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venerdì, 26 Aprile 2024

Vite: il primato italiano

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Per preservare il patrimonio della viticoltura italiana in un contesto ambientale estremamente mutevole, lo sviluppo delle tecniche di Evoluzione Assistita (TEA) per il miglioramento genetico sostenibile è diventato un imperativo ineludibile per ottenere vigneti di alta qualità, resilienti agli stress e a basso impatto anche per l’uomo e gli animali.

L’Italia e il CREA in particolare sono all’avanguardia negli studi e ricerche per l’applicazione e l’ottenimento di varietà migliorate di vite.

La viticoltura in Italia riveste un’importanza fondamentale sia dal punto di vista storico che economico rappresentando un patrimonio inestimabile, un connubio tra tradizione, territorio, economia e cultura. È un settore che merita di essere preservato, sostenuto e promosso, poiché contribuisce in modo significativo al prestigio del Paese e alla sua identità nel mondo. Per preservare al meglio questo patrimonio nazionale bisogna tenere in considerazione che il cambiamento climatico rappresenta una minaccia sempre più pressante per la viticoltura in tutto il mondo, compresa l’Italia. Questo fenomeno globale ha conseguenze dirette sulla coltivazione della vite e sulla produzione di uva di qualità, con un impatto che è strettamente correlato alla capacità di sviluppare nuove pratiche a ridotto impatto ambientale. L’agricoltura sostenibile è diventata quindi un imperativo e le pratiche agricole tradizionali dovranno essere adattate per ridurre l’impatto ambientale e per mitigare gli effetti del cambiamento climatico, attraverso investimenti in ricerca, tecnologie innovative e pratiche agricole che favoriscano vigneti resilienti agli stress e a basso impatto anche per l’uomo e gli animali.

Le sfide che ci attendono

Fra le strategie di adattamento al cambiamento climatico, lo sviluppo di genotipi migliorati, che siano resilienti agli stress ambientali, rappresenta una delle soluzioni attualmente disponibili più importanti. La difficoltà nell’applicazione del miglioramento genetico in viticoltura è principalmente legata a due fattori, da un lato la necessità di dover attendere lo sviluppo di lunghi stadi giovanili in cui la pianta non produce frutti e dall’altro la perdita delle caratteristiche peculiari della varietà originale che si intende migliorare. Quest’ultimo aspetto risulta fondamentale per la diffusione sul territorio della nuova varietà ottenuta poiché, non potendo mantenere il nome originale, non sarà utilizzabile, se non in piccole quantità, nei disciplinari che regolano la produzione di vini noti e ricercati dai consumatori.

In questo frangente, l’applicazione delle Tecnologie di Evoluzione Assistita (TEA) potrà fornire un nuovo strumento in grado di rivoluzionare il miglioramento genetico in viticoltura. Infatti, con l’applicazione di queste tecnologie le modifiche introdotte nei genomi delle piante sono minime, se confrontate con quelle derivanti dalle strategie di miglioramento genetico tradizionale. Nel caso delle TEA si va infatti ad introdurre modifiche mirate, senza riorganizzare l’assetto genetico della pianta e preservando quindi le caratteristiche peculiari che contraddistinguono ciascuna varietà. Questo significa che le nuove varietà si discosteranno dall’originale per modificazioni fenotipiche minime, o addirittura nulle, ascrivibili normalmente alla registrazione di un nuovo clone che mantiene lo stesso nome della varietà da cui derivano. Risulta quindi chiaro che le piante ottenute con queste tecnologie potrebbero mantenere il loro appellativo originale con la chiara conseguenza che risulterebbero automaticamente utilizzabili nei disciplinari delle varie denominazioni di origine (DOCG, DOC, IGT, ecc…), giovandosene, oltretutto sotto il profilo della sostenibilità.

Anche l’applicazione delle TEA presenta alcune difficoltà e fra questa va considerata la necessità di ottenere del tessuto molto particolare, noto come callo embriogenico, che in maniera simile alle cellule staminali degli animali, è in grado di ricreare una nuova pianta a partire da una o poche cellule.

