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domenica, 24 Novembre 2024

Ciliegio: missione biodiversità

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L’impegno della ricerca per conservare e valorizzare il patrimonio genetico di uno dei frutti più golosi ed amati e con una storia millenaria, tutta da rileggere. 

Foto 1 – Ampia variabilità di dimensioni, forme e colori nei frutti di ciliegio (Foto: Hélène Christmann, INRAE, Francia) 

Insieme alle fragole, le ciliegie aprono ogni anno la stagione della frutta fresca e sono amatissime dai consumatori italiani ed europei, che ne apprezzano i colori brillanti della buccia, la succosità, il gusto dolce e acidulo allo stesso tempo, le piccole dimensioni che ne fanno un prodotto di facile consumo anche fuori casa. Le ciliegie non sono solo gustose, ma ricche di composti ‘funzionali’, come polifenoli, antocianine, carotenoidi e vitamina C, utili a prevenire malattie cardiovascolari e infiammatorie, diabete, e malattie degenerative come l’Alzheimer. Per la presenza di melatonina naturale nel frutto, il consumo di ciliegie anche in forma di frullato prima del pasto serale sembra avere un effetto benefico sulla qualità del sonno negli adulti con problemi di insonnia.  

Un po’ di storia

Il ciliegio dolce, denominato in latino Prunus avium (ciliegio degli uccelli, a sottolineare come questo frutto sia molto apprezzato anche dagli uccelli) dal medico naturalista Linneo, è originario del territorio europeo, da cui si è diffuso nel resto del mondo. Il rinvenimento di noccioli di ciliegie in siti archeologici in Svizzera, Francia, Italia, Ungheria, Inghilterra e Austria risalenti al periodo Neolitico, indicherebbe che i primi abitanti d’Europa consumavano ciliegie già nel 4000-5000 a.C.

Il ciliegio viene coltivato da più di 2000 anni: nella sua Naturalis Historia Plinio il Vecchio (23-79 d.C.) cita non meno di 10 diversi biotipi di ciliegie coltivate in Italia già alcuni secoli prima di Cristo.  Nel mondo, molto prima che si diffondessero le conoscenze tecnico-scientifiche alla base del miglioramento genetico moderno, l’uomo e la natura hanno selezionato migliaia di varietà locali (landrace), adatte a specifici ambienti colturali e tradizioni locali. La maggior parte di queste varietà oggi non è più coltivata, perché non rispondente agli elevati standard produttivi e di qualità del frutto imposti dai modelli colturali che si sono via via affermati nella moderna coltivazione del ciliegio. Solo per fare alcuni esempi, molte vecchie varietà sono caratterizzate da elevato vigore e lenta entrata in produzione, producono frutti di piccola dimensione, dalla polpa tenera e poco resistente alle manipolazioni ed ai trasporti, caratteri inaccettabili nelle cultivar moderne. Eppure, questo germoplasma rappresenta una riserva genetica strategica per la creazione di nuove cultivar, che in futuro saranno in grado di adattarsi a scenari climatici nuovi e sempre più complessi.  

Foto 2 – L’antica varietà ‘Cornetta’, caratterizzata dal gusto ottimo e polpa croccante, è ancora coltivata per un mercato di nicchia nelle colline Cesenati (Foto Daniela Giovannini)

Censimento, recupero e conservazione del germoplasma di ciliegio in Italia 

In Italia, la prima iniziativa coordinata a livello nazionale per censire il germoplasma frutticolo autoctono risale ai primi anni ’80, ha coinvolto 24 istituzioni di ricerca italiane afferenti all’Università, al CNR e all’attuale CREA, ed ha consentito il rinvenimento e la descrizione di migliaia di vecchie varietà autoctone italiane ‘superstiti dal tumultuoso aggiornamento varietale’, tra le quali 142 varietà di ciliegio originarie di diverse regioni italiane. Questo censimento, cui sono seguiti numerosi altri negli anni, oltre a dimostrare la straordinaria ricchezza e diversità del germoplasma italiano, ha anche evidenziato l’elevato rischio di scomparsa di molte varietà autoctone, alcune delle quali presenti ormai come vecchi esemplari unici presso orti familiari, e l’urgenza di interventi per contrastare il fenomeno.  

