Farm to Fork, New Green Deal). Intanto, però, altrove nel mondo si continua a beneficiare sia delle opportunità di finanziamento sia dello sfruttamento in campo dei prodotti della ricerca. 

Concetta Licciardello, Primo ricercatore, CREA Centro di ricerca Olivicoltura Frutticoltura Agrumicoltura

Laureata in Scienze Biologiche, con un Dottorato in Biotecnologie vegetali e una Specializzazione in Biochimica Clinica. Lavora al CREA dal 2003 e si occupa di genetica, biologia molecolare e biotecnologie applicate allo studio della variabilità, del miglioramento della qualità dei frutti e della resistenza/tolleranza ai principali stress biotici e abiotici

#lafrase: Con gli occhi bassi, rivolti verso quella terra da cui proveniamo e che tanto ci dona

Angelo Ciacciulli, Ricercatore, CREA Centro di ricerca Olivicoltura, Frutticoltura e Agrumicoltura

Biotecnologo Vegetale, formatosi presso l’Università degli Studi di Milano. 

Applica le TEA agli agrumi per studiare geni e le loro possibili ricadute nel miglioramento varietale.

#lafrase: La scienza è la poesia della realtà (Richard Dawkins)

 

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