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martedì, 3 Dicembre 2024

Il dramma siccità

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Clima, ambiente, agricoltura, salute.

Il termine siccità proviene direttamente dalla parola latina siccitas, derivata dal sostantivo siccus «secco», e indica una mancanza o scarsezza di pioggia, che si protrae per un periodo di tempo eccezionalmente lungo. Le “grandi siccità” hanno avuto, nei secoli, un andamento ciclico: un forte e duraturo calo delle piogge potrebbe aver portato – secondo alcuni studiosi – al collasso di diverse civiltà orientali del Mediterraneo, inclusa la Grecia antica, circa 3.200 anni fa.

Gli effetti della carenza d’acqua e della siccità sono di ordine ambientale, economico e sanitario-sociali. Gli effetti ambientali includono l’essiccazione delle zone umide, incendi sempre più grandi e frequenti e la perdita della biodiversità. Le conseguenze economiche includono una riduzione della produzione agricola, forestale, di selvaggina e di pesca, maggiori costi di produzione alimentare, problemi con l’approvvigionamento idrico per il settore energetico e per le economie municipali. I costi sociali e sanitari includono difficoltà di approvvigionamento legate a raccolti scarsi o persi e scarsità cronica d’acqua, con costi alimentari più elevati ed effetti negativi sulla salute delle persone. La siccità prolungata è causa di migrazioni di massa e di gravi crisi umanitarie.

Secondo l’ultimo report del Gruppo Intergovernativo sul Cambiamento Climatico (IPCC) delle Nazioni Unite (Climate Change, 2022), in quest’ultimo ventennio il cambiamento climatico sta provocando impatti maggiori del previsto e temperature più alte di quelle stimate, sconvolgendo i sistemi naturali e condizionando la vita di almeno 2,3 miliardi di persone, che affrontano situazioni di stress idrico. Numeri – secondo l’UNICEF – destinati a crescere: entro il 2040 un bambino su quattro vivrà in aree con gravi carenze idriche, mentre entro il 2050 i tre quarti della popolazione mondiale sperimenteranno gravi condizioni di siccità. Una stima della Banca Mondiale lancia l’allarme: in tutto il mondo più di 200 milioni di persone potrebbero essere costrette a emigrare entro il 2050 a causa della mancanza d’acqua e ben 129 Paesi vedranno aggravarsi i propri problemi di siccità legati agli effetti del cambiamento climatico.

Oltre a colpire la sussistenza delle popolazioni umane, siccità e stress idrico sono tra le cause principali della degradazione del suolo e della desertificazione dei territori. Il report indica che l’aumento di ondate di calore, periodi di siccità e inondazioni stanno “già oltrepassando la soglia di tolleranza di piante e animali, portando a eventi di mortalità di massa in specie come alberi e coralli. Questi eventi meteorologici estremi stanno avendo luogo simultaneamente, causando effetti a cascata che diventano sempre più difficili da gestire” (IPCC, 2022). La necessità di agire è urgente. Riconoscere il fatto che gli impatti del cambiamento climatico si stanno già facendo pesantemente avvertire aumenta la preoccupazione di limitare un ulteriore riscaldamento del pianeta. Fino al 14% delle specie terrestri – si afferma nel report – si troverà probabilmente ad affrontare “un elevato rischio di estinzione”, con un riscaldamento globale di 1,5 °C.  Questa quota potrebbe arrivare al 18% con 2°C di aumento della temperatura e raggiungere addirittura il 48% con l’aumento di 5°C.

Nel 2021 l’UE ha approvato non solo il raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050, ma anche una riduzione delle emissioni del 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990.

Effetti sull’Agricoltura

Si prevede che i cambiamenti climatici avranno un effetto sostanziale sulla produzione agricola, sia per quanto riguarda la resa delle colture, sia per quanto riguarda la vocazionalità delle aree agricole. La durata della stagione colturale è aumentata e dovrebbe dilatarsi ulteriormente, dato un inizio anticipato della crescita in primavera e di un periodo vegetativo più lungo in autunno. Ciò consentirebbe anche di espandere più a nord le colture della stagione calda, in zone prima ritenute non adatte.