Foto 3 – Le grosse dimensioni del frutto sono un requisito imprescindibile nelle nuove cultivar di ciliegio. Nella foto, frutti della selezione CI 2, ottenuta dal breeding CREA-OFA, sede di Forlì (Foto Daniela Giovannini) 
Foto 4 – Fiori di ciliegio (Foto: Sandro Sirri) 

A partire dal 1993 il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali (Mipaaf) ha affidato all’attuale CREA il coordinamento delle attività di censimento, conservazione e valorizzazione delle risorse genetiche vegetali (RGV) d’interesse agroalimentare a livello nazionale. Grazie al Progetto RGV-FAO, finanziato dal Mipaaf dal 2004, il Centro di Ricerca per l’Olivicoltura, la Frutticoltura e l’Agrumicoltura del CREA (CREA-OFA) mantiene attualmente in collezione circa 680 accessioni varietali di ciliegio dolce nelle aziende delle sedi di Roma, Caserta e Forlì. La maggior parte di queste (550 circa, di cui 263 antiche varietà italiane) sono mantenute nel Centro Nazionale del Germoplasma Frutticolo (CNGF) costituito nel 2006 nella sede di Roma proprio allo scopo di preservare, nel lungo periodo, la biodiversità frutticola italiana. Afferiscono al CNGF anche le collezioni delle sedi di Forlì e Caserta che mantengono il germoplasma della tradizione regionale, recuperato attraverso indagini storico-documentali e prospezioni sul territorio, e duplicazioni di sicurezza di una parte delle vecchie ciliegie italiane. Le piante sono mantenute in pieno campo, così da essere sempre a disposizione per gli studi morfologici e genetici, le valutazioni agronomiche e la raccolta di materiale d’innesto da distribuire su richiesta. Parallelamente all’attività di conservazione in vivo e ad ulteriore garanzia contro perdite accidentali dovute a malattie o calamità naturali cui possono essere soggetti gli alberi in campo, il CREA-OFA ha di recente avviato un programma di duplicazione in vitro delle antiche varietà di origine italiana e/o dotate di caratteri di particolare interesse per azioni di miglioramento genetico. Per la natura ‘recalcitrante’ del ciliegio alla coltivazione in vitro, sono stati necessari studi specifici per ottimizzare le condizioni e i tempi di conservazione delle colture, che in alcuni casi hanno richiesto protocolli adattati alla singola varietà.

Al momento, 15 antiche varietà di origine romagnola candidate a far parte della Collezione Europea di ciliegio (vedi sotto) sono conservate nei laboratori di Forlì con la tecnica della crescita rallentata (slow growth), che consiste nel mantenere a bassa temperatura (4-5°C) e al buio le colture in vitro, rinnovate poi ogni 12-18 mesi. In futuro, così come avvenuto per altre specie frutticole, saranno prese in considerazione anche applicazioni della crioconservazione, tecnica che consente il mantenimento praticamente illimitato, in termini di tempo, del materiale vegetale a temperatura ultra-bassa (-196°C) propria dell’azoto in fase liquida, in assoluta sicurezza genetica e sanitaria.  

Foto 5 – Germogli di ciliegio allevati in vitro pronte per la conservazione in crescita rallentata (Foto: Nives Gimelli).  

La Collezione Europea di germoplasma di ciliegio 

Numerose collezioni europee, tra cui quelle del CREA, fanno parte del network European Cooperative Programme for Plant Genetic Resources (ECPGR), un Programma di collaborazione tra 37 Paesi europei nato nel 1980 con l’obiettivo di facilitare la conservazione, la gestione razionale e l’utilizzo delle RGV in Europa. Il programma è organizzato in 21 gruppi di lavoro (working groups, WG), tra i quali il Prunus WG, dal 2010 coordinato da CREA-OFA,  la cui missione è perseguire gli obiettivi del Programma ECPGR per le numerose specie che appartengono al genere Prunus, tra cui il ciliegio. Tra le ambizioni del Prunus WG, spicca quella di contribuire alla realizzazione di una Collezione Europea di ciliegio, rappresentativa della preziosa e ricca agro-biodiversità morfologica e genetica del ciliegio in Europa, che prevede la partecipazione delle collezioni nazionali dei Paesi aderenti al Programma ECPGR, impegnati a garantire la conservazione a lungo termine e la disponibilità di materiale di scambio di questo germoplasma. Grazie ai progetti EU.CHERRY e Prunus Alignment, finanziati da ECPGR e con i partners dell’azione COST FA1104, dedicata al ciliegio, numerosi esperti europei hanno collaborato ad attività finalizzate a questo scopo, selezionando in fase preliminare i caratteri morfologici e agronomici più utili alla descrizione delle varietà di ciliegio e i  marcatori molecolari più efficaci per l’esecuzione delle analisi genetiche. Centinaia di landrace europee, scelte dai partners sulla base del possesso di caratteri di pregio, sono state descritte accuratamente e sottoposte ad analisi di fingerprinting in un unico laboratorio.

