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mercoledì, 11 Dicembre 2024

Difesa della Piante: l’ultima frontiera  

Della stessa Rubrica

Le Tecniche di Evoluzione Assistita (TEA) per l’ottenimento di piante resistenti a Patogeni 

Agenti nocivi, cambiamenti climatici e introduzione accidentale di patogeni dannosi per le nostre colture causano un’ingente perdita di produttività.  Per ottenere  piante resistenti a patogeni e fitofagi, non si può, quindi, prescindere dalla conoscenza delle specie dannose, della loro interazione con le piante ospiti e con i fattori di controllo.  In tale direzione, negli ultimi dieci anni, con l’avvento delle Tecniche di Evoluzione Assistita (TEA), che comprendono l’editing del genoma e la cisgenesi, si è aperta una nuova frontiera per il miglioramento genetico delle specie vegetali indirizzate allo sviluppo di piante resistenti. Scopriamo le attività di Difesa e Certificazione, l’Istituto Nazionale di Riferimento per la Difesa delle Piante 

Premessa 

In una recente analisi, condotta a livello mondiale sulle cinque principali specie di piante ad uso alimentare (grano, riso, mais, patata e soia), la perdita di produttività causata dagli agenti nocivi è stata stimata tra il 20 e il 40%.  

Uno scenario che si complica ulteriormente se si considerano le  le sempre più pressanti ricadute sui sistemi agricoli e più in generale sull’ambiente, dei cambiamenti climatici in atto, i cui effetti finali s sono ancora in gran parte da comprendere, non solo per quanto attiene le azioni dirette sulle componenti vegetali, ma anche, in particolare, per l’influenza sulle comunità di organismi epigei (ndr. Parte aerea della pianta) ed ipogei (ndr. parte sotterranea della pianta) nocivi alle piante. Inoltre, ulteriori complicazioni derivano dall’intensificarsi di eventi meteorici estremi e dalla crescita esponenziale di introduzioni accidentali di virus, batteri, funghi, insetti, nematodi e acari alieni, dannosi alle nostre colture e provenienti da altre aree geografiche (inevitabile conseguenza della globalizzazione), in molti casi in grado di svilupparsi in modo epidemico sulle nuove piante,  favoriti  dalla mancanza di fattori biotici di controllo. 

Il raggiungimento degli obiettivi fissati dal regolamento (UE) 2021/2115 del Parlamento europeo e dalla politica agricola comune (PAC) rappresenta una sfida per il comparto agricolo italiano. Tra le varie azioni da intraprendere per ridurre l’impatto ambientale dei sistemi agricoli nazionali, migliorandone la produttività, riveste una notevole importanza lo sviluppo di nuove varietà resistenti agli organismi nocivi, per contribuire ad una drastica riduzione nell’utilizzo di fitofarmaci. Il recente rapporto ISPRA sulla presenza di questi contaminanti nelle acque nazionali, infatti,   ha evidenziato per l’Italia ancora una volta l’importanza e l’urgenza di trovare soluzioni, che garantiscano la produttività degli agro-ecosistemi e nel contempo assicurino la tutela della salute sia degli operatori agricoli che dei cittadini consumatori. 

In tale quadro generale, si ritiene prioritario, quindi, rafforzare le sinergie delle principali istituzioni con specifiche competenze nel settore della Difesa delle Piante, a partire dall’indispensabile contributo di patologi vegetali e zoologi agrari e forestali, per sviluppare nuovi strumenti e strategie idonei a rispondere a tali richieste, in particolare con riferimento alla tutela e valorizzazione del germoplasma delle principali specie di interesse agrario coltivate nel nostro Paese.  

Per ottenere  piante resistenti a patogeni e fitofagi, non si può, infatti, prescindere dalla conoscenza delle specie dannose in tutte le loro varianti, della loro fine interazione con le piante ospiti e con i fattori biotici di controllo, nonché da approfondite indagini epidemiologiche e di dinamica di popolazione

Negli ultimi dieci anni, con l’avvento delle Tecniche di Evoluzione Assistita (TEA), che comprendono l’editing del genoma e la cisgenesi, si è aperta una nuova frontiera per il miglioramento genetico delle specie vegetali. In particolare, l’editing del genoma, basato sulle tecnologie CRISPR-Cas (per esempio  base editing e prime editing) permette, non solo di inattivare un determinato gene (knockout – spegnere, eliminare), ma di introdurvi in maniera mirata specifiche mutazioni. È ormai possibile trasferire nelle specie coltivate, in maniera diretta, mutazioni geniche associate a caratteri di resistenza, evitando l’introduzione, come avviene nel breeding classico, di caratteri indesiderati, accelerando così l’intero processo di sviluppo di varietà d’élite.  