A causa di una combinazione di calore e siccità, nel corso del XXI secolo si prevedono perdite sostanziali di produzione agricola per la maggior parte delle zone europee, non compensate dai guadagni nell’Europa settentrionale. Sebbene sia un’efficace opzione di adattamento per l’agricoltura, l’irrigazione sarà sempre più limitata dalla diminuita disponibilità di acqua. Le regioni europee meridionali saranno colpite più duramente, con un impatto negativo generale sull’agricoltura. Le regioni settentrionali dell’Europa potrebbero, invece, attendersi alcuni effetti positivi sull’agricoltura attraverso l’introduzione di nuove varietà di colture, rese più elevate e l’espansione di superfici idonee alla coltivazione. Ciò è dovuto all’allungamento delle campagne agricole, all’aumento dei periodi senza gelate ed alla riduzione delle ondate di freddo. Si prevedono, tuttavia, anche impatti negativi, principalmente dovuti all’aumento di patologie e di parassitosi anche di nuova introduzione, alla lisciviazione dei nutrienti ed alla riduzione della sostanza organica nel suolo.

Effetti sugli Allevamenti

Attualmente, la produzione zootecnica globale necessita del 30% circa del fabbisogno complessivo di acqua del settore agricolo, compresa l’acqua piovana e di irrigazione utilizzata per la produzione di alimenti per animali e i fabbisogni per l’allevamento. La maggior parte dei prelievi di acqua dolce avviene da bacini che soffrono di un’elevata scarsità d’acqua e si prevede che nel tempo la pressione sulla disponibilità delle risorse idriche aumenterà (FAO, 2007).

Per comprendere l’importanza sia dell’umidità del suolo che dei prelievi di acqua per la produzione agricola sostenibile, le riserve idriche possono essere suddivise in acqua verde, che fa riferimento all’umidità del suolo disponibile per la crescita delle piante, e in acqua blu, che fa riferimento all’acqua liquida immagazzinata nei bacini idrici. Con acqua grigia viene indicata una terza tipologia di acqua, introdotta per definire i quantitativi idrici non disponibili per l’utilizzo a causa dell’inquinamento, cioè il volume di acqua dolce che si presume sia necessario per assimilare il carico di inquinanti. Le stime indicano che il solo pascolo rappresenti quasi il 14% del consumo globale di acqua verde per l’agricoltura. Dati i livelli di scarsità di acqua blu in molte regioni, le sfide future legate all’utilizzo e alla disponibilità di acqua in agricoltura saranno correlate ad un utilizzo più efficiente, ma anche maggiore, delle fonti di acqua verde. Ciò è particolarmente vero per l’allevamento degli animali, che per buona parte è legato all’agricoltura pluviale.

Effetti sulla Salute

I cambiamenti climatici rappresentano una minaccia significativa, non solo per la salute degli animali e delle piante, ma anche per la salute umana. Tra questi: un aumento della mortalità e morbidità estiva legata al calore e invernale legata al freddo; un aumento del rischio connesso ad eventi meteorologici estremi (inondazioni, incendi, tempeste); patologie nel regno animale emergenti a causa di malattie zoonotiche virali e di malattie trasmesse da vettori; variazioni nella distribuzione stagionale di alcune specie di polline allergenico, della gamma di virus, della distribuzione di parassiti e malattie; organismi nocivi per le piante emergenti e riemergenti, che colpiscono le foreste e i sistemi colturali; rischi connessi al cambiamento della qualità dell’aria e dell’ozono.

In futuro, il consumo di suolo urbano, la crescita e la concentrazione della popolazione nelle città – assieme al suo invecchiamento – contribuiranno ad accrescere ancora di più la vulnerabilità delle città ai cambiamenti climatici.