Foto 6 – Le ciliegie sono molto apprezzate anche dagli uccelli: a volte il nocciolo è l’unica parte del frutto che rimane sull’albero! (Foto: Sandro Sirri) 

I profili molecolari ottenuti hanno consentito di individuare i casi di omonimia (varietà geneticamente diverse ma conosciute con lo stesso nome in diversi luoghi di coltivazione), sinonimia (varietà geneticamente identiche ma conosciute con nomi diversi in diversi luoghi di coltivazione) e gli errori di designazione che sono abbastanza comuni in tutte le collezioni di germoplasma. Le landrace con profilo molecolare unico, identificate con dati di passaporto (nome, origine, data di acquisizione, ecc.) e ben descritte per i caratteri della pianta e del frutto, sono ottime candidate a far parte della Collezione europea di ciliegio. L’inserimento dei dati raccolti nel catalogo europeo delle risorse genetiche vegetali EURISCO, coordinato e finanziato dal programma ECPGR, sarà l’ultimo dei passi necessari per includerle ufficialmente nella Collezione europea e renderle visibili al grande pubblico

Daniela Giovannini
Ricercatrice presso la Sede di Forlì del Centro Olivicoltura, Frutticoltura e Agrumicoltura

È responsabile delle attività di breeding del pesco e della conservazione, caratterizzazione e valorizzazione delle risorse genetiche frutticole. E’ attualmente membro del Comitato Scientifico di CREA-OFA. Coordina il gruppo di lavoro Prunus nell’ambito del Programma ECPGR (European Cooperative Programme for Plant Genetic Resources  e il gruppo di lavoro Apricot and Peach nell’ambito del network europeo EUFRIN (European Fruit Research Institutes)

#lafrase La mente è come un paracadute: funziona solo se si apre  (A. Einstein) 

Gianluca Baruzzi
Primo Ricercatore, Responsabile Sede di Forlì, CREA Centro di ricerca Olivicoltura, Frutticoltura e Agrumicoltura 

Conduce attività di ricerca principalmente riguardanti i settori del miglioramento genetico e della tecnica colturale di fragola, melo e pero. È costitutore numerose varietà di fragola, due di melo e una di pero. E’ membro del “Gruppo Europeo per le Risorse Genetiche Vegetali dei Piccoli frutti”. È responsabile del processo della “Certificazione delle piante di fragola”. 

Sabina Magnani

Responsabile delle attività tecniche di laboratorio “colture in vitro” presso la Sede di Forlì del Centro Olivicoltura, Frutticoltura e Agrumicoltura per il risanamento e mantenimento del germoplasma frutticolo in “crescita rallentata” e la produzione di piante madri di fragola per il processo Nazionale di Certificazione genetico-sanitaria. 

Sandro Sirri
Operatore tecnico presso la Sede di Forlì di CREA Centro di ricerca Olivicoltura, Frutticoltura e Agrumicoltura 

Collabora alle attività di breeding di pesco e pero presso la Sede di Forlì del Centro Olivicoltura, Frutticoltura e Agrumicoltura (CREA-OFA), di mantenimento in campo e caratterizzazione agro-pomologica delle collezioni di fruttiferi di CREA-OFA

#lafrase The measure of intelligence is the ability to change (A. Einstein)

Federica Brandi
Collaboratore di Ricerca presso la Sede di Forlì del CREA Centro di ricerca Olivicoltura, Frutticoltura e Agrumicoltura

Si occupa delle attività di sostegno alla ricerca e delle attività di breeding e selezione del pesco.

#lafrase Non ho alcun talento particolare. Sono solo appassionatamente curioso. (A. Einstein)  

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