È importante sottolineare che le mutazioni introdotte tramite le tecnologie di genome editing definite SDN-1 e SDN-2 dall’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) e dalla Commissione Europea sono indistinguibili da quelle che si possono generare spontaneamente in natura. Le piante il cui genoma è stato editato tramite le tecniche SDN-1 e SDN-2 (piante GE) sono quindi assimilabili alle piante presenti in natura. Si parla invece di cisgenesi quando il DNA, che porta il carattere desiderato, proviene esclusivamente dallo stesso “pool genico” della pianta ricevente. Allo stesso “pool genico” afferiscono tutte le specie, che possono incrociarsi con la pianta ricevente, mediante le tecniche di miglioramento genetico convenzionale. 

Le TEA sono state già applicate con successo a livello mondiale per lo sviluppo di piante resistenti ad agenti nocivi. Tra le molteplici applicazioni vi è l’ottenimento di varietà di grano resistenti a Powdery mildew, (Oidio o Mal bianco del frumento) causato da Blumeria graminis f. sp. tritici e a Fusarium Head Blight (FHB o fusariosi della spiga) causato principalmente dall’infezione di F. graminearum Schwabe, o di varietà di riso resistenti a Bacterial blight (Ruggine batterica) causato dal batterio gram-negativo Xanthomonas oryzae pv. oryzae

Difesa da Patogeni delle Piante e Insetti Vettori associati: Studi sulla resistenza e TEA 

A livello nazionale, le piante coltivate più rilevanti e caratteristiche del “made in Italy” includono vite, olivo, melo, pero, pesco, diversi agrumi, frumento tenero e duro, riso e pomodoro. Per queste specie è strategico anche intraprendere attività volte alla produzione di piante resistenti per contrastare direttamente le malattie, limitando l’uso di prodotti fitosanitari e la contaminazione da micotossine. Senza dimenticare che, tramite le tecniche TEA, potrebbe essere possibile recuperare degli ecotipi di particolare interesse qualitativo/storico, come, per esempio, il pomodoro San Marzano o il pomodoro di Corbara, la cui coltivazione è andata declinando, a causa dalla presenza di particolari malattie (es. la radice suberosa causata da Pyrenochaeta lycopersici).  

Di seguito, con riferimento alle Tecniche di Evoluzione Assistita, si riportano brevi cenni su malattie delle piante presenti sul territorio nazionale, per le quali sarebbe opportuno l’ottenimento di resistenza, anche in considerazione del fatto in Italia e in Europa è vietato l’uso di antibioticiper le malattie causate da agenti batterici,  

Vite  

A più di 60 anni dalle prime segnalazioni in Francia ed in Italia, la malattia della “Flavescenza dorata della vite” è ancora una delle patologie più gravi ed invalidanti di questa coltura. L’agente eziologico della flavescenza dorata (FD) è un fitoplasma (parassita delle piante n.d.r.), appartenente al gruppo dei giallumi della vite, che si insedia nei tessuti floematici (tessuti conduttori di una pianta) dell’ospite e ne provoca il blocco della linfa elaborata, inducendo uno squilibrio delle attività fisiologiche della pianta stessa. La Flavescenza dorata si trasmette da una vite all’altra, principalmente attraverso un insetto vettore, lo Scaphoideus titanus, cicalina che vive prevalentemente sulla vite e può diffondere rapidamente la malattia, se non adeguatamente controllata. Il successo della lotta sta anche nell’attuazione di una strategia di difesa comprensoriale, promossa ogni anno dai diversi enti territoriali dove esiste il problema Flavescenza dorata. La recrudescenza della malattia, che si sta osservando negli ultimi anni, è dovuta proprio alle difficoltà del controllo del vettore dovuto ad una minore disponibilità di principi attivi efficaci. Sicuramente, quando la diffusione della malattia è ancora agli inizi, una pronta eradicazione delle piante infette e l’uso di trappole cromotropiche (a base cioè di particolare colori) può aiutare, ma, come detto, la mancanza di efficaci trattamenti insetticidi rende molto difficile il controllo. La possibilità di allevare le “storiche” varietà di vite, che hanno reso la nostra viticoltura ed enologia all’avanguardia mondiale, con caratteristiche di tolleranza/resistenza alla malattia potrebbe essere, unitamente allo sviluppo nel più breve tempo possibile di un programma di Lotta Biologica al principale insetto vettore, una soluzione strategica al problema. 

