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Tecnologie di Evoluzione Assistita: l’excalibur per le sfide dell’agroalimentare?

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Come accrescere le produzioni nel Terzo Millennio, consumando di meno

La pratica di selezionare colture ed allevamenti con proprietà genetiche particolari risale agli albori della nostra civiltà, quando, circa dodicimila anni fa, in Medio Oriente, si venivano a formare le prime comunità umane stanziali, capaci di coltivare le piante utili a nutrirsi. Tuttavia, solo nel secondo dopoguerra del XX secolo (anni ’70), la tecnologia faceva un salto sensibile, riuscendo a cambiare profondamente le tradizionali colture, modificandone il patrimonio genetico, mediante l’introduzione di geni provenienti da altre specie, ottenendo degli organismi geneticamente modificati (OGM). Una normativa europea sugli OGM veniva introdotta sin dall’inizio degli anni ’90, per proteggere la salute dei cittadini e l’ambiente. Ad oggi, in Italia,è vietato l’utilizzo degli OGM nella produzione agricola, nell’allevamento zootecnico (tranne che per l’utilizzo di farmaci di origine biotecnologica) e nella trasformazione alimentare.

A partire dagli anni 2000 a seguito del brillante studio che ha portato all’attribuzione del premio Nobel per la chimica a due donne: le ricercatrici Jennifer Doudna e Emmanuelle Charpentier – si sono sviluppate le nuove tecniche genomiche (NGT) tra le quali l’editing del genoma, la cisgenesi, l’intragenesi, l’RNA interferente e il reverse breeding, gruppo di tecniche afferenti alla grande famiglia delle Tecnologie di Evoluzione Assistita (TEA). Tutte queste tecniche hanno reso possibile restringere il campo d’azione solamente ai geni di interesse o a singole basi del DNA genetico della coltura stessa (dunque senza immissione di geni “estranei”), ottenendo – in maniera molto più rapida e precisa – risultati che sono, di fatto, l’evoluzione moderna di ciò che si sarebbe ottenuto per mutazione spontanea o per incrocio e, dunque, privi di effetti indesiderati.

Le nuove sfide del settore agricolo 

In un mondo che, dal gennaio di quest’anno ha superato gli 8 miliardi di abitanti, le sfide che il settore agricolo è chiamato ad affrontare in tema di sostenibilità produttiva ed ambientale – anche alla luce del Green Deal europeo e delle strategie “From farm to fork” e “Biodiversità” – impongono la ricerca di nuove tecniche e di metodi di coltivazione finalizzati al miglioramento genetico delle piante, al fine di renderle più resistenti alle infezioni da parassiti, meno bisognose di prodotti fitosanitari e in grado minimizzare l’utilizzo delle risorse idriche e dei fertilizzanti.  “Produrre di più con meno” è dunque la scommessa chiave del futuro, anche in termini di sostenibilità economica per le imprese del settore.

A fronte di tali decisive sfide – ed in considerazione del consolidato cambiamento climatico in grado di arrecare potenziali danni irreversibili all’agricoltura ed ai sistemi agroalimentari – l’applicazione in campo agricolo delle TEA si rivela oggi forse l’unica preziosa risorsa in grado di riscrivere le regole del breeding vegetale, al servizio di una produzione ambientalmente più sostenibile ed economicamente più vantaggiosa, senza comportare particolari rischi. Infatti, mentre gli OGM prevedono l’inserzione nel genoma originario di sequenze di geni di altre specie di piante o anche di animali – introducendo cioè DNA estraneo e creando così organismi transgenici – le TEA consentono la modifica del genoma, ma senza inserimento di geni “estranei”, provenienti cioè da altre specie, con il risultato finale di costituire degli organismi cisgenici.

Le TEA: editing del genoma e cisgenesi  

La grande innovazione delle TEA è costituita dalla tecnica del genome editing, cioè dalla possibilità di modificare il genoma, conseguente alla scoperta del sistema CRISPR. La tecnica di editing del genoma più nota è denominata infatti CRISPR/Cas9 (Clustered Regularly Interspaced Short Palindromic Repeats /Cas = Brevi ripetizioni palindrome raggruppate e separate a intervalli regolari /associate), in quanto utilizza proprio la proteina Cas9. Tale tecnica è stata scoperta nel 2012 da Emmanuelle Charpentier e Jennifer Doudna, vincitrici del Premio Nobel per la chimica nel 2020.

