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giovedì, 28 Marzo 2024

Orzo: un tesoro di agrobiodiversità

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Quanto realmente conosciamo l’orzo, uno fra i più importanti cereali al mondo? Estremamente adattabile ad ambienti molto diversificati e sorprendentemente eclettico nelle molteplici destinazioni d’uso, l’orzo, con il suo genoma relativamente semplice, è il cereale modello per gli studi di genomica. La diversità genetica presente nel suo germoplasma è fondamentale per passare dallo studio del genoma a quello del pangenoma, che idealmente considera tutte le varianti geniche plasmate dall’evoluzione, riscrivendo quindi il concetto di specie. 

L’orzo, quarto cereale per importanza a livello mondiale, si può definire un campione di agrobiodiversità, con la doppia peculiarità di essere estremamente adattabile ad ambienti di coltivazione molto diversificati e di avere molteplici destinazioni d’uso. Può essere quindi coltivato dal deserto alle montagne, dagli ambienti fertili ed irrigui alle zone aride e a bassa fertilità, è resiliente a stress biotici ed abiotici, adattabile a diversi sistemi colturali. Viene impiegato nell’alimentazione degli animali sia come foraggio che come componente chiave di mangimi. Rilevante è il suo impiego nell’industria del malto e della birra ed anche nell’alimentazione umana diretta. 

La storia dell’interazione tra l’uomo e questo cereale parte da lontano: data al Neolitico la sua domesticazione, avvenuta nella zona della Mezzaluna Fertile e segnata dalla selezione di varianti morfologiche utili, quali la spiga a rachide non fragile (Figura 1) e la maggiore dimensione del seme. Da quel momento, sfruttando la variabilità naturale o inducendo nuova variabilità attraverso l’incrocio, l’uomo ha trasformato una specie selvatica, quale è l’Hordeum spontaneum, in una coltura agraria fondamentale, presente in tutte le epoche storiche e ancora protagonista.

L’interazione tra uomo ed orzo è infatti tutt’ora attivissima a molti livelli, conoscitivi ed applicati. 

L’orzo, con il suo genoma relativamente semplice, è infatti il cereale modello per gli studi di genomica. La diversità genetica presente in germoplasma di orzo è fondamentale per passare dallo studio del genoma a quello del pangenoma, che idealmente considera tutte le varianti geniche plasmate dall’evoluzione, riscrivendo quindi il concetto di specie

La biodiversità dell’orzo ci serve per rispondere ai cambiamenti climatici ed all’evoluzione dei patogeni nel modo più rispettoso verso l’ambiente Terra (Figura 2). Tipi di orzo che siano in grado di sfruttare al meglio le risorse del suolo, quali il microbiota naturale, l’acqua ed i fertilizzanti, sono coerenti con un’agricoltura meno impattante sull’ambiente e contemporaneamente in grado di assicurare produzioni salubri e sufficienti per l’alimentazione mondiale.  

La biodiversità dell’orzo ci serve anche per rispondere ad esigenze molte specifiche. Ad esempio, l’industria birraria, che si fonda sull’impiego del malto, cioè orzo germogliato ed essiccato, ha la necessità di impiegare varietà di orzo con determinati livelli di proteine, zuccheri e metaboliti secondari. Le caratteristiche qualitative di un orzo da malto sono, quindi, molto diverse, addirittura opposte, rispetto ad un orzo destinato alla zootecnia. Diverse ancora sono le caratteristiche ideali di un orzo da impiegare per l’alimentazione umana diretta, per la quale sono preferibili  varietà a seme nudo, prive cioè dei rivestimenti esterni del seme (Figura 3).  

Grande attenzione viene ora riservata al contenuto in molecole ad azione positiva sulla salute umana. L’orzo, insieme all’avena, ha infatti una peculiarità qualitativa unica: la presenza di beta-glucani (zuccheri complessi) nella cariosside (Figura 4). Questi polisaccaridi sono i maggiori componenti della frazione solubile della fibra alimentare ed hanno una lunga e dimostrata serie di effetti benefici sulla salute umana, tra cui il contenimento dei livelli di colesterolo e di glucosio ematico. 

Al Centro di ricerca Genomica e Bioinformatica abbiamo una lunga tradizione nello studio ed impiego della biodiversità dell’orzo.  

Nel corso degli anni abbiamo conservato, implementato e caratterizzato una importante collezione di risorse genetiche di orzo, che comprende orzi selvatici e coltivati, popolazioni del passato e varietà moderne, ma soprattutto materiali genetici con particolari caratteristiche fisiologiche, morfologiche e qualitative (Figura 5).  

La collezione ci è servita come punto di partenza per programmi di miglioramento genetico, che ci hanno consentito di costituire varietà di orzo di successo, diffuse a livello nazionale ed internazionale e con ottimo market share (Figura 6). 

