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Crea per l’impresa/9 Camelina: la risorsa che non ti aspetti

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Spesso il passato può offrire risorse vegetali inaspettate alle imprese di oggi e di domani. E’ il caso della camelina,  utilizzata dall’uomo per millenni grazie alle sue proprietà fitoterapiche e all’elevato contenuto di  Omega 3 e 6 nonché di Vitamina E antiossidante.

 Si tratta di una pianta oleaginosa a basso impatto ambientale, che richiede poca energia e irrigazione ridotta, si adatta a svariati tipi di clima e di terreno, resiste a insetti, parassiti e a molte piante infestanti, consentendo così un limitato ricorso agli agrofarmaci. Scopriamo il progetto 4CE-MED, di cui il CREA Ingegneria e Trasformazioni Agroalimentari è partner,  che ne studia le caratteristiche e gli impieghi.

Camelina (Camelina sativa L. Crantz) è una coltura oleaginosa reintrodotta negli ultimi anni nell’areale del Mediterraneo, grazie alle sue caratteristiche di rusticità, minore utilizzo di input agronomici e al ridotto e adattabile ciclo colturale (da 90-240 giorni a seconda dell’epoca di semina). Questa coltura può essere seminata in autunno e può essere raccolta a fine maggio, in modo da consentire la semina di colture estive da reddito tipiche degli ambienti mediterranei come: girasole, sorgo, e soia. La rusticità di questa coltura permette la sua coltivazione in aree marginali e caratterizzate da condizioni climatiche limitanti, quali scarse risorse idriche, suoli particolarmente poveri di sostanza organica e ambienti caratterizzati da basse temperature.  Questa coltura produce semi di piccole dimensioni (peso di 1000 semi: 0,8-1,8 g) i quali possono contenere dal 35% al 45% di olio e fino al 32% di proteine, la composizione dell’olio è peculiare ed è caratterizzato da un elevato contenuto di acidi grassi omega-3 a forte azione antiossidante, come l’acido α-linolenico (fino al 35%) e i tocoferoli (vitamina E), a cui si associa una bassa percentuale di acido erucico (< 4%). L’utilizzo di questo prodotto include sia il settore food che quello non food: l’olio di camelina, infatti, può essere utilizzato per l’alimentazione umana e animale, ma il suo principale utilizzo è quello della produzione di biocarburanti e, in particolare, biocombustibili per il settore aereo (aviation fuels). Dall’estrazione dell’olio si ricava un panello (residui solidi e macinati ottenuti dalla spremitura meccanica dei semi, successivamente agglomerati insieme), contenente  una percentuale residuale di olio e proteine , che può essere integrata nell’alimentazione animale in sostituzione di quello di soia. Nell’ambito del progetto europeo 4CE-MED (finanziato dalla fondazione PRIMA), camelina è stata studiata come coltura intercalare da reddito: sono state testate diverse modalità ed epoche di semina, sia in semina su sodo, che minima lavorazione, rispettando i principi dell’agricoltura conservativa. Inoltre, sono state testate diverse modalità di raccolta per ottimizzare le rese e permettere un suo più semplice inserimento nelle rotazioni come intercalare.

Il progetto 4CE-MED

Il progetto 4CE-MED (Camelina: a Cash Cover Crop Enhancing water and soil conservation in MEDiterranean dry-farming systems) ha avuto come scopo principale quello di identificare sistemi agricoli adatti al modello di agricoltura conservativa nel Mediterraneo. L’individuazione di tali sistemi è avvenuta secondo un approccio partecipativo includendo vari attori della filiera, con particolare attenzione ai piccoli agricoltori. Il progetto include 11 partner provenienti da 7 Paesi diversi, tutti appartenenti all’areale Mediterraneo.

Il progetto 4CE-MED soddisfa tutti i principi dell’agricoltura conservativa (CA): 1) disturbo minimo del suolo e riduzione dell’erosione; 2) copertura vegetale permanente del suolo; 3) rotazioni colturali. Camelina può rappresentare una fonte di reddito aggiuntivo per gli agricoltori. Il seme, infatti, contiene una elevata quantità di olio di alta qualità con interessanti prospettive di mercato.