Le principali malattie fungine della vite sono la cosiddetta peronospora della vite, causata da Plasmopara viticola e l’oidio, causato dal fungo Erysiphe necator. Il controllo di queste malattie su varietà tradizionali di Vitis vinifera richiede la regolare applicazione di fungicidi. È stato stimato che nell’Unione Europea la viticoltura assorbe circa il 70% dei fungicidi utilizzati in agricoltura, la maggior parte dei quali per controllare gli agenti dell’oidio e della peronospora. La necessità di ridurre l’apporto di fitofarmaci dovuta ai costi elevati, all’insorgenza di resistenze dei patogeni ai fitofarmaci stessi, e agli impatti negativi sulla salute dell’uomo e sull’ambiente, richiede una valida alternativa che potrebbe essere basata in modo importante anche sulle nuove TEA. La peronospora è oggi una delle più diffuse e pericolose malattie della vite in molte regioni europee ed italiane. I danni sulla vite da vino ad opera della peronospora vengono essenzialmente legati alla defogliazione e alla perdita dell’intera produzione in grappoli. Introdotta in Europa nel 1878 dagli Stati Uniti, rappresenta da allora una continua sfida alla viticoltura per la quale sono stati utilizzati tutti i metodi di lotta possibili, ma che ancora causa danni ingenti alla coltura. Sono state individuate diverse fonti di resistenza genetica, primo fra tutti il locus Rpv3 che causa in foglie di vite una immunità mediata da effettori e necrosi, localizzata in risposta ad un ampio spettro di ceppi di P. viticola. In questo contesto, le TEA si possono avvalere di una ampia conoscenza delle basi genetiche della resistenza e contribuire in maniera determinante alla creazione di varietà resistenti. 

L’agente causale dell’oidio è il fungo Erysiphe necator ascomicete della famiglia Erysiphaceae, anche questo un parassita obbligato. Si tratta di un fungo epifita, nel senso che invade superficialmente tutti gli organi verdi della pianta, infettandone solo le cellule epidermiche, causandone la morte. Lo sviluppo superficiale delle strutture fungine forma una colonia visibile a occhio nudo come muffa polverulenta e biancastra. Questo potenziale distruttivo fa dell’oidio una delle malattie più difficili da controllare. È stato osservato che le proteine MLO diminuiscono la suscettibilità al mal bianco nelle specie modello di Arabidopsis e nelle piante di orzo e di pomodoro. Anche dalla vite sono state isolate sette sequenze VvMLO nel cDNA e sono state poi identificate come facenti parte di una famiglia di geni con 17 VvMLO, all’interno del genoma di V. vinifera. La disponibilità di geni di suscettibilità rappresenta una grande potenzialità per l’applicazione delle TEA, in particolare il genome editing, anche se la recalcitranza della specie alla rigenerazione ne ha frenato finora lo sviluppo. 

Olivo 

Xylella fastidiosa è un batterio patogeno che rappresenta un antico problema nelle Americhe. La prima segnalazione di una malattia causata da X. Fastidiosa risale alla fine del 1800 sulle viti in California, dove la malattia di Pierce ha avuto un impatto significativo sulla vitalità della vite. In Italia dal 2013 ad oggi, il principale patogeno batterico dell’olivo è divenuto proprio Xylella fastidiosa subsp. Pauca (Xfp) associato alla “olive quick decline syndrome” (OQDS) nell’area del Salento. L’inaspettata e impressionante progressione dell’epidemia di Xfp in Salento non solo ha avuto un impatto sulla produzione agricola e sul paesaggio, ma anche sul patrimonio culturale. I sintomi principali includono l’avvizzimento di foglie, ramoscelli e rami, spesso seguito dalla morte della pianta. Dopo la prima segnalazione nell’area di Gallipoli (provincia di Lecce), in accordo con la normativa europea che disciplina parassiti e patogeni da quarantena, la diffusione e la presenza di questo fitopatogeno è stata rilevata e monitorata. Finora, il batterio ha raggiunto la maggior parte degli uliveti della provincia di Lecce e alcune zone delle province di Taranto, Brindisi e Bari. Si stima che circa 6.500.000 piante di olivo siano state colpite dalla malattia. Xfp può sopravvivere anche in specie vegetali diverse dall’olivo anche selvatiche e il principale vettore, una sputacchina, Philaenus spumarius, può diffondere il patogeno a distanze considerevoli, sia mediante diffusione naturale che a seguito di trasporto con automezzi utilizzati accidentalmente dall’insetto. I rischi che Xfp possa diffondersi in altre regioni limitrofe determinando un aggravamento dei già notevoli danni causati all’industria olearia del Mezzogiorno sono elevati e non mancano segnalazioni di focolai. Le misure per contenere l’ulteriore diffusione e il controllo del patogeno, oltre al contenimento delle popolazioni del vettore, la realizzazione di impegnative campagne di monitoraggio in tutte le aree olivicole del Paese, anche con la messa a punto di sempre più avanzati metodi di monitoraggio e l’individuazione e l’utilizzo di cultivar tolleranti in parte già disponibili, si ritiene possano essere affiancate dall’applicazione di strategia TEA per la tutela delle cultivar di olivo tipiche italiane