 Ci è servita, inoltre, per studiare le basi genetiche di caratteri agronomici, morfologici e qualitativi importanti, quali la resistenza alle basse temperature ed alla siccità, l’habitus di crescita, la resistenza a patogeni, le dimensioni del seme e determinanti dello sviluppo della spiga (Figura 7). 

In particolare, in relazione alla comprensione dei meccanismi di sviluppo della pianta e della spiga, la collezione dei mutanti morfologici del Centro di ricerca Genomica e Bioinformatica è un materiale genetico essenziale. Si tratta di una collezione che comprende più di 300 mutanti morfologici, cioè di tipi di orzo in cui, a causa di una o pochissime mutazioni nel DNA, si osservano cambiamenti drastici della spiga o di altri organi della pianta. Il semplice cambiamento di una base del DNA può quindi avere un grande impatto sulla morfologia della pianta, come si può osservare in Figura 8. L’aspetto di queste spighe mutanti è sorprendente per diversità di forme, ma si tratta pur sempre di orzo, in cui un piccolo cambiamento del genoma ha prodotto un grande cambiamento della morfologia. Questa collezione, iniziata nel secolo scorso da Michele Stanca, comprende sia mutanti unici, presenti in questa sola collezione, che mutanti condivisi con altre collezioni internazionali. Da sottolineare come si tratti, per lo più, di mutanti naturali, in cui la mutazione si è presentata spontaneamente. La pianta mutata è stata in seguito individuata, descritta e conservata. Si potrebbe pensare che questi mutanti siano solo curiosità botaniche, interessanti al massimo come piante decorative. La realtà è molto diversa: alcune di queste varianti morfologiche potrebbero potenzialmente rivoluzionare la pianta dell’orzo. Esempi in passato ne abbiamo già avuti: basti pensare alla pianta del frumento, resa più bassa e produttiva attraverso incroci con mutanti nani. Potremmo perciò vedere nel mutante “leafy lemma” (il primo di Figura 8, la cui spiga è dotata di foglioline addizionali) o nel mutante “seeded in hood” (che forma semi addizionali) rivoluzionarie potenzialità per l’orzo del futuro.  

L’agrobiodiversità racchiusa nelle collezioni di germoplasma è una fonte inesauribile di nuove opportunità. Ne sono esempi linee di orzo, recentemente ottenute dai tecnici del Centro di Genomica e Bioinformatica incrociando mutanti e varietà altamente produttive, che ci hanno colpito per l’altissimo contenuto in beta glucani del seme. Queste linee possono raggiungere un contenuto record di beta glucani pari al 20% del peso del seme: qualcosa di assolutamente inaspettato e prezioso per prodotti alimentari efficaci nel controllo del colesterolo e della glicemia. Sia l’EFSA (European Food Safety Authority), che l’FDA americana (American Food and Drug Administration) hanno infatti riconosciuto come il consumo di orzo, grazie alla presenza dei suoi beta glucani  riduca l’indice glicemico ed il livello di colesterolo, aumenti il senso di sazietà, migliori la digestione e sia associato ad una riduzione delle malattie coronariche, oltre che ad una stimolazione del sistema immunitario nei confronti di patogeni e forme degenerative (https://efsa.onlinelibrary.wiley.com/doi/epdf/10.2903/j.efsa.2011.2207). 

La disponibilità di varietà di orzo con un altissimo contenuto in beta glucani è quindi un prezioso alleato per la nostra salute. In accordo con le indicazioni dell’EFSA è necessario assumere in modo regolare almeno 3 grammi di beta glucani al giorno per sfruttare l’effetto benefico di queste fibre. Le linee di orzo ad altissimo contenuto rispondono bene a questa indicazione, poiché assicurano di poter raggiungere  ogni giorno la dose consigliata con un consumo giornaliero ragionevole di orzo, anche impiegando questo orzo in miscela con altri cereali per la preparazione di un ampio range di prodotti, inclusi pane e pasta. 


Valeria Terzi è in servizio presso il Centro di Ricerca per la Genomica e la Bioinformatica, CREA-GB, con la qualifica di Dirigente Tecnologo, I livello del Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’Analisi dell’Economia Agraria

Svolge attività di ricerca nei campi di interesse attinenti alla genetica e genomica delle piante agrarie, allo studio delle relazioni molecolari e fisiologiche pianta-ambiente, alla conservazione e genotipizzazione di risorse genetiche vegetali, all’impiego di approcci genetici e genomici a difesa della qualità, sicurezza ed autenticità entro filiere agroalimentari. 

#laFrase: Prosperitati publicae augendae (motto dell’Accademia dei Georgofili) 

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