La Siccità in Italia

Nel 2021, nel mondo ci sono stati 187 eventi calamitosi, dei quali oltre il 70% legato all’eccesso di acque od alla loro assenza. La nostra penisola ha registrato lo scorso anno ben nove eventi siccitosi di intensità e durata tale da imporre lo stato di emergenza. Ricorderemo certamente il 2022, perché nei soli primi quattro mesi dell’anno gli eventi climatici estremi in Italia sono aumentati del 29% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, investendo con violenza il Nord del Paese, dove ha causato una crisi idrica senza precedenti per intensità, estensione e gravità (Figura 1).

Figura 1 – La siccità nelle regioni italiane nell’anno 2022

L’anno 2022 si classifica nel primo semestre come l’anno più caldo di sempre in Italia, con una temperatura superiore di 0,76 ºC rispetto alla media storica, ma si registrano anche precipitazioni praticamente dimezzate lungo la Penisola (-45% circa). La siccità di quest’anno ha caratteri nuovi e di assoluta gravità, perché l’assenza di pioggia e neve sta intaccando anche riserve idriche, destinate prioritariamente all’uso potabile, “provocando un deficit che si protrarrà nel tempo” (fonte ANBI). L’anomalia climatica più evidente quest’anno si è avuta nel mese di giugno, che ha fatto registrare una temperatura media superiore di ben +2,88 ºC rispetto alla media (dati Coldiretti). Uno stravolgimento che pesa molto sulle coltivazioni, con una siccità che ha causato già danni per oltre tre miliardi nelle campagne, ma anche sull’ambiente, con incendi triplicati ed incremento dello scioglimento dei ghiacciai (Figura 2).

Figura 2 – La siccità rilevata in Italia nel mese di giugno 2022

Le temperature elevate hanno influito sulle rese colturali con cali medi del 30% nel 2022 per il mais e per il grano, condizionando la produzione anche in futuro. Secondo uno studio della Wheat Initiative, la resa del grano potrebbe addirittura diminuire a livello mondiale del 7% per ogni grado Celsius di riscaldamento globale (dati Coldiretti). Inoltre, la crisi idrica è intervenuta in un contesto economico estremamente critico, con le aziende già provate dal biennio pandemico e dai pesanti incrementi dei costi produttivi derivanti dal conflitto in Ucraina: energia, fertilizzanti, mangimi, gasolio, sementi, prodotti fitosanitari (fonte Mipaaf). Pur nella ciclicità degli eventi estremi di siccità, dunque, si sta oggi verificando un processo di lento, ma inesorabile logoramento della disponibilità idrica del nostro Paese. ISPRA ha comunicato, a tal proposito, che il valore annuo medio di risorsa idrica disponibile per l’ultimo trentennio 1991- 2020 si è ridotto del 19% rispetto a quello registrato nel trentennio 1921-1950.

Un grave stato di siccità sta interessando il nostro Paese ormai da qualche anno, ma, in particolare, ha colpito pesantemente l’Italia nel secondo quadrimestre del 2022, prima al Nord – in particolare il bacino del Po, che rappresenta oggi oltre il 40% del prodotto interno lordo della nazione e il 45% della produzione agricola – per poi interessare anche il centro e il sud. Su scala nazionale, oltre l’85% del Made in Italy dipende dalla disponibilità della risorsa irrigua, per un valore complessivo di oltre 450 miliardi di euro. Il Made in Italy costituisce l’asse portante delle esportazioni agroalimentari, con un incremento medio dell’8.1% su base annua nell’ultimo decennio. Il settore agricolo irriguo garantisce una significativa forza lavoro, ad alta specializzazione. Se un ettaro di cereali a coltura estensiva occupa mediamente 48 ore/anno di forza lavoro, il corrispondente per una coltura orticola od un frutteto irriguo è di oltre 600 ore/anno, ben 13 volte superiore! La siccità ha provocato danni all’agricoltura italiana nel corso dell’ultimo anno per oltre 15 miliardi di euro.  