Melo e Pero 

La ticchiolatura, causata da Venturia inaequalis Cooke (Wint.) e Venturia pirina (Aderh.), è una delle malattie più devastanti delle due specie. Il fungo infetta foglie, frutti, rami, piccioli e steli, ma foglie e frutti sono le parti più colpite della pianta. In casi gravi di infezione, sono state segnalate perdite di produzione superiori al 70%. Le regioni temperate con climi umidi sono altamente suscettibili a questa malattia. Diversi tipi di fungicidi vengono utilizzati fino a 30 volte nell’arco di un anno per controllare la malattia. Ciò solleva preoccupazioni per l’ambiente e la salute umana e aumenta anche i costi di produzione complessivi. Inoltre, l’uso estensivo di fungicidi ha portato all’evoluzione di resistenze multifungicida nelle popolazioni del fungo. Cultivar di mele resistenti alla ticchiolatura sono state introdotte come approccio alternativo al controllo delle malattie, tuttavia, la malattia è riemersa in aree in cui sono state coltivate cultivar resistenti a causa della rottura della resistenza da parte del patogeno. Per questa malattia grazie all’uso delle TEA sono state già ottenute linee resistenti di melo mediante cisgenesi. 

Pesco 

La più grave malattia virale che colpisce le drupacee è la “sharka” il cui agente eziologico è il plum pox virus (PPV). La malattia è presente in Italia e in numerosi areali di produzione a livello mondiale. Il virus è trasmesso in maniera non persistente da varie specie di afidi ed il trattamento con insetticidi non riesce a contenere la malattia. Il virus è diffuso anche con materiale di propagazione vegetativa ed è stata questa la via di diffusione a livello mondiale.  

Mediante il miglioramento genetico classico non è stato possibile ottenere varietà resistenti con buone caratteristiche agronomiche, per cui l’applicazione delle TEA – ed in particolare la mutagenesi mirata mediante genome editing del gene di suscettibilità dell’ospite eIF(iso)4E risulta attualmente la strada più promettente per la lotta alla patologia,unitamente allo sviluppo di metodi sempre più mirati di controllo delle popolazioni di Afidi. 

Agrumi 

Il Mal secco degli agrumi è una fitopatologia causata dal fungo Plenodomus tracheiphilus (ex Deuterophoma tracheiphila), che può attaccare quasi tutte le specie di Citrus e in particolare limone (Citrus limon), cedro (Citrus medica) e bergamotto (Citrus bergamia). Attraverso fusti e radici, il patogeno è noto per infiltrarsi nel sistema di conduzione della pianta, causando la tipica sindrome da tracheomicosi, impedendo il trasporto di acqua e sostanze minerali, indispensabili per la sopravvivenza del vegetale, decretandone un drammatico declino.  

La Sicilia è una delle Regioni europee più colpite e – sui suoi territori – la lotta è obbligatoria, per mezzo di potature ed estirpazioni degli alberi infetti, con successiva bruciatura sul posto. La prevenzione è, ad oggi, una via prioritaria di contrasto allo sviluppo di epidemie di Mal secco degli agrumi, per questo, l’applicazione delle TEA rappreseenta la via più incoraggianteper debellare questamalattia. 

Frumento 

Il frumento (tenero e duro) è particolarmente interessato da tre patologie fungine: la septoriosi, causata da Zymoseptoria tritici, il complesso delle ruggini (Ruggine bruna – Puccinia recondita f. sp. tritici, Ruggine gialla – Puccinia striiformis e Ruggine nera – Puccinia graminis f. sp. tritici), e la fusariosi della spiga (Fusarium Head Blight), alla quale sono associate diverse specie di Fusarium, tra le quali predominano F. graminearum con diversi chemiotipi, F. culmorum, F. avenaceum) e Microdochium nivale, specie che determinano sia un danno diretto, legato a minore produzione di granella, sia uno indiretto, dovuto alla produzione di micotossine, prime tra tutte il deossinivalenolo (DON), oltre che alle enniatine e zeralenone.  

Negli ultimi anni, si è assistito all’aumento di incidenza di altre specie (F. poae e F. langsethiae), la cui importanza è legata alla produzione di altre classi di micotossine (nivalenolo, T2/HT2), altrettanto pericolose per la salute umana e del bestiame. La diffusione e l’incidenza delle diverse specie è legata a fattori climatici (pioggia e temperatura in primis), ma anche agronomici e genetici, che modulano la gravità delle epidemie in campo. In linea generale, primavere calde e piovose favoriscono la septoriosi, mentre per la ruggine bruna, la più diffusa delle tre è favorita da periodi freschi in alternanza periodi più caldi e asciutti. La fusariosi della spiga è invece favorita da periodi umidi e piovosi durante la fioritura, soprattutto per il frumento duro per il quale non sono disponibili varietà resistenti o tolleranti. La possibilità di ottenere varietà di frumento duro resistenti al complesso della fusariosi della spiga è di estremo interesse, in quanto consentirebbe la coltivazione in areali a rischio di infezione, senza il riscorso a trattamenti antiparassitari costosi e nocivi per l’ambiente. Per questo motivo, l’utilizzo delle TEA pare, anche in tal caso,  lo strumento  più efficaceper il contrasto a queste patologiee/o allo sviluppo di linee a ridotto tenore di micotossine. 

