Gli alberi delle nostre città ci offrono molti e significativi benefici, forniscono servizi ecosistemici e migliorano la qualità della vita. Vanno gestiti, però, con tecniche sostenibili che valorizzino biomassa legnosa residuale prodotta. Ma come? Negli ultimi anni si stanno diffondendo in Italia tecniche di gestione e cura degli alberi nei siti urbani basate sul tree-climbing, che si affianca al tradizionale metodo che prevede l’impiego di una piattaforma di lavoro elevabile. Scopriamo il programma di ricerca AGROENER-Energia dall’agricoltura: innovazioni sostenibili per la bioeconomia, che, attraverso l’analisi di cantieri di lavoro e con l’obiettivo di giungere alla caratterizzazione e modellizzazione dei fattori implicati in queste operazioni, prova a fornire agli operatori del settore elementi utili alle scelte tecniche da effettuare, in un’ottica di sostenibilità economica, ambientale e sociale.
Introduzione
La gestione sostenibile delle città è il punto chiave della transizione ecologica globale e del contrasto al cambiamento climatico. Basti pensare che esse consumano circa il 75% dell’energia globale ed emettono tra il 50 e il 60% dei gas serra totali del mondo. Oggi più della metà della popolazione mondiale (56,2%) vive nelle aree urbane (in Italia, il 69,5%), e le città producono in media oltre il 75% del prodotto interno lordo (PIL).
L’obiettivo, dunque, è rendere sostenibili le città, migliorando insieme la vita dei loro abitanti. Per farlo, occorre intervenire anche sulla natura urbana e, in particolare, su gruppi chiave di organismi: gli alberi, in grado di erogare molti e significativi benefici e servizi ecosistemici. Per esempio, riducono l’effetto isola di calore urbano, aumentano la biodiversità, migliorano il microclima, riducono il particolato atmosferico, assorbono e immagazzinano CO2 atmosferica e altri inquinanti gassosi, riducono il deflusso delle acque piovane, abbassando così la probabilità di inondazioni, possono contribuire alla riabilitazione di pazienti psichiatrici. La vegetazione urbana contribuisce anche a ridurre l’inquinamento acustico con un effetto barriera.
Alcuni recenti programmi di investimento hanno previsto la messa a dimora di un grande numero di nuovi alberi in città. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), prevede 6,6 milioni di alberi nelle 14 città metropolitane. Ma per potenziare il verde in città occorre prima di tutto curare, mantenere e valorizzare il patrimonio urbano esistente.
Tra le operazioni di gestione, le più frequenti sono la potatura e l’abbattimento. L’esecuzione sostenibile di queste operazioni e lo studio di come valorizzare la potenziale biomassa legnosa residuale prodotta, sono l’oggetto di una specifica Task all’interno del programma di ricerca AGROENER-Energia dall’agricoltura: innovazioni sostenibili per la bioeconomia, finanziato dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali.
Potatura ed abbattimento degli alberi in città
In teoria, la potatura degli alberi ornamentali non sarebbe necessaria, salvo rari casi, come ad esempio nella fase di allevamento. Ma per varie ragioni oggi viene praticata frequentemente: per ridurre problemi strutturali, per rimuovere rami secchi o pericolosi, per la gestione di parassiti e malattie e specialmente per la riduzione di problemi alle infrastrutture (edifici, cavi elettrici, segnaletica stradale, lampioni, ecc.). È chiaro quindi che spesso gli alberi si potano per errori fatti durante la messa a dimora. Una potatura ideale andrebbe fatta riducendo al minimo la quantità di chioma asportata, per salvaguardare l’apparato fotosintetico della pianta e ridurre i costi operativi, senza tagli internodali. La potatura, inoltre, viene effettuata su alberi che vengono allevati in forme obbligate (ars topiaria e pollarding).
Gli abbattimenti di alberi sono aumentati negli ultimi anni, per diversi motivi. In ambiente urbano, infatti, sono frequenti stress biotici ed abiotici, accentuati dal cambiamento climatico (con il verificarsi di eventi meteorologici estremi quali violenti temporali ed estati secche e calde), dalla comparsa di nuovi parassiti e agenti patogeni e dalla cattiva gestione, soprattutto per la manutenzione stradale e dei servizi sotterranei. Inoltre, l’abbattimento è necessario quando l’eradicazione è la misura richiesta nell’applicazione della lotta obbligatoria ad alcune malattie.
Metodi a confronto
Allo scopo di raggiungere la chioma, la potatura e l’abbattimento possono essere eseguiti con due metodi: utilizzando una piattaforma di lavoro elevabile (PLE) oppure con delle funi, il cosiddetto tree-climbing, un insieme di tecniche specifiche originate dell’alpinismo e della speleologia.
La scelta del metodo impiegato dipende in gran parte dalla posizione dell’albero. Nell’ambiente urbano, il tree-climbing è spesso l’unico metodo per lavorare sugli alberi, anche perché esistono molti siti in cui le macchine non possono accedere oppure possono danneggiare vari elementi presenti sul terreno (prati, aree archeologiche, marciapiedi, ecc.) oppure il pavimento non è portante e non sorregge il peso della PLE.
Nell’ambito del progetto AGROENER, sono stati studiati finora 33 cantieri di lavoro nel verde urbano, tramite l’analisi dei tempi di lavoro, dei costi economici ed energetici associati e dei mezzi e materiali impiegati.
