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mercoledì, 11 Dicembre 2024

Drupacee: una sfida vinta a metà 

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Cambiamenti climatici e malattie stanno assestando un duro colpo alla produzione di pesche, albicocche e ciliegie. È necessario, quindi, trovare soluzioni alternative per poter far fronte a queste sfide e le TEA possono rappresentare un’opportunità per rispondere in modo tempestivo ed efficace, riducendo il tempo necessario per ottenere nuove varietà, attraverso un intervento mirato su geni di interesse. Cosa sta facendo la ricerca? Le TEA stanno ottenendo risultati positivi anche per le drupacee?   

La produzione mondiale e italiana di pesche e albicocche è fortemente in calo, a causa di diversi fattori, fra cui malattie e problematiche legate ai cambiamenti climatici (siccità, gelate tardive e inverni troppo miti). Per far fronte a questa situazione devono essere fornite risposte immediate come l’ottenimento di nuove varietà. 

Ciliegie, albicocche e pesche: produzione in calo nell’ultimo decennio 

Negli ultimi dieci anni sul territorio nazionale si è assistito ad un calo della produzione delle principali drupacee, che va dal 10 % per le ciliegie al 25 % per pesche e albicocche (Fig. 1). Inoltre, mentre per il pesco la riduzione della produzione corrisponde ad una riduzione del 20 % delle superfici coltivate (Fig.2) per le altre produzioni non c’è una correlazione diretta. 

Figura 1
Figura 2

Oggi, il miglioramento genetico rappresenta un’importante risorsa per migliorare il prodotto e ottenere varietà di qualità, appetibili per il mercato e che siano produttive nonostante i cambiamenti climatici che con inverni miti, gelate tardive e siccità influenzano negativamente la produzione e la redditività delle colture. 

Le attuali conoscenze genetiche e la disponibilità dei genomi sequenziati di pesco, albicocco e ciliegio, consentono di poter utilizzare in queste specie le Tecniche di Evoluzione Assistita (TEA) che includono la cisgenesi e i metodi avanzati per la modifica del genoma o genome editing. Rispetto ai metodi di miglioramento genetico convenzionali, le TEA possono ridurre enormemente il tempo necessario per ottenere nuove varietà, attraverso un intervento mirato su geni di interesse, che di fatto rende queste mutazioni indistinguibili da quelle che si verificano in natura.

Figura 3 – Confronto fra le TEA e il miglioramento genetico convenzionale 

 

Nelle piante il miglioramento genetico convenzionale si basa su ripetuti cicli di incrocio e selezione dei semenzali (ndr piantina appena nata dal seme) alla ricerca degli individui che presentano le caratteristiche desiderate, come la resistenza alle malattie. Nelle drupacee (pesco, ciliegio e albicocco) questo processo ha una durata di almeno 15 anni a causa della giovanilità, periodo in cui le piante non producono frutti, che può durare molto a lungo e richiede l’impiego di ingenti risorse di tempo, spazio, personale e denaro. Anche l’introduzione di resistenze da specie affini, con caratteristiche pomologiche deleterie, dilata fortemente i tempi. Con le TEA una nuova varietà può essere ottenuta già dopo il primo incrocio. 

Figura 4 – Durata periodo giovanile nelle drupacee 

Negli ultimi 5 anni, diversi studi riportano l’applicazione delle TEA al miglioramento genetico degli agrumi, della vite e del melo, con particolare riferimento all’introduzione della resistenza a stress biotici e abiotici, alle caratteristiche del frutto come l’arricchimento in composti nutraceutici, mentre per le drupacee, al momento, non esistono studi in cui siano stati ottenuti genotipi con queste nuove metodologie.  

L’applicazione della TEA richiede da un lato la disponibilità genomica della specie di interesse e la conoscenza dei geni su cui si vuole intervenire, dall’altro la capacità di modificare poche cellule vegetali (trasformazione) da cui si ottiene l’intera pianta (rigenerazione). 

Per le drupacee la disponibilità di numerosi genomi sequenziati ha consentito a gruppi italiani e stranieri di disegnare e progettare le forbici molecolari (CRISPR/Cas) dotate di un preciso navigatore satellitare (gRNA), che permettono di agire su alcune caratteristiche importanti come la resistenza alla Sharka, la fioritura precoce e il portamento colonnare. Grazie a queste informazioni sono stati sviluppati gli strumenti molecolari in grado di: 

  • modificare i geni della pianta affetta da Sharka e che sono necessari al virus per moltiplicarsi. La Sharka è tra le più gravi malattie che colpiscono il pesco e per la quale non esistono fonti di resistenza. 
  • superare le problematiche legate alla giovanilità mediante lo spegnimento di un repressore fiorale con la conseguenza di accelerare la fioritura e di ridurre drasticamente il tempo improduttivo
  • ottenere il portamento colonnare, più efficiente nella captazione della luce con conseguente aumento della produzione e migliore qualità dei frutti e adatto alla raccolta meccanizzata e a coltura intensiva. Lo stesso strumento è stato impiegato sia in pesco che in albicocco che in ciliegio.  