Riso 

Il brusone del riso, causato da Pyricularia oryzae, è la principale malattia fungina del riso in tutte le aree dove esso viene coltivato. Le perdite produttive sono molto elevate, soprattutto nelle varietà appartenenti alla tipologia “lungo A” che annovera la maggior parte di quelle utilizzate per i risotti (Carnaroli, Arborio, Baldo, ecc.) e che costituiscono autentiche eccellenze del panorama risicolo nazionale. Molto suscettibili a questo patogeno sono anche il Vialone Nano ed altre varietà di più recente introduzione. La sua presenza è stata segnalata in 85 Paesi ed è causa di perdite produttive che possono arrivare sino al 50%. La malattia è stata favorita in Italia negli ultimi anni da alte temperature unite a periodi con elevata umidità alternati a periodi di siccità nel periodo estivo. L’applicazione delle TEA ha già permesso l’ottenimento di una varietà di riso con aumentata resistenza al brusone

Accanto al brusone, sta assumendo una rilevanza notevole la diffusione del bakanae, causata da Fusarium fujikuroi, patogeno trasmissibile attraverso il seme, anche a causa della mancanza di varietà resistenti e dal sempre minor numero di principi attivi autorizzati per la concia chimica. La conoscenza della struttura genetica di popolazioni italiane e straniere del fungo, consolidata presso il CREA-Difesa e Certificazione di Roma, fornisce un valido supporto ai programmi di miglioramento genetico per la resistenza alla malattia.  

Pomodoro 

Tra le malattie virali, il tomato brown rugose fruit virus (ToBRFV) costituisce sicuramente, al momento, la maggiore minaccia. Si tratta di un virus in rapida diffusione in tutto il mondo, con forte impatto sulla produzione e distribuzione del pomodoro, in particolare da mensa. Il ToBRFV appartiene al genere Tobamovirus ed è strettamente correlato al tobacco mosaic virus (TMV) e al tomato mosaic virus (ToMV) ed è in grado di superare le resistenze ai Tobamovirus già presenti nella stragrande maggioranza di varietà di pomodoro (geni Tm2², Tm1). Ciò significa che tutte le varietà di pomodoro che risalgono a prima del 2022 sono suscettibili al ToBRFV. Il ToBRFV è trasmesso meccanicamente, ciò significa che qualsiasi contatto con il virus può diffondere la malattia. Attività quali il trapianto, la potatura, la legatura, la coltivazione, i trattamenti spray e la raccolta sono mezzi di trasmissione del virus. Anche materiali come vestiti, scarpe, attrezzature e strumenti possono trasportare e diffondere il virus; la trasmissione può anche avvenire tramite insetti, come i bombi. Inoltre, proprio come gli altri Tobamovirus, il ToBRFV è molto duraturo e contagioso. Può sopravvivere a lungo in acqua, sulle superfici e in assenza di materiale vegetale, senza perdere la sua virulenza. Tutte queste caratteristiche rendono la lotta al virus ed alla malattia molto difficoltosa. Di conseguenza l’unica efficace possibilità di controllo è quella di individuare nuove varietà che presentino caratteristiche di resistenza/tolleranza al ToBRFV

Un’altra fitopatia molto importante del pomodoro è il “tomato yellow leaf curl disease” (TYLCVD) causata da virus con genoma a DNA appartenenti al genere Begomovirus, trasmessi da pianta a pianta dal vettore Bemisia tabaci, Aleiurodide o “mosca bianca”, insetto altamente polifago in grado di infestare oltre 500 specie vegetali. I metodi di controllo per prevenire la trasmissione del virus da parte della B. tabaci si basano sia sull’uso ripetuto di trattamenti con insetticidi che sull’utilizzo di reti a maglia fine. I tentativi di contenere l’infezione, controllando la diffusione dell’insetto vettore mediante insetticidi, sono economicamente svantaggiosi e rappresentano un reale pericolo per l’ambiente, la salute dei coltivatori e dei consumatori. Inoltre, l’utilizzo intensivo di fitofarmaci ha già determinato la selezione di popolazioni di B. tabaci resistenti.  