Mediante l’editing del genoma si può introdurre in una varietà di specie coltivata una qualsiasi mutazione favorevole, senza inserire geni “estranei” ed evitando le tradizionali, lunghe pratiche di incrocio e di reincrocio: l’unica mutazione introdotta è solo quella che si desidera ottenere. Le coltivazioni modificate con l’editing del genoma prevedono, infatti, alterazioni “chirurgiche” del DNA della pianta, ottenute con tecniche di estrema precisione, che consentono di modificare, aggiungere o rimuovere porzioni di genoma nei soli punti desiderati: tale tecnica si sfrutta, ad esempio, per mettere a tacere alcuni geni, che rendono una pianta vulnerabile alla siccità o ad una certa malattia.

La mutagenesi casuale consiste nell’accelerare il ritmo delle mutazioni genetiche spontanee degli organismi viventi. Si tratta di piccole modifiche operate solo all’interno del patrimonio genetico della specie, che permettono di ottenere in pochi mesi in laboratorio varietà selezionate di piante: le stesse che sarebbe stato possibile ottenere in molti anni, incrociando piante soggette a mutazioni genetiche naturali, selezionate in base alle caratteristiche più desiderabili, così come fanno gli agricoltori da millenni. Così, la cisgenesi – che a differenza della transgenesi introduce solo geni nativi- produrrà un organismo simile a quello che si otterrebbe con l’incrocio, avendo però il vantaggio di consentire una drastica riduzione dei tempi necessari per giungere alla varietà desiderata. In virtù di questa peculiarità, essa non è considerata potenzialmente rischiosa né per la salute umana e animale, né per l’ambiente.

È utile nuovamente sottolineare che le varietà ottenute attraverso la cisgenesi, non sono, tecnicamente, OGM (regolati dalla Direttiva 2001/18/CE) e risultano, inoltre, indistinguibili, analiticamente, dai corrispondenti organismi non cisgenici.

Il quadro normativo 

Sul versante normativo, il Parlamento europeo, con la risoluzione del 25.02.2014, si era espresso a favore delle nuove tecnologie genomiche ed aveva biasimato il ritardo della Commissione nel chiarire il loro stato giuridico, ribadendo tale preoccupazione nella risoluzione dell’11.03.2014: “Il futuro del settore ortofrutticolo – Strategie per la crescita”. Nel luglio del 2018, una decisione della Corte di Giustizia Europea aveva però assimilato le nuove tecniche di miglioramento genetico agli Ogm (rendendole soggette alle regole dettate dalla Direttiva 18/2001/CE) ed impedendo conseguentemente il loro utilizzo in campo nei Paesi dell’Unione Europea. Tuttavia, la comunità scientifica continuava (e continua) a chiedere di esentare le TEA dall’applicazione della normativa 18/2001, in quanto a differenza della transgenesi, la mutagenesi è un insieme di tecniche che consentono di modificare il genoma senza inserire DNA estraneo. Nei prossimi mesi è attesa una proposta della Commissione Europea di revisione della direttiva 18/2001 ed una recente pronuncia della Corte di Giustizia Europea (nella causa C-688/2, pubblicata il 7 febbraio scorso) – pur molto articolata ed a tratti contraddittoria – sembra far intravedere dei sostanziali cambiamenti, che potrebbero domani aprire alla produzione di colture rese resistenti dalle TEA. Nel mondo, già diversi Paesi – Stati Uniti, Canada, Sudamerica, Giappone, Regno Unito – hanno liberalizzato l’uso delle TEA in campo e, dunque, per l’Europa e per l’Italia, verrebbe a ridursi drammaticamente la competitività dell’agricoltura nel contesto internazionale. Per di più, alcuni Paesi europei – come Belgio, Svezia e Spagna – con propria legislazione, hanno iniziato la sperimentazione in campo di colture ottenute con le TEA.

La ricerca e sperimentazione del CREA 

La nostra agricoltura deve oggi fronteggiare sfide epocali, quali i cambiamenti climatici, nel quadro degli obiettivi del Green Deal europeo, come la forte e rapida riduzione dell’uso dei fitofarmaci e dei fertilizzanti. Per vincerle, servono nuove varietà di piante, in grado di assicurare al contempo produttività, resilienza e sostenibilità ambientale, garantendo altresì quella qualità e tipicità che hanno reso il nostro Made in Italy agroalimentare riconoscibile ed ammirato sui mercati di tutto il mondo.

