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domenica, 24 Novembre 2024

Il suolo… sulla carta

Della stessa Rubrica

Siamo sicuri di conoscere il paesaggio che ci circonda e che ci sembra sempre uguale?
Iniziamo insieme questo incredibile percorso attraverso la cartografia pedologica e scopriremo che quanto affermato da Leonardo Da Vinci: “conosciamo di più il movimento dei corpi celesti di quanto conosciamo il suolo sotto i nostri piedi” è ancora di grande attualità!

La pedologia, dal greco πέδον (pedon = suolo) λογία (logia = scienza), è la scienza che studia il suolo e la sua formazione. La cartografia pedologica è una applicazione della pedologia finalizzata alla produzione di mappe dei suoli. Quando mi chiedono “che lavoro fai?”, molti si stupiscono quando rispondo che studio il suolo e che, in particolare, svolgo ricerche finalizzate alla produzione di carte dei suoli. Sembra strano che esista una disciplina scientifica finalizzata a questo. In effetti, proprio perché non è immediatamente visibile, la grande diversità di quello che abbiamo sotto ai nostri piedi non è comunemente apprezzata. In realtà, lo stesso Leonardo Da Vinci affermava: conosciamo di più il movimento dei corpi celesti di quanto conosciamo il suolo sotto i nostri piedi.  

Eppure, ognuno di noi può apprezzare la varietà dei paesaggi che offre il nostro pianeta. I pedologi hanno il privilegio di poter studiare i suoli che sottendono quei paesaggi, la cui diversità è ancora maggiore dato che, in un medesimo paesaggio, si trovano numerosi suoli dalle caratteristiche completamente diverse, anche a distanza di pochi metri. La conoscenza approfondita della distribuzione spaziale dei suoli ha, inoltre, un fine applicativo molto importante, in quanto ne consente una gestione differenziata che si applica a diverse scale: dalla pianificazione territoriale all’agricoltura di precisione.   

Prima di addentrarci nella tematica specifica della cartografia del suolo, è necessario dare una definizione dell’oggetto di studio: il suolo stesso. Ne riportiamo la definizione fornita dall’Enciclopedia Treccani, approvata in occasione della tavola rotonda organizzata dall’Istituto della Enciclopedia Italiana il 5 dicembre 2014 durante la Giornata Internazionale del Suolo: “Il suolo è lo strato superiore della crosta terrestre costituito da componenti minerali, materia organica, acqua, aria e organismi viventi. Rappresenta l’interfaccia tra terra, aria e acqua e ospita gran parte della biosfera. Visti i tempi estremamente lunghi di formazione del suolo1, si può ritenere che esso sia una risorsa sostanzialmente non rinnovabile. Il suolo ci fornisce cibo, biomassa e materie prime; funge da piattaforma per lo svolgimento delle attività umane; è un elemento del paesaggio e del patrimonio culturale e svolge un ruolo fondamentale come habitat e pool genico. Nel suolo vengono immagazzinate, filtrate e trasformate molte sostanze, tra le quali l’acqua, i nutrienti e il carbonio. Per l’importanza che rivestono sotto il profilo biologico, socioeconomico e ambientale, tutte queste funzioni devono pertanto essere tutelate.” 

È noto a tutti che senza aria non si respira e che c’è vita sulla terra perché la nostra atmosfera è respirabile per gli organismi viventi che attualmente ci vivono. È altrettanto noto a tutti che la vita si è formata nell’acqua e senza acqua non ci sarebbe vita. Non molti sanno, invece, che c’è vita sulla terra anche perché ci sono i suoli e che senza suoli la terra sarebbe una distesa inospitale di rocce senza vita. La vita sulla terra, così come la conosciamo, si è potuta sviluppare, anche grazie al formarsi, nel corso dei millenni, di quella grande varietà dei suoli che adesso la caratterizzano e che si sono formati proprio a partire da rocce senza vita.