Negli ultimi 25 anni, i programmi di miglioramento genetico si sono concentrati sul trasferimento di geni di resistenza/tolleranza al TYLCV dalle specie selvatiche alla specie coltivata. A partire dal 2016 in Sicilia, nelle zone vocate per la produzione di pomodoro da serra, e successivamente nel bacino del Mediterraneo, si sono registrate importanti infezioni dovute alla comparsa di isolati ricombinanti tra due begomovirus, il tomato yellow leaf curl Sardinia virus (TYLCSV) e il tomato yellow leaf curl virus (TYLCV). Gli isolati virali ricombinati sono in grado di superare le tolleranze/resistenze introdotte. È quindi importante identificare ed introdurre geni di resistenza a questa nuova classe di patogeni. L’utilizzo di TEA potrebbe essere un utile strumento per agire sui geni di suscettibilità della pianta invece che su quelli di -resistenza che sono più facilmente superabili da parte degli organismi nocivi. 

Per quanto concerne i funghi, le malattie più comuni (tracheomicosi causata da Fusarium oxysporum f. sp. lycopersici e la tracheoverticilliosi causata da Verticillium dahliae) sono state oggetto di numerosi studi in tutto il mondo, portando alla creazione di linee di pomodoro dotate di resistenze efficaci anche nei confronti di diverse razze conosciute. Viceversa, altre patologie meno note – in quanto la loro diffusione ed incidenza è stata tenuta sotto controllo da trattamenti chimici al terreno, con l’inesorabile diminuzione del numero dei principi attivi e del numero di trattamenti consentiti – stanno tornando alla ribalta. Tra queste, la suberosi radicale causata da Pyrenochaeta lycopersici che attacca le radici del pomodoro sia in serra che in pieno campo e che ne riduce le capacità produttive. Il CREA-DC svolge da anni ricerche volte alla caratterizzazione del patogeno, allo studio dell’epidemiologia e del rapporto che instaura con l’ospite, ricerche particolarmente importanti nel ricorso alle TEA per il controllo di questa malattia. 

 Altra malattia importante per questa coltura è la Peronospora, causata dall’oomicete (ndr. fungo acquatico) Phytophthora infestans,  una malattia distruttiva, soprattutto per il pomodoro in serra, in quanto può attaccare diversi organi della pianta (foglie, fusti e frutti). Come tutti gli oomiceti, la diffusione della malattia è molto rapida ed è agevolata da condizioni di umidità e vento, che favoriscono la dispersione dei propaguli infettivi. ll patogeno, inoltre, è in grado di produrre strutture di conservazione durevoli, che gli consentono si sopravvivere da un’annata all’altra sui residui colturali infetti del pomodoro o di altre solanacee spontanee. Diversi studi hanno mostrato il coinvolgimento di alcuni lncRNAs (long coding RNAs) e miRNA (micro RNAs) nella risposta del pomodoro ad infezione di P. infestans; l’editing di questi lncRNA/miRNA con la tecnologia TEA basata su CRISPR/Cas9 sembra essere una strategia promettente per la generazione di piante di pomodoro resistenti a P. infestans. 

Warning!| Patogeni delle piante non ancora presenti nel territorio nazionale, ma ad elevato rischio di introduzione nel breve periodo (per i quali sarebbe importante avviare a scopo preventivo studi approfonditi al fine di realizzare per tempo piante resistenti). 

Agrumi 

Guignardia citricarpa Kiely (Phyllosticta citricarpa) è l’agente causale del punto nero o macchia nera (citrus black spot), la malattia fungina più importante degli agrumi. È una malattia endemica in alcuni stati: Sud America, Asia, Sud Africa e Australia e, recentemente, è stata segnalata in Tunisia. Di conseguenza i frutti provenienti da zone infette rappresentano un rischio per l’introduzione di questo patogeno nei nostri territori

Xanthomonas citri pv. citri (Xcc). Questo patogeno, agente eziologico del cancro batterico degli agrumi, non è presente sul territorio europeo. La malattia, estremamente distruttiva e contagiosa, colpisce gli agrumi. I sintomi di infezione grave includono perdita di foglie, caduta prematura dei frutti, deperimento, grave imperfezione o scolorimento dei frutti e diminuzione della qualità dei frutti. Le misure di controllo disponibili contro questo patogeno si basano sull’uso di prodotti chimici a base di rame, unitamente all’eliminazione delle piante infette. Nei paesi in cui il patogeno è presente varie ricerche sono in corso per definire metodi di controllo della malattia, inclusa l’applicazione di agenti di biocontrollo. Il ricorso alle TEA per le varietà italiane di agrumi potrebbe essere una strategia percorribile per fronteggiare questo patogeno, nell’eventualità di una introduzione accidentale. 

