Risponde Nicola Pecchioni, Direttore del CREA Cerealicolture e Colture Industriali
Le biomasse sono “massa” – cioè “peso” presente nell’organismo vivente – costituita prevalentemente da composti del carbonio, derivanti dal processo di fotosintesi clorofilliana, ossia il processo biochimico vitale per la pianta, che permette ai vegetali di produrre composti organici (zuccheri e carboidrati e, quindi, nutrienti) a partire da materia inorganica (la CO2, l’acqua) e usando l’energia della luce del sole. Prodotto “secondario” di tutto rispetto dell’intero processo è l’ossigeno, emesso dalle piante in atmosfera, ed essenziale per la vita sulla Terra. Ed è sempre da qui, dalla fotosintesi, che derivano tutte le biomasse: in primis quelle vegetali e successivamente anche quelle animali, che vengono utilizzate dall’uomo, ormai da millenni, per diversi impieghi.
Considerate spesso come materiale di scarto, le biomasse in realtà rappresentano una risorsa essenziale nella produzione di energia, soprattutto in un’ottica di sostenibilità. Esse, infatti, contengono ancora moltissima energia chimica potenzialmente utilizzabile, nei prodotti carboniosi, destinati alla fine del loro ciclo a tornare ad essere CO2, cioè carbonio inorganico, che viene quindi, nuovamente rilasciato in atmosfera. Durante le diverse fasi di questo processo, l’uomo può intervenire, sfruttando proprio quel contenuto di energia presente nelle biomasse, ancor prima che queste tornino ad essere CO2, producendo ad esempio il biometano attraverso l’utilizzo di digestori.
L’importanza dal punto di vista ambientale è tale che il bilancio carbonico, nel caso che le biomasse vengano utilizzate per produrre energia, è pressoché pari a zero: tanta CO2 viene trasformata in carbonio organico nelle biomasse, tanta ne viene rilasciata dopo lo sfruttamento energetico. Se parte di queste biomasse torna poi al terreno come sostanza organica, il bilancio è negativo, cioè si immagazzina per molti anni CO2 nel suolo, con un vantaggio in termini di impronta carbonica.
Inoltre, esse racchiudono un potenziale veramente significativo in termini di economia circolare, che le rende essenziali nella produzione di energia. Basti pensare, per esempio, ad un vigneto: le vinacce, biomasse di scarto prodotte in ambito agro-industriale, possono da una parte dar vita al biometano, dall’altra al cosiddetto digestato (il residuo della biomassa, cioè, presente nel digestore dopo la produzione ad opera dei batteri del biometano), che può essere impiegato a sua volta per rifertilizzare quello stesso vigneto che le ha prodotte. E così via…
Specializzazione in Biotecnologie Vegetali, laurea in Scienze Agrarie. Direttore Centro di ricerca cerealicoltura e colture industriali del CREA e docente Università di Modena e Reggio Emilia. Valutatore di progetti nazionali e internazionali, di prodotti della ricerca, VQR 2011-2014, membro commissione esperti PNR 2021-27. Supervisiona progetti europei, nazionali e regionali del suo Centro. Genetista e plant breeder
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