Parliamo di difficoltà perché l’ottenimento di un buon quantitativo di callo embriogenico richiede un ingente lavoro da parte dei ricercatori: questo tipo di tessuto viene infatti ottenuto a partire da espianti specifici, ossia il filamento delle antere e gli ovari dei fiori. Ne consegue quindi che la possibilità di raccogliere questo tipo di espianti è limitata alla presenza di fiori di uno specifico genotipo di interesse, i quali devono essere in un particolare stadio di sviluppo, che è di solito limitato a 10-15 giorni all’anno. Inoltre, la capacità di questi espianti di generare callo embriogenico è ridotta, comportando la necessità di dover raccogliere migliaia di espianti per ottenere materiale sufficiente per i successivi processi.

L’applicazione delle TEA in Italia

In tale contesto, l’Italia può vantare risultati di spicco a livello mondiale e il CREA , con il suo Centro di Viticoltura ed Enologia, può, dal canto suo, celebrare di aver raggiunto risultati di rilievo con lo sviluppo di protocolli specifici e uno sforzo massivo che hanno permesso di ottenere callo embriogenico di varietà di interesse nazionale, come ad esempio Sangiovese e Glera, e internazionale, come Chardonnay e Pinot noir. Inoltre, grazie allo sviluppo di un approccio simil-cisgenico (BOX 1) il CREA Viticoltura ed Enologia (CREA-VE) ha trasformato e rigenerato questi genotipi, ottenendo svariati cloni editati che verranno valutati, in condizioni di laboratorio, durante l’anno 2023.

I cloni ottenuti sono stati editati per meglio tollerare gli stress connessi al cambiamento climatico e, in particolare, per la tolleranza ai patogeni (con particolare riferimento a peronospora e oidio) e allo stress idrico. Proprio su quest’ultimo punto, in seguito alla carenza idrica registrata in questi anni, il Centro ha anche sviluppato alcune linee editate di portinnesto (al momento sono disponibili cloni del genotipo 110 Richter e sono in fase di sviluppo cloni per il genotipo Kober 5BB) che possano fornire una piattaforma funzionale per quei genotipi che più difficilmente generano callo embriogenico e si adattano alle procedure per la trasformazione. In questo modo, grazie all’identificazione di geni che hanno una funzione sistemica, le modifiche introdotte nel portinnesto saranno in grado di influenzare anche il nesto, donandogli una maggiore tolleranza allo stress idrico.

Sul fronte dei risultati ottenuti in Italia, il CREA-VE può vantare di aver sviluppato, oltre alla tecnologia dell’editing, anche le metodiche necessarie all’applicazione della cisgenesi, ossia quel processo per cui geni presenti in specie sessualmente compatibili di vite vengono trasferiti in varietà di vinifera di elevato interesse. Questo processo è assimilabile a quello che si otterrebbe con gli approcci di miglioramento genetico, ma evitando il riarrangiamento genomico e il trasferimento di sequenze non volute che spesso comportano un’influenza negativa sulle qualità organolettiche di uva e vino. In particolare, il Centro, grazie alla collaborazione con l’Istituto di Genomica Applicata (IGA), ha potuto applicare le tecnologie sviluppate per trasferire un gene di resistenza alla peronospora (Plasmopara viticola) nelle varietà Chardonnay e Sangiovese. Le piante ottenute sono attualmente in fase di analisi e caratterizzazione per verificare se i caratteri trasferiti hanno migliorato la tolleranza al patogeno.

Infine, come ultimo risultato di rilievo ottenuto in Italia, sempre dal CREA, va ricordato lo sviluppo di varietà di uva da tavola apirene. Questo carattere, altamente apprezzato dai consumatori, è legato a una specifica modifica che causa l’aborto del seme e quindi un frutto privo di semi. Alcune delle varietà più ricercate per il loro profilo aromatico, come Italia e Victoria che non posseggono questo carattere si trovano a competere sul mercato con altre varietà, meno aromatiche, che risultano invece apirene e quindi apprezzate dai consumatori. La possibilità di ottenere cloni di uva Italia e Victoria senza semi darebbe un nuovo impulso alla diffusione di queste varietà, favorendone la commercializzazione in Italia e nel mondo. A tale scopo e grazie ad una collaborazione con l’Università degli Studi di Verona, il CREA ha iniziato a lavorare su questo obiettivo utilizzando la tecnologia dell’editing da protoplasto (BOX 1) e sta iniziando a valutare i risultati sui cloni rigenerati che ad oggi sono più di 200.

Qual è lo stato di applicazione delle TEA in viticoltura nel mondo e in Italia?