Si osserva un generalizzato deficit di piovosità – che in alcune aree ha oltrepassato il -70% rispetto alla media degli anni precedenti – ed una chiara tendenza alla tropicalizzazione che si manifesta non solo con una più elevata frequenza di eventi meteorici violenti, ma anche con sbalzi termici significativi. È necessario, oggi e domani, produrre più cibo e materie prime agricole con un minore impatto ambientale. Certamente questo obiettivo strategico si potrà conseguire solo se si saprà combattere la scarsità di acqua, salvaguardando al tempo stesso le falde acquifere. Come intervenire?

Contrastare la Siccità

È dunque non più rinviabile un piano articolato di contrasto alla siccità, che consenta di guardare al futuro con maggiore ottimismo. Si dovrebbe adottare una strategia volta a:

  • Avviare con urgenza la costruzione di nuovi invasi, recependo le proposte progettuali (in stato di avanzata definizione) già in possesso dei consorzi di bonifica italiani e oggetto di una proposta denominata “piano laghetti” predisposta da ANBI. Il costo stimato è di circa 3,5 miliardi di euro (il 40% delle opere da realizzare ha già una progettazione pronta). Sono 223 i progetti definitivi ed esecutivi, cioè immediatamente cantierabili, approntati da ANBI e Coldiretti nell’ambito del Piano Laghetti, che punta a realizzare 10.000 invasi medio-piccoli e multifunzionali entro il 2030, in zone collinari e di pianura. I nuovi bacini incrementeranno di oltre il 60% l’attuale capacità complessiva dei 114 serbatoi esistenti, pari a poco più di 1 miliardo di metri cubi, contribuendo ad aumentare dell’11% circa la quantità di pioggia attualmente trattenuta al suolo.  La realizzazione dei primi 223 laghetti comporterà anche una nuova occupazione, stimata in oltre 16.000 unità lavorative ed un incremento di quasi 435.000 ettari nelle superfici irrigabili in tutta Italia, nel solco dell’incremento dell’autosufficienza alimentare, indicato come primario obiettivo strategico per il Paese.
  • Sollecitare la Commissione europea a portare a termine la modifica della normativa che liberalizza l’uso delle TEA (tecnologie di evoluzione assistita), svincolandole dalla legislazione in materia di OGM. L’utilizzazione delle nuove biotecnologie agrarie potrà assicurare l’immediata sperimentazione in campo di nuove piante, più resistenti alla siccità ed alle parassitosi.
  • Affrontare le carenze dei servizi idrici, messe in luce anche dall’emergenza siccità, con l’obiettivo di arrivare a un uso sostenibile della risorsa acqua attraverso il Contratto Istituzionale di Sviluppo (CIS), finanziato con il Fondo per lo Sviluppo e Coesione 2021-2027 e con il Fondo per la perequazione infrastrutturale istituito dalla legge di bilancio 2021, che prevede le seguenti tipologie di intervento:
    • Captazione e accumulo: nuovi invasi e manutenzione straordinaria di quelli esistenti, al fine di aumentare la capacità di accumulo e stoccaggio della risorsa idrica;
    • Potabilizzazione: trattamento delle acque per renderle utilizzabili per usi civili e industriali, anche mediante dissalatori per rendere l’acqua marina utilizzabile per fini civili, industriali, agricoli;
    • Trasporto e distribuzione:interventi di potenziamento, manutenzione straordinaria e sostituzione degli schemi idrici e delle reti idriche urbane, con l’obiettivo di migliorare il servizio e ridurre le perdite di rete;
    • Depurazione: costruzione e potenziamento di impianti di trattamento dei reflui;
    • Riutilizzo e restituzione all’ambiente: interventi per un corretto uso, improntati al risparmio, riutilizzo, gestione e restituzione al territorio e alla collettività delle acque;
    • Monitoraggio: implementazione, anche attraverso l’acquisto di apposita strumentazione, di reti di monitoraggio delle infrastrutture idriche e degli acquiferi e delle sorgenti, al fine di incrementare la conoscenza del sistema idrogeologico e definire sistemi di controllo ed early warning dello stato quantitativo dei corpi idrici.
