Le grandi ondate di calore e la crisi idrica senza precedenti, che hanno investito il nostro Paese quest’estate, hanno causato danni incalcolabili per la nostra agricoltura, messa a dura prova proprio perché la maggior parte dell’acqua utilizzata è destinata all’irrigazione. E di fronte ad un fenomeno che da congiunturale diventa sempre più strutturale occorre un ripensamento complessivo della gestione della risorsa idrica, giacché si deve pensare ad irrigare anche laddove prima non era necessario. Quanto il cambiamento climatico sta effettivamente impattando sulla nostra agricoltura e sulle nostre produzioni? Possiamo ancora permetterci varietà o colture a elevato fabbisogno di acqua? Ne parliamo con Giancarlo Roccuzzo, ricercatore del CREA Olivicoltura, Frutticoltura e Agrumicoltura, affrontando la questione dal punto di vista della agrumicoltura e degli agrumeti.
1. Come il cambiamento climatico ha modificato il fabbisogno idrico degli agrumeti?
Gli agrumi sono una delle principali colture dell’areale mediterraneo e la loro sostenibilità economica è strettamente legata all’apporto di significative quantità di acqua irrigua. Il fabbisogno idrico degli agrumeti e la sostenibilità di sistemi colturali nelle regioni semi-aride del Mediterraneo, caratterizzate da condizioni climatiche con precipitazioni concentrate nel periodo autunno-invernale, si basa sul bilancio idrico nel sistema suolo-pianta-atmosfera (SPA). Il cambiamento in atto e la sua scarsa prevedibilità ha avuto come primo effetto l’allungamento delle stagioni irrigue, rendendo spesso indispensabile la costruzione di piccoli invasi per la raccolta e lo stoccaggio dell’acqua. Altro effetto è il lento, ma costante, peggioramento della qualità delle acque irrigue (salinizzazione), causato dal loro emungimento (ndr. Estrazione di acqua dal suolo) sempre più in profondità e dalla infiltrazione di acque saline nelle falde, soprattutto nelle zone costiere.
2. È possibile ipotizzare uno scenario futuro per gli agrumeti in Italia? Con quali possibili conseguenze per il consumatore, per chi produce e per l’ambiente?
L’agrumicoltura italiana, anche a causa dell’emergenza fitosanitaria legata al CTV (virus della Tristeza degli agrumi), si è profondamente rinnovata nell’ultimo decennio, sia in termini di scelta varietale, sia nelle tecniche colturali. A titolo di esempio, sono molto diffuse le produzioni biologiche (circa il 30% del totale) e viene sempre più valorizzata la valenza salutistica delle produzioni nazionali.
La tendenza storica del mercato globale e del bacino del Mediterraneo vede la costante diminuzione del peso relativo dell’agrumicoltura italiana, in favore di Spagna, Turchia e dei Paesi del nord Africa (Egitto, Marocco). In tale contesto, le criticità del settore non risiedono esclusivamente nell’emergenza idrica, che potrebbe essere mitigata da una razionalizzazione della gestione consorziata a livello territoriale delle sempre più limitate risorse idriche, grazie ad una cooperazione tra gli attori della filiera. Non sono solo considerazioni tecniche relative alla produzione il principale fattore limitante, quanto piuttosto una maggiore e doverosa organizzazione della produzione e la concentrazione dell’offerta di prodotti. Sarebbe auspicabile per l’intera filiera italiana che i soggetti coinvolti, dai produttori ai trasformatori ai rivenditori commerciali, si unissero in consorzi per rafforzare la dimensione economica dell’intera filiera, superando le difficoltà sopra enunciate nel rispetto delle esigenze e delle richieste dei consumatori finali.
3. Come la ricerca può aiutare il settore agrumicolo all’adattamento ai nuovi scenari?
Le soluzioni rispetto a questa emergenza si basano sulla conoscenza approfondita dello stato idrico delle piante e sulla corretta programmazione dei volumi irrigui da erogare.
Le strategie di irrigazione deficitaria (DI, stress idrico controllato) possono offrire reali opportunità per il risparmio idrico, senza compromettere le produzioni. Molte ricerche dimostrano come l’applicazione della DI negli agrumeti influenzi in modo significativo le dimensioni dei frutti, l’aspetto della buccia e l’indice di maturità, determinando, inoltre, l’aumento dei solidi solubili totali (zuccheri) e dell’acidità durante lo sviluppo del frutto.
Attraverso strumenti di previsione, è possibile stimare cosa stia accadendo in campo senza una misurazione diretta (previsioni meteo, stima dei fabbisogni irrigui o di fertilizzanti, modelli fenologici e di sviluppo delle fitopatie). Mediante i Decision Support System (DSS), è possibile somministrare l’acqua nello strato di suolo interessato dalle radici e, di conseguenza, ottimizzare la programmazione degli interventi irrigui individuando con precisione l’inizio e la fine dell’adacquamento. Queste strategie permettono di risparmiare una notevole quantità di acqua (sino al 50%) e della relativa energia necessaria per il sollevamento idraulico.
Mediante l’utilizzo integrato delle mappe di vegetazione telerilevate e dei risultati dei controlli al suolo è possibile produrre mappe di prescrizione degli input (fondamentalmente fertilizzanti e acqua irrigua) e utilizzare tecniche di agricoltura di precisione a rateo variabile, adattate ai reali fabbisogni delle singole posizioni dell’appezzamento. Allo stesso modo, l’utilizzo dei fertilizzanti è oggetto di grande attenzione, poiché le cattive pratiche di gestione presentano diverse ricadute a livello ambientale, in termini di inquinamento atmosferico e delle acque superficiali e profonde.
L’obiettivo auspicato è la razionalizzazione dell’uso degli apporti idrici e nutrizionali, al fine di mantenere stabili le rese, o aumentarle in termini quantitativi e qualitativi, con minori costi sia economici che ambientali per l’imprenditore agricolo e per la collettività.
Giornalista pubblicista dalla comprovata professionalità sia come addetto stampa, con particolare riguardo ai social media (relations, strategy, event e content) e al web, sia come redattrice di articoli presso diverse redazioni di testate giornalistiche nazionali. Fotografa e scrittrice per passione.
#lafrase Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi (Marcel Proust)