Dai risultati dello studio si è notato in primo luogo come i tempi di lavoro siano estremamente variabili in funzione dei molti (e talvolta imprevisti) fattori nella determinazione del tempo di lavoro, dalla distanza dall’albero al punto in cui il legname residuo può essere accatastato alla presenza di servizi in prossimità dell’albero (es. semafori, lampioni, recinzioni, ecc.). In alcuni casi i tempi morti sono dovuti alla presenza di auto che vanno rimosse per motivi di sicurezza o sono dovuti all’interferenza con persone estranee al lavoro. Ci sono poi condizioni come la presenza di cavi, le dimensioni, le infrastrutture (strade, edifici, linee tranviarie) nonché la staticità dell’albero stesso. Ma il tempo di lavoro può essere influenzato anche dall’abilità e dalla condizione fisica degli operatori.
Nel confronto tra cantieri con PLE e risalita in tree-climbing, questi ultimi scontano un maggiore tempo di lavoro nella fase di accatastamento della biomassa residuale. Ciò deriva dal fatto che spesso, per la loro localizzazione, i siti sono lontani dal punto di carico, perché non è possibile accedere alle vicinanze dell’albero con mezzi meccanici. Allo stesso tempo, il tree-climbing ha minori tempi morti evitabili, perché l’operatore può penetrare direttamente all’interno della chioma per effettuare certi tagli.
Un altro aspetto riguarda le attrezzature di taglio. Negli ultimi anni, infatti, si sta assistendo a un notevole incremento dell’impiego di motoseghe elettriche a batteria. Queste attrezzature risultano particolarmente apprezzate per l’impiego in città, in quanto più silenziose e più facili da azionare (caratteristica particolarmente apprezzata per il lavoro in tree-climbing).
I due metodi richiedevano tempi di lavoro simili, così come le due operazioni studiate (potatura e abbattimento). Dunque, la scelta del metodo può basarsi su fattori non direttamente correlati al tempo necessario per effettuare il lavoro. L’impiego della PLE appare la scelta migliore quando gli alberi non sono facilmente accessibili dai tree-climber (ad esempio, alberi con problemi di stabilità) e quando le piante sono allineate in filari. Anche il costo dei due metodi differisce, ma questo aspetto è difficilmente determinabile a causa dell’elevata variabilità del costo totale di ciascun cantiere.
Da un punto di vista economico, il tree-climbing è meno costoso perché prevede un basso livello di meccanizzazione, anche se la differenza non è statisticamente significativa. Tuttavia, il tree-climbing, che è un lavoro essenzialmente manuale, è più sostenibile dal punto di vista ambientale perché la CO2 emessa e il consumo di energia sono nettamente inferiori rispetto ai cantieri che utilizzano una PLE (Figura 3).
Il caso di Roma
La maggior parte dei cantieri studiati si trovava a Roma, una delle più verdi capitali europee, con 4.728 ha di aree verdi e un totale di 312.583 alberi presenti nelle strade pubbliche e nei parchi (questi dati però non includono gli alberi situati in giardini, parchi e aree private). Dieci generi botanici prevalenti (Pinus, Quercus, Robinia, Platanus, Ligustrum, Tilia, Ulmus, Prunus, Acer, Cupressus) rappresentano insieme oltre il 73% del totale.
A partire dai dati disponibili, si può tentare una stima approssimativa delle potenzialità della biomassa ottenibile, che rappresenta una fonte di energia sostenibile a causa del ciclo neutro della CO2 nella catena.
Nei cantieri osservati, la biomassa residuale variava da 0,9 a 1,3 tonnellate per albero in caso di potatura e da 3,1 a 5,4 tonnellate per albero in caso di abbattimento.
Secondo i dati del Comune di Roma, la mortalità media annua degli alberi dal 2012 è stata pari allo 0,43% e circa l’1,54% delle piante sono state potate ogni anno (che corrisponde a un inadeguato tempo di ritorno della potatura di circa 65 anni). Se si assume che solo la metà degli alberi totali siano potati regolarmente (quelli presenti lungo le strade), con un ciclo di potatura di 10 anni e un più realistico 2% annuo di mortalità degli alberi, si ottiene che gli alberi urbani di Roma potrebbero fornire 27.250 tonnellate di biomassa fresca all’anno dall’abbattimento e 17.061 tonnellate dalla potatura. Con un’umidità del legno di circa il 45-50%, tale quantità potrebbe alimentare una centrale a biomasse che produce 80.000-90.000 MWh (termici) e 23.000-26.000 MWh (elettrici).
Conclusioni
Abbattere o potare gli alberi che crescono nelle nostre città non è un’operazione semplice. Nell’ambiente urbano, molti fattori influenzano le scelte tecniche degli operatori. Le decisioni sono condizionate da tipo di intervento, specie botanica, accessibilità del sito, tipo di proprietà, stabilità della pianta, suo valore e percezione da parte della comunità, mezzi tecnici impiegati, ecc.
Quanto all’uso della biomassa potenziale disponibile a Roma, è certamente un aspetto da approfondire e considerare maggiormente, dato che oggi viene smaltita, con costi notevoli, in discarica.
L’obiettivo del progetto AGROENER è giungere alla caratterizzazione e modellizzazione dei fattori implicati in questi lavori, per fornire agli operatori del settore elementi utili alle scelte tecniche da effettuare, in un’ottica di sostenibilità economica, ambientale e sociale.
Si occupa di mezzi, sistemi e tecnologie per la riduzione degli input agrochimici e del loro impatto, protezione delle colture, verde urbano, meccanizzazione dell’olivicoltura e in agricoltura biologica, sicurezza del lavoro (rumore, vibrazione, polveri)
#lafrase La cosa migliore da fare 20 anni fa era piantare un albero. La cosa migliore da fare adesso è piantare un albero
Complimenti, Marcello!!