In questo contesto, il miglioramento genetico con le TEA diventa un obiettivo strategico dell’agricoltura del nostro Paese, per poter produrre nuove varietà, più adatte alle diverse condizioni climatiche, con tratti qualitativi innovativi, resistenti agli agenti nocivi biotici ed abiotici, alle vecchie e nuove patologie, capaci di utilizzare in modo più efficiente e sostenibile l’acqua e gli elementi nutritivi disponibili. Per raggiungere questo obiettivo, oggi fondamentale ed irrinunciabile, occorre una ricerca avanzata, basata su tecnologie di miglioramento genetico all’avanguardia.

Il CREA è convinto che la scommessa con il futuro può e deve essere vinta, ma necessita di un forte investimento in ricerca: oggi, in particolare, in quella genomica e biotecnologica. I ricercatori del CREA hanno da tempo posto la loro attenzione sulle potenzialità di queste nuove tecnologie, sia per motivi squisitamente scientifici, che per saggiarne tutte le potenzialità operative. Conoscere a fondo una nuova tecnologia significa padroneggiarla, capirla, tracciarla, anche per poterne prevenire potenziali rischi ed eventuali azioni fraudolente. I centri di ricerca del CREA potranno applicare le nuove biotecnologie, al fine di innalzare la qualità vegetativa e produttiva delle piante, nonché la loro sostenibilità ambientale. 

Il CREA ha già accumulato una notevole esperienza nel settore: negli ultimi 5 anni ha coordinato il progetto BIOTECH – un investimento da 6 milioni di euro – finalizzato soprattutto all’applicazione delle Tecniche di Evoluzione Assistita all’agricoltura italiana. BIOTECH ha sviluppato un know-how diffuso mediante oltre 25 laboratori di ricerca dedicati a sviluppare le TEA su circa 15 specie diverse. Grazie a BIOTECH l’Italia potrà affrontare l’auspicata apertura europea alle TEA, con importanti conoscenze scientifiche consolidate e significativi risultati già potenzialmente testabili in campo. Tra i casi più interessanti c’è quello dei pomodori resistenti alla germinazione delle piante parassite, del frumento duro non attaccabile dalle malattie fungine e – in termini di qualità – le uve e le melanzane senza semi o le arance arricchite di sostanze antiossidanti. Ancora, sono da citare i risultati ottenuti sulle viti, per le quali viene utilizzata quasi la metà dei fungicidi impiegati in Europa, al fine di difenderne le colture. Le viti resistenti a oidio sono infatti facilmente ottenibili attraverso il genome editing, agendo sul gene MLO. E ci sono vari geni di resistenza alla peronospora, che possono essere trasferiti dalla vite selvatica a quella coltivata attraverso cisgenesi, tutti ambiti nei quali si potrebbe velocemente intervenire all’indomani delle attese modifiche normative, che consentiranno la traslazione della sperimentazione dal laboratorio al campo.

Conclusioni 

Negli ultimi venti anni, la Scienza ha compiuto straordinari progressi nella tecnica genomica, nel rigoroso rispetto delle caratteristiche della specie interessata, e tuttavia in alcuni Paesi la legislazione è rimasta pressoché immutata.  

Nelle more dell’adozione di una nuova normativa UE in materia di produzione di colture mediante l’applicazione delle TEA, è indispensabile che il nostro Paese assuma un’iniziativa nazionale per consentire l’avvio della sperimentazione in campo degli organismi ottenuti dalle tecniche di evoluzione assistita. Oggi, infatti, il nostro Paese è normativamente frenato: non è attualmente consentita la sperimentazione in campo e le piante ottenute con le TEA non possono uscire dai laboratori. Recentemente, è stata presentata  nel nostro Parlamento una norma  di legge finalizzata a rimuovere questo blocco nella sperimentazione, per far sì che l’Italia non rimanga indietro agli altri Paesi, né dal punto di vista legislativo né da quello scientifico.

Tale novità normativa è tanto più urgente ed indispensabile in quanto l’immissione in commercio dei prodotti ottenuti tramite l’editing del genoma richiede anni di ricerca e sperimentazione, attività propedeutiche indispensabili per poter giungere poi a produrre e a commercializzare i prodotti.

Il grande letterato irlandese George Bernard Shaw, vincitore sia del premio Oscar che del Nobel, ammoniva: “Dio ci ha regalato un Mondo che solo la nostra follia ci impedisce di trasformare in Paradiso”. Facciamo sì che – anche con l’impegno dello studio e della ricerca – quella previsione non si avveri!

Prof. Carlo Gaudio, 
Presidente del CREA

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