Le specie di ‘Candidatus Liberibacter’ agenti causali del citrus greening (anche noto come huanglongbing, HLB). Questa malattia è considerata a livello mondiale una delle più impattanti per l’agrumicoltura.  Segnalata per la prima volta in Cina nel XIX secolo è ora riportata in più di 50 paesi tra Asia, Africa, Oceania e Americhe; non è presente in Europa anche se un suo insetto vettore è stato segnalato nella penisola iberica. Praticamente tutte le specie e le cultivar di agrumi commerciali sono suscettibili, indipendentemente dai portainnesti. Purtroppo, al momento, anche con le biotecnologie si stanno avendo difficoltà nell’ottenimento di resistenza; per questo, ai fini della individuazione di una efficace strategia di controllo, si confida in particolare su ricerche avanzate, mirate a interferire sui meccanismi e sulle sostanze implicate nell’interazione ospite-patogeno. 

Grano duro e tenero 

Nel grano duro e tenero il principale patogeno batterico è lo Xanthomonas translucens, che causa la striatura batterica delle foglie (BLS) attualmente assente in Europa. La malattia BLS del grano è stata riscontrata in quasi tutte le aree di coltivazione a livello mondiale e può causare fino al 40% di perdite del raccolto. Negli areali in cui il patogeno è presente, la maggior parte delle cultivar di grano sia tenero che duro risulta suscettibile e non sono disponibili metodi chimici per il controllo della BLS in campo.  

Alcune tecniche di gestione integrata dei parassiti (IPM) possono essere utilizzate per aiutare a prevenire l’infezione, sebbene nessuna prevenga completamente la malattia. Ad oggi, l’unico metodo per prevenire questo patogeno è l’utilizzo di semente sana. È da segnalare l’attuale limitata conoscenza dei meccanismi di interazioni ospite-patogeno: per questo  approfondire tali conoscenze  è di cruciale importanza nella individuazione di nuove strategie di difesa al BLS. 

Riso 

Nel riso i principali patogeni batterici da segnalare sono Xanthomonas oryzae pv. oryzae e Xanthomonas oryzae pv. oryzicola che causano rispettivamente la malattia batterica delle foglie del riso (BLB) e la batteriosi traslucida delle foglie del riso. Questi patogeni non sono presenti in Europa. BLB è presente in Asia, in America Latina, Australia e nei paesi caraibici. Nel mondo è stato riportato che le perdite di resa dovute a BLB variano dal 2% al 74%, a seconda delle caratteristiche pedoclimatiche della zona di coltivazione del riso, dello stadio di crescita della pianta e della cultivar coltivata. I metodi per controllare la BLB hanno un’efficacia limitata. Il controllo chimico è stato in gran parte inefficace per ridurre i danni causati dalla malattia. I metodi di controllo biologico, basati sull’uso di antagonisti batterici possono ridurre i danni della BLB, ma non sono risolutivi. L’applicazione delle TEA per l’ottenimento di varietà italiane di riso resistenti, si ritiene possa essere una strategia perseguibile per essere pronti  a salvaguardare le varietà di riso italiane, nell’eventualità che questi patogeni entrino in Europa. 

Pomodoro 

Il patogeno batterico più importante per la coltura del pomodoro è Ralstonia solanacearum (Rs) non presente attualmente in Italia. Ad oggi, il metodo principale per contrastare la diffusione di questo patogeno è l’utilizzo di semente sana. Rs è uno dei più importanti agenti causali delle malattie da avvizzimento batterico nelle solanacee. I danni causati da Rs nel pomodoro possono equivalere a una perdita di resa del 35%–90%, in condizioni di alte temperature e alta umidità, nelle regioni tropicali, subtropicali e temperate del mondo. La gestione della malattia utilizzando i prodotti agrochimici disponibili è difficile e finora nessuna singola strategia di controllo ha mostrato un’efficienza del 100%. Di conseguenza, nei paesi in cui Rs è presente, la gestione della malattia avviene con un approccio integrato. Unitamente al mantenimento del massimo livello di attenzione con riguardo all’utilizzo di sementi sane certificate, anche per questa avversità rivestono un’importanza primaria gli studi sull’applicazione delle TEA al fine di tutelare le varietà di pomodoro italiano. 

Il CREA-Difesa e Certificazione e l’ottenimento di resistenza a patogeni mediante biotecnologie 

Nel 1993 la sede di Roma del CREA DC (allora Istituto Sperimentale per la Patologia Vegetale) è stata la prima Istituzione pubblica italiana ad effettuare, a scopo sperimentale, prove controllate in campo con piante ottenute con biotecnologie avanzate, mediante presentazione di notifica al ministero della Salute, secondo la Direttiva del Consiglio CEE 90/220. Le ricerche avanzate interessarono varietà di pomodoro resistenti al virus del mosaico del cetriolo (CMV), patogeno che in quegli anni aveva colpito gravemente il pomodoro coltivato in pieno campo. Di fondamentale importanza per l’ottenimento di resistenza ad ampio spettro fu lo studio epidemiologico preliminare, dal quale emerse che gli isolati virali responsabili della malattia sul territorio nazionale appartenevano a due ceppi distinti del CMV. La strategia, basata sull’espressione in pianta del gene per la proteina del capside virale, fu, pertanto, adattata per rispondere adeguatamente alla situazione epidemiologica italiana. 