  • Migliorare la gestione del suolo: l’impatto delle forti precipitazioni sui terreni lavorati provoca l’immediata rottura degli aggregati superficiali, le cui particelle disperse formano una superficie sigillante per cui l’acqua si perde pressoché totalmente per scorrimento superficiale. Nei terreni inerbiti e forestali la capacità di infiltrazione consente di immagazzinare una parte delle precipitazioni, ma anche in questo caso la gran parte dell’acqua si perde per scorrimento superficiale. Alcuni indicatori delle qualità del suolo, quali stoccaggio di carbonio organico, suscettività al compattamento e all’incrostamento, erodibilità e tasso di erosione, mostrano come sia i cambiamenti climatici avvenuti in Italia dagli anni ’60 ad oggi, sia quelli previsti dai modelli climatici per il 2020-2050, possano avere impatti profondamenti diversi in funzione del tipo di suolo e di sistema colturale. I Vertisuoli del sistema cerealicolo in Sicilia e i Luvisuoli di quello foraggero-zootecnico della Pianura Padana sono risultati quelli maggiormente sensibili ai cambiamenti climatici, ma in senso opposto: più sensibili alla degradazione i siciliani, meno i lombardi. Risultati intermedi si osservano per gli Andosuoli con oliveti della Campania e per i pascoli permanenti sui Luvisuoli della Sardegna.
  • Utilizzare colture resistenti alla siccità. L’agricoltura utilizza il 70% dell’acqua potabile nel mondo per irrigare i campi coltivati (dati FAO): è dunque giusto che si aggiudichi il ruolo di protagonista nella gestione sostenibile della risorsa idrica, quali ad esempio per le leguminose da foraggio (lupino, pisello, erba medica, ecc.) e per i cereali (mais, frumento duro, ecc.).
  • Predisporre filtri contenitori ed educare al risparmio. Attualmente si possono irrigare solo il 18% delle terre coltivate del pianeta, da cui si ottiene il 40% della produzione agricola. Visto che aumentare le superfici irrigate non è possibile e che la sfida del futuro sarà di far fronte a sempre più lunghi periodi di siccità, è necessario lavorare per ridurre gli sprechi di acqua nella gestione irrigua. Soluzioni facilmente praticabili per il risparmio idrico e il riciclo di acqua potrebbero essere individuate in filtri che riducano in uscita la portata del gettito d’acqua – anche in ambiente domestico – o anche il riuso di acqua, quale ad esempio l’acqua derivante dal condizionamento di ambienti.
  • Costruire nuovi bacini ed invasi di raccolta delle acque piovane. L’Italia resta comunque un Paese piovoso, con circa 300 miliardi di metri cubi d’acqua che cadono annualmente, ma per le carenze infrastrutturali se ne trattiene solo l’11%.  Le conseguenze della siccità sono accentuate dal precario stato di salute del suolo, a causa del forte depauperamento di sostanza organica, che, oltre ad agire da cementante per le particelle del terreno, ha una forte capacità di trattenere l’acqua. Inoltre, gli eventi con alta intensità di pioggia riducono fortemente l’infiltrazione dell’acqua nel terreno che viene così persa per scorrimento superficiale. L’acqua che ruscella in superficie può essere recuperata convogliandola in serbatoi artificiali. Considerato che la corretta gestione del suolo e delle risorse idriche sarà una delle maggiori sfide del futuro, è necessario pensare subito ad un piano di infrastrutture distribuite, a basso impatto ambientale, e integrate nel paesaggio rurale, capaci di fronteggiare le emergenze climatiche e sostenere un’agricoltura sempre più soggetta a crisi di varia natura, fra cui anche quella relativa alla siccità.
  • Curare la manutenzione della rete di distribuzione: necessità di interventi strutturali.L’ultimo rapporto ISTAT sull’acqua, pubblicato a marzo di quest’anno, indica che le perdite del nostro sistema idrico corrispondono al 36,2%, con punte regionali che toccano il 70%! A ciò si aggiungano i danni dovuti a sistemi di depurazione non sempre efficienti: tutte le sostanze inquinanti usate dall’agricoltura (fertilizzanti e antiparassitari a base di azoto, fosforo, nitrati), dalle industrie (metalli pesanti, arsenico o diossina) e dai centri urbani finiscono nei fiumi, danneggiando irrimediabilmente la risorsa idrica e contribuendo ad aggravare ulteriormente l’emergenza in corso.