La disponibilità di protocolli efficaci ed efficienti di trasformazione e rigenerazione in vitro rappresenta il fattore limitante per l’applicabilità delle TEA nel genere Prunus, che raccoglie in sé le drupacee. 

L’Agrobacterium tumefaciens è il batterio responsabile di una malattia nota come tumore del colletto. In natura, è in grado di trasferire nelle cellule della pianta che ha infettato, porzioni del proprio DNA, integrandole nel genoma della stessa. Le TEA, eliminando i geni alla base della malattia e sostituendoli con i geni di interesse, sfruttano questo meccanismo per modificare in modo puntuale il genoma delle cellule vegetali.   

Figura 5 – Apici di albicocco infettati con Agrobatterio recante una proteina fluorescente (GFP). Sulla destra gli apici illuminati da luce naturale e sulla sinistra gli stessi illuminati con lampada a fluorescenza che evidenzia la porzione di apice in cui è avvenuto l’ingresso del batterio 

L’ottenimento di piante TEA è condizionato, però, anche dalla rigenerazione, cioè dalla capacità delle piante di rigenerare un nuovo individuo da un ristretto numero di cellule. La condizione che deve realizzarsi è che le cellule in cui si è integrata la nuova informazione genetica siano in grado di dare luogo ad un germoglio che, nelle opportune condizioni di coltura, sia in grado di accrescersi, moltiplicarsi, radicare, ossia, in altre parole, di dare origine ad una nuova pianta.  

Il genere Prunus, e soprattutto il pesco più di altre specie, è uno dei più recalcitranti alle manipolazioni a causa di ciò si riscontra una limitata disponibilità di sistemi di rigenerazione e trasformazione efficienti la cui validità dipende da molti fattori come la cultivar utilizzata, le condizioni di coltura, il tipo di tessuto vegetale considerato e l’identificazione di genotipi di Agrobacterium competenti al trasferimento genico. 

Negli ultimi anni sono stati fatti notevoli progressi nella rigenerazione in vitro sia da piccioli, foglie, calli di cellule indifferenziate (tessuti somatici) che derivati da seme (zigotici), in Italia e all’estero. Nonostante questo, la probabilità di ottenere piante modificate resta ancora molto bassa e ad oggi le uniche specie in cui è stato raggiunto un risultato stabile sono susino europeo e cinogiapponese

Figura 6 – Rigenerazioni da tessuti somatici di albicocco (sinistra) e da cotiledoni di pesco (destra) 

Vista l’importanza economica delle drupacee, sia a livello nazionale che mondiale, l’interesse all’individuazione di protocolli di trasformazione e rigenerazione efficienti rimane alto, anche al fine di rispondere al mondo produttivo che chiede lo sviluppo di varietà resistenti alle gelate e alla siccità. 

Sabrina Micali

Si occupa di genetica e genomica di specie da frutto. Ha partecipato al refinement della sequenza del pesco (Peach v2.0) e in Biotech-BioSOSFru lavora sull’inserimento in pesco di resistenze a stress biotici tramite l’uso delle nuove biotecnologie.

#lafrase: La vera scienza ci insegna a dubitare e, nell’ignoranza, ad astenerci. (Claude Bernard)

Simona Monticelli
Ricercatrice del CREA Olivicoltura, Frutticoltura e Agrumicoltura

Si occupa di micropropagazione e coltura in vitro delle piante arboree da frutto. Ha collaborato a numerosi progetti nazionali e internazionali. Ha svolto ricerche sull’applicazione della coltura in vitro per la conservazione dell’agro-biodiversità e sull’applicazione delle Tecniche di Evoluzione Assistita (TEA) per incrementare la sostenibilità delle produzioni nelle specie del genere Prunus

#lafrase So di non sapere (Socrate)

Elisa Vendramin
Ricercatrice del CREA Olivicoltura, Frutticoltura e Agrumicoltura

Si occupa di genetica e genomica delle piante arboree da frutto. Ha collaborato a numerosi progetti nazionali e internazionali. Ha partecipato al consorzio internazionale che ha ottenuto e pubblicato la sequenza del genoma del pesco e all’applicazione delle Tecniche di Evoluzione Assistita (TEA) per incrementare la sostenibilità delle produzioni nelle specie del genere Prunus

#lafrase Nell’ambito dell’osservazione scientifica, il caso favorisce soltanto la mente preparata (Pasteur) 

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