Dal 2000 il CREA-DC  .coinvolto, in qualità di responsabile in progetti finanziati dal MASAF e dal CREA, nell’ottenimento di resistenza  – mediata dall’attivazione del meccanismo di RNA interference (RNAi)- al plum pox virus (PPV), agente eziologico della “sharka” che, come anticipato, è la più devastante malattia virale che colpisce le drupacee. Sulla base di evidenze epidemiologiche e molecolari furono disegnati quattro vettori di silenziamento del genoma di PPV valutati inizialmente in pianta modello. Le piante generate risultarono immuni/altamente resistenti non solo ai ceppi di PPV più importanti da un punto di vista economico e provenienti da diverse regioni geografiche, ma anche a quelli più lontani da un punto di vista filogenetico. Inoltre, il carattere di resistenza introdotto si dimostrò stabile anche in condizioni di stress note per inibire il meccanismo dell’RNAi. Il migliore tra i vettori molecolari prodotti fu successivamente inserito in susino. Le piante ottenute sono risultate resistenti a PPV sia in vitro sia in serra. Inoltre, in un recente lavoro è stato dimostrato che, utilizzando come porta-innesto il susino resistente al PPV, è possibile trasmettere il carattere di resistenza all’albicocco wild-type utilizzato come innesto. 

Le tecnologie applicate in passato in tale ambito prevedevano l’inserimento e l’espressione in pianta di porzioni di DNA esogeno, non derivante dal “pool genico” della pianta stessa, mentre oggi, con l’avvento delle TEA, è possibile intervenire in maniera meno invasiva nel genoma di interesse. Al riguardo, data l’importanza della “sharka” delle drupacee, BIOTECH ( il più importante progetto pubblico sul miglioramento genetico in agricoltura degli ultimi anni coordinato dal CREA) ha previsto tra i suoi obiettivi di ricerca l’ottenimento della resistenza a PPV in pesco mediante genome editing e il CREA DC ha partecipato per la verifica della resistenza. Sempre nell’ambito di BIOTECH sono state avviate ricerche sulla risposta a patogeni fungini di linee di pomodoro resistenti ad Orobanche, ottenute da CREA-Orticoltura e Florovivaismo, e sull’applicazione delle TEA per modificare uno o più geni di suscettibilità di pomodoro al fungo P. lycopersici per limitarne la capacità di indurre la malattia.  

Il Centro CREA DC è altresì impegnato ad analizzare linee di melo cisgeniche, ottenute dall’Università di Bologna e dalla Fondazione Edmund Mach, per l’interazione con Venturia inaequalis e a delucidare, in collaborazione con il CREA-Genomica e Bioinformatica di Montanaso, l’interazione tra Fusarium oxysporum f. sp. melongenae (FOMG) e melanzana per agevolare la ricerca di geni di resistenza. A tal fine al CREA DC sono stati identificati, mediante sequenziamento del genoma fungino ed associata analisi dell’espressione genica durante l’interazione, otto geni candidati  – portatori di virulenza/patogenicità. È stato quindi messo a punto un sistema CRISPR/Cas9 per il knockout dei geni candidati per dimostrarne il coinvolgimento nella malattia. Infine, il Centro collabora con l’ENEA per l’ottenimento di piante di patata editate per la resistenza ad uno dei più importanti virus che colpiscono questa coltura, il Potato virus Y (PVY). 

Impatti ambientali & Biotecnologie: gli studi del CREA Difesa e Certificazione 

Il CREA-DC è stato pioniere in Italia in tale settore, anche svolgendo prove di biosicurezza sia in relazione alla presenza del gene esogeno nei pomodori trasformati industrialmente, sia con riferimento all’eventuale dispersione di polline alle piante di controllo. In questo ambito, ha svolto indagini anche relativamente all’impatto ecologico su ecosistemi forestali adiacenti ai campi sperimentali, con una impegnativa attività sviluppata nel quadro del Life Forest- Forest Focus, quale responsabile del progetto “Gmo&Biodiv”. 

hanno contribuito: Maria Aragona, Francesco Faggioli, Anita Rose Haegi, Alessandro Infantino e Valeria Scala 

Vincenza Ilardi, Dirigente di Ricerca CREA-Difesa e Certificazione  

Produzione e valutazione di piante resistenti a virus ottenute mediante biotecnologie – Messa a punto e validazione di metodi per la diagnosi di patogeni.

Pio Federico Roversi

Entomologo, ricercatore in difesa fitosanitaria delle piante

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