Investire in Ricerca

L’Italia è al terz’ultimo posto in Europa per investimenti nel settore idrico. Il CREA ha attivato negli ultimi anni numerosi progetti di ricerca aper individuare sia colture resistenti alla carenza idrica che strategie di coltivazione tali da razionalizzare ed efficientare l’uso dell’acqua, fornendo indicazioni puntuali all’agricoltore su come agire per fronteggiare i danni da cambiamenti climatici. I Progetti AGROSCENARI e CLIMAGRI, ad esempio, hanno visto insieme tutte le principali istituzioni di ricerca in uno sforzo congiunto nell’individuazione, oltre che di tecniche di adattamento, di indicatori ambientali e colturali in grado di percepire per tempo i livelli critici per le colture e la redditività delle produzioni.

Il CREA sta anche sviluppando – insieme al Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agroalimentari dell’Università di Bologna, all’Associazione Italiana Maiscoltori ed alla Confederazione Produttori Agricoli – DROMAMED, il progetto europeo che coinvolge ben nove nazioni tra Europa e Nord Africa, con l’obiettivo di capitalizzare il germoplasma del mais mediterraneo, per migliorare la sostenibilità dei sistemi colturali, valorizzando la tolleranza della coltura agli stress. Il CREA, inoltre, seleziona con approcci genomici alcune leguminose foraggere annuali di particolare interesse come colture proteiche (pisello, lupino bianco, soia, favino) e la principale leguminosa prativa, l’erba medica. I principali obiettivi di miglioramento genetico sono la tolleranza allo stress idrico (attraverso piattaforme fenotipiche e collaborazioni con Paesi del Nord Africa) e ad altri stress abiotici, l’adattamento ad ambienti pedo-climatici diversi (mediterranei, continentali) e a caratteristiche qualitative cruciali (tenore proteico, riduzione di antinutrizionali, ecc.).

Il progetto AGRIDIGIT, finanziato dal Mipaaf e condotto dal CREA, è costituito da sei sottoprogetti (Agrofiliere, Agromodelli, Selvicoltura, Zootecnia, Viticoltura e Agriinfo), ciascuno dei quali ha specifici obiettivi. Mediante tecniche di agricoltura di precisione – utilizzate anche per le previsioni di rese delle colture durante l’anno e per la produzione di bollettini agro-meteorologici – il progetto fornisce diverse infrastrutture per la gestione di dati e servizi – quali strumenti di modellazione per l’assistenza durante la stagione (produttività, impatto ambientale, qualità e stato di salute delle specie vegetali e animali, limitazione all’uso dei fitofarmaci) – e per l’analisi di scenario, anche previsionali, riguardo suolo, emissioni e consumi idrici in rapporto ai cambiamenti climatici.

I fondi per la ricerca in Italia sono oggi assolutamente da incrementare ed appare necessario e decisivo sviluppare maggiori sinergie tra Enti di Ricerca, Università ed Aziende, per rendere sempre più incisivo e produttivo il processo della conoscenza.

Prof. Carlo Gaudio 
Presidente del CREA

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