*In media 1 cm di profondità di suoli ha bisogno da 100 a 1000 anni per formarsi

Gli albori della cartografia podologica e i fattori della pedogenesi 

Alla base della scienza per la cartografia pedologica c’è la definizione dei cosiddetti fattori della pedogenesi, cioè di quei fattori ambientali che ne determinano la formazione e che sono stati formalizzati da Jenny nel 1941. La pedogenesi (da pedon = suolo, genesi = formazione) è il processo di formazione del suolo a partire dalla roccia. In realtà, i pedologi non usano il temine roccia, ma usano il termine materiale genitore (p = parent material) per indicare il materiale da cui si è formato il suolo in quanto i suoli si possono formare anche da materiali non rocciosi. Il materiale genitore è il primo fattore della pedogenesi; il suolo, si genera per azione del clima (c) che costituisce il secondo fattore della pedogenesi. In sostanza, è l’acqua delle precipitazioni (pioggia, neve) che agisce sulle rocce disgregandole e, penetrando in esse, innesca processi di alterazione delle rocce che sono di tipo fisico, chimico e biochimico. Disgregandosi le rocce accolgono acqua e aria e così, l’originale ambiente, inospitale alla vita, può accogliere al contrario una grande varietà di organismi viventi (o) che costituiscono il terzo fattore della pedogenesi. Essi, infatti, agiscono sia in senso fisico – si pensi alle gallerie scavate dai lombrichi – che in senso chimico, in quanto sono gli agenti delle alterazioni biochimiche del suolo. Fra gli organismi viventi è incluso l’uomo stesso che, con le sue pratiche di gestione del suolo, costituisce uno degli organismi viventi ad impatto sul suolo, probabilmente il più impattante nei suoli a gestione agricola. Il seguente fattore della pedogenesi è la forma rilievo (r), o morfologia del paesaggio, che determina come il clima agisce sul materiale genitore. Le piogge, in combinazione con la morfologia, producono una azione fisica, rimodellando il paesaggio, per cui i suoli, nelle parti basse dei versanti, sono generalmente più profondi rispetto a quelli delle parti alte. In realtà, la questione è più complicata, in quanto ogni formazione rocciosa determina diverse forme del paesaggio, per cui esiste una scienza specifica che le studia e che si chiama geomorfologia. L’ultimo fattore della pedogenesi identificato da Jenny è il tempo (a = age, età), inteso come durata temporale. I processi pedogenetici, infatti, hanno agito per periodi temporali diversi, per cui il fattore tempo complica ulteriormente le combinazioni possibili. Infatti, i fattori della pedogenesi non agiscono singolarmente ma, interagendo fra di loro, generano l’enorme varietà di suoli presenti sulla terra.

Jenny espresse la formazione del suolo tramite la famosa equazione di Jenny così espressa: 

S = (c, o, r, p, a) 

dove il suolo (S) è funzione (cioè è il risultato) dell’azione dei fattori della pedogenesi

Per studiare il suolo i pedologi scavano e descrivono quelli che vengono chiamati i profili di suolo. In sostanza, si scavano delle buche che arrivano fino al materiale genitore, tanto grandi da poter permettere di essere visualizzati da chi lo descrive. Dalla superficie del suolo, fino al materiale genitore, i pedologi riconoscono degli strati, chiamati orizzonti pedologici, di diversa natura e caratteristiche. Gli orizzonti vengono descritti e campionati, cioè si prelevano dei campioni di suolo da portare ad analizzare nei laboratori di chimica, fisica e biologia del suolo. Dalla descrizione degli orizzonti pedologici data in campagna, insieme ai risultati analitici, i pedologi caratterizzano i suoli e possono dare loro un “nome” e un “cognome”. Così come esistono classificazioni per le piante e gli animali, esistono anche classificazioni dei suoli. Le classificazioni dei suoli definiscono “individui suolo” ben distinti, che si originano a seguito delle specifiche combinazioni dei fattori della pedogenesi che li hanno generati. La pedologia studia i processi pedogenetici e la cartografia pedologica studia come essi si generano all’interno del paesaggio, così da poter ricostruire la distribuzione dei tipi di suolo a partire da profili realizzati in aree campione. I profili pedologici, infatti, sono costosi e alterano il suolo stesso, per cui la loro realizzazione va ridotta al minimo indispensabile.  