La sperimentazione

Camelina in virtù dei suoi molteplici utilizzi e delle opportunità di coltivazione desta molto interesse negli agricoltori, ma le ridotte dimensioni dei semi possono rappresentare un problema. Colture con semi di piccole dimensioni, per essere raccolte in maniera efficiente,  garantendo adeguate prestazioni delle macchine operatrici e ridotte perdite di seme, necessitano di un idoneo settaggio degli organi di raccolta. Ad oggi, non esistono macchinari dedicati alla raccolta di camelina, pertanto, è necessario adattare e settare al meglio le tecniche e macchine già presenti sul mercato e utilizzate per altre colture. Un ulteriore aspetto di interesse, collegato alla raccolta meccanica è quello della possibile riduzione del ciclo colturale. L’accumulo di olio nei semi di camelina raggiunge il picco tra i 7-15 giorni prima della completa maturazione della pianta,  fattore questo, che determina l’utilizzo di  pratiche agronomiche in grado di  ridurre il ciclo totale. , Dopo la raccolta della camelina, Infatti, si potrebbero seminare specie come soia o girasole, che, se venissero seminate dopo la raccolta eseguita a completa maturazione del seme, avrebbero un ciclo colturale troppo ridotto per garantire un’adeguata resa colturale. Da qui la necessità di trovare una soluzione di raccolta meccanica, alternativa alla trebbiatura diretta, che permetta di ridurre il ciclo colturale senza influenzare le perdite di seme. Il gruppo di ricerca del CREA Ingegneria e Trasformazioni si occupa da anni della valutazione dell’efficienza delle macchine agricole, soprattutto sulle colture NO-FOOD. L’obiettivo del CREA, uno dei partner italiani del progetto, è stato quello di condurre test sperimentali, in collaborazione con l’Università degli studi di Bologna, per valutare i costi e le performance, le perdite di seme e l’effetto sulla durata del ciclo colturale di camelina di due tecniche di raccolta: la trebbiatura diretta a maturazione completa (H1) e la raccolta in due fasi (H2): sfalcio e trebbiatura. Le prove sono state condotte presso l’azienda sperimentale di UNIBO, in località Cadriano (BO). La varietà di camelina utilizzata è stata Alba (fornita dall’azienda Camelina Company Espana, partner del progetto 4CE-MED) ed è stata seminata a fine ottobre mentre la raccolta è stata effettuata a fine maggio oppure nella prima decade di giugno, a seconda del trattamento (Tabella 1).

Per quanto riguarda il trattamento H2, lo sfalcio è stato effettuato utilizzando una barra falciante a lama singola (Fig. 1a) regolata in modo che il taglio avvenisse subito sotto la prima ramificazione ad un’altezza di circa 25 cm da terra (Fig. 1b); questa altezza di sfalcio è stata selezionata al fine di permette un maggiore ricircolo d’aria dell’andana e ne favorisce l’essicazione. Per la trebbiatura (sia in H1 che in H2) è stata utilizzata una mietitrebbia con testata da cereali di 3 m.

Figura 1 – a) trattore equipaggiato con barra falciante; b) altezza di taglio; foto andana c) mietitrebbia

I risultati ottenuti per la produzione di biomassa epigea e resa di seme sono evidenziati nella Tabella 1.

Tabella 1 – produzione di biomassa epigea

Nonostante la differenza nel quantitativo di biomassa tra i due trattamenti, la resa di seme non ha evidenziato differenze significative mostrando valori simili. Diversamente, la tecnica dello sfalcio e del successivo disseccamento in campo prima della trebbiatura ha permesso di ridurre il ciclo colturale di 7 giorni. Nel caso studio lo sfalcio (H2) è stato effettuato con un’umidità del seme del 40 %. A seguito della fase di andanatura (movimentazione del foraggio sfalciato per raccoglierlo in cumuli longitudinali detti andane) in campo, in soli sette giorni, si è raggiunta un’umidità del 7%, che è considerato un buon valore di umidità della granella per  prevenire marciume o muffa. La trebbiatura diretta (H1) è stata, invece, condotta ad un’umidità del seme del 12 % a seguito della completa maturazione della pianta.

Il cantiere di raccolta H2 ha, però, evidenziato costi di raccolta del 16 % superiori al trattamento H1 in quanto è necessario utilizzare due macchine operatrici (trattrice con falciatrice+ mietitrebbia), invece che solo una (mietitrebbia).

Successivamente alla raccolta di camelina è stata seminata soia, che ha riportato rese simili per entrambi i trattamenti (0.5 t/ha) seppur nel caso di H2 si sia anticipata di una settimana la semina della coltura estiva.

I risultati della prova comparativa sono riassunti in punti chiave analizzando vantaggi e svantaggi nella Tabella 2 e 3.

Tabella 2 – Trebbiatura diretta
Tabella 3 – Raccolta in due fasi

Risultati

  • Il Trattamento H2 (sfalcio+trebbiatura) ha determinato una riduzione del ciclo colturale della camelina senza effetti negativi sulla resa produttiva e ha permesso di raggiungere il valore target di umidità del seme per la trebbiatura con 7 giorni in anticipo.
  • La possibilità di ridurre il ciclo produttivo della camelina è un fattore determinante e influenza fortemente la possibilità di utilizzarla con una coltura secondaria da reddito (ad esempio la soia) nelle rotazioni caratteristiche del Mediterraneo.
  • È importante prestare particolare attenzione alla problematica della raccolta meccanica; infatti, una corretta regolazione della falciatrice e della mietitrebbia è fondamentale per un’efficiente essiccazione e raccolta della coltura.

Hanno contribuito alle prove sperimentali e alla stesura dell’articolo anche il Dr Luca Cozzolino e il Dr Luigi Pari, responsabile del gruppo di ricerca, del CREA-IT.

Simone Bergonzoli
Ricercatore CREA Centro ingegneria e trasformazioni alimentari, sede di Monterotondo (Roma)

Laureato in scienze agrarie e dottore di ricerca in meccanica agraria.

Federica Zanetti
Professoressa associata, Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari, Alma Mater Studiorum, Università degli studi di Bologna

Andrea Monti
Professore ordinario, Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari, Alma Mater Studiorum, Università degli studi di Bologna.

Sara Berzuini
Assegnista di Ricerca, Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari, Alma Mater Studiorum Università degli studi di Bologna.

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