La cartografia pedologica con tecniche digitali (digital soil mapping

Il pedologo esperto “leggendo il paesaggio” e conoscendone clima e geologia, descrive a grandi linee i tipi di suolo che lo compongono nelle diverse parti. Questo tipo di conoscenza è sicuramente importante, ma non ha una base matematica. Gli studiosi non sono ancora riusciti ad elaborare modelli matematici per ognuno dei numerosi processi pedogenetici che agisce sulla formazione dei suoli.  Tuttavia, negli ultimi decenni, anche grazie alle sempre crescenti potenze di calcolo dei computer, la ricerca scientifica ha investigato tecniche per mezzo delle quali dare una base matematica alla equazione di Jenny. L’equazione di Jenny si è evoluta nel modello SCORPAN (McBratney et al., 2003) che è alla base della così detta cartografia digitale dei suoli, digital soil mapping. I fattori pedogenetici di Jenny permangono nel modello SCORPAN, che aggiunge due componenti da utilizzare nei modelli matematici: le conoscenze pregresse sulla distribuzione dei suoli nel paesaggio (s = suolo) e la posizione geografica, cioè le coordinate, dei rilevamenti effettuati in campo (n = posizione spaziale). Oltre all’introduzione di queste due componenti, la novità principale nel modello SCORPAN è la ricerca di modelli statistici e geostatistici per esprimere la funzione (f), non più per mezzo della conoscenza del pedologo, ma tramite modelli espressi con formule matematiche e, dunque, riproducibili. I modelli statistici esprimono in forma matematica la relazione fra la variabile predetta S (suolo) e le variabili ausiliarie (s, c, o, r, p) e possono introdurre anche la componente temporale (a). Nei modelli geostatistici si elaborano modelli di variazione dei suoli e delle loro caratteristiche nello spazio (n).

Oltre all’introduzione di queste due componenti (s e n), la novità principale nel modello SCORPAN è la ricerca di modelli statistici e geostatistici per esprimere la funzione (f) tramite formule matematiche riproducibili. I modelli statistici esprimono in forma matematica la relazione fra la variabile S (suolo) predetta e le variabili ausiliarie (s, c, o, r, p) predittrici. Nei modelli statistici è possibile introdurre anche la componente temporale (a). I modelli geostatistici esprimono con formule matematiche la variazione dei suoli e delle loro caratteristiche nello spazio (n). Tutte le componenti del modello SCORPAN, infine, sono caratterizzate da coordinate geografiche. In sostanza, ogni componente viene inserita in un calcolo matematico svolto dai computers, in forma cartografica. Vengono, dunque, raccolte: carte climatiche, carte geologiche, carte di uso del suolo, carte geomorfologiche, ecc. In un sistema digitale di questo tipo si possono usare, e vengono usate come variabili ausiliarie anche immagini ricavate da satellite (remote sensing) o da strumenti di indagine prossimale (proximal sensing), cioè strumenti che per così dire “fotografano” o “scansionano” da vicino il suolo e/o la sua copertura. L’ulteriore vantaggio delle tecniche di digital soil mapping è la loro riproducibilità, in quanto le formule matematiche (f) individuate dalle ricerche scientifiche vengono trasformate in codici informatici. 

Maria Fantappiè

Laureata in scienze agrarie tropicali e subtropicali, dopo 3 anni di esperienza lavorativa in qualità di agronoma in un progetto di sviluppo rurale in Ecuador, dal 2004 lavora presso il gruppo di cartografia pedologica del CREA, che custodisce e aggiorna costantemente la Banca Dati dei Suoli d’Italia, costituendo il riferimento
italiano nei confronti di organismi nazionali e internazionali. Svolge ricerche per la produzione di carte dei suoli con tecniche di digital soil mapping. Coordina le attività di cartografia nazionale della Italian Soil Partnerhip realizzate con la partecipazione dei Servizi del Suolo Regionali, in collaborazione con il CNR e con altri enti di ricerca
e università italiane.

#lafrase
Noi non ereditiamo la terra dai nostri antenati, la prendiamo in prestito dai nostri figli (antico proverbio di varia attribuzione: Masai Africani e/o Nativi Americani)

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