Ad oggi, lo sviluppo di piante di vite in seguito ad applicazione delle TEA è per lo più limitato allo studio preliminare delle tecnologie per migliorarne lo sviluppo dei processi e per ottimizzare i protocolli. Dal punto di vista scientifico, i ricercatori italiani spiccano, insieme ai ricercatori cinesi, per la produzione di piante in cui è stato applicato l’editing genomico tramite l’inserimento in maniera stabile di un frammento di DNA nel genoma della pianta. Questa metodica porta allo sviluppo di piante che vengono considerate organismi geneticamente modificati (OGM) in quanto la proteina deputata all’editing genomico viene inserita stabilmente nel genoma della pianta. L’unica strategia per eliminare tale proteina sarebbe quella di intraprendere processi di incrocio, che riporterebbero, però, alla problematica dei tempi lunghi e a quella del cambio del nome della nuova varietà ottenuta.

Ampliare gli orizzonti per preservare il patrimonio vitivinicolo nazionale

Dal punto di vista della ricerca di base, il primato per lo sviluppo di approcci utili all’applicazione delle nuove tecnologie per il miglioramento genetico della vite è conteso tra i ricercatori italiani e quelli cinesi. Tuttavia, l’Italia risulta essere il paese più attivo dal punto di vista dello sfruttamento delle TEA per lo sviluppo di varietà migliorate di vite, con un ruolo di preminenza del CREA che, insieme ad altri centri di ricerca e Università, sta portando avanti questo tema da diversi anni. Il lavoro fatto fino ad ora, e i cloni ottenuti, sono soltanto il primo passo verso uno sviluppo più ampio di queste tecnologie finalizzate ad aiutare la viticoltura italiana a preservare quegli aspetti di tipicità e tradizione che la caratterizzano e la rendono unica nel panorama mondiale. Per ottenere questo risultato sarà però necessario prevedere dei nuovi programmi di implementazione e la concomitante apertura dal punto di visto legislativo per la sperimentazione in campo. Il CREA si sta impegnando attivamente per proseguire le attività che sono state avviate e per completare la caratterizzazione di quelli che potrebbero essere i primi cloni di vite “TEA” a vedere la coltivazione in campo. Le piante migliorate già ottenute rimangono ad oggi confinate nell’ambiente laboratorio senza la possibilità di essere valutate in condizioni reali e senza, quindi, poterne dimostrare il reale valore e il potenziale a livello di sostenibilità.

La politica si è sensibilizzata su questo tema e ha iniziato ad occuparsene con la presentazione di un disegno di legge a firma dei Senatori Luca De Carlo, Raffaele Nevi e Gian Marco Centinaio che prevede proprio la possibilità di spostare la sperimentazione dei prodotti delle TEA in campo. Se questo fosse possibile, nel giro di pochi anni i nuovi genotipi sarebbero disponibili al commercio e quindi utilizzabili nei vigneti riducendo la necessità di interventi umani, con conseguente diminuzione dell’impatto ambientale e la sua suscettibilità ai fenomeni climatici estremi, che negli ultimi anni si verificano con sempre maggiore frequenza.

La strategia dei protoplasti

Proprio allo scopo di evitare questa problematica diversi gruppi italiani stanno lavorando allo sviluppo di una metodica che permette di ottenere piante di vite editate senza l’inserimento di DNA estraneo nel genoma della pianta. Questa tecnologia si basa sull’ottenimento di protoplasti, cioè cellule che vengo private della parete, e del successivo inserimento in queste cellule delle proteine che permettono di ottenere l’evento di editing. Dopodiché si induce la rigenerazione delle piante che, derivando da cellule singole, saranno modificate in modo uniforme e non conterranno sequenze estranee. Questo approccio, molto interessante per la possibilità di evitare l’inserimento di DNA esogeno è stato sviluppato e applicato da almeno 3 centri di ricerca/università nel contesto italiano, confermando che su questo argomento il nostro Paese è all’avanguardia. Fra i centri che hanno sviluppato la tecnologia dell’editing da protoplasto, il CNR – Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante di Torino (CNR – IPSP) ha attivamente collaborato con il CREA durante il progetto BIOTECH – VITECH per l’ottimizzazione dei protocolli, riuscendo ad ottenere l’editing da protoplasto di due importanti varietà, il Nebbiolo e il Brachetto. Le piante ottenute sono attualmente in fase di studio presso i laboratori del CNR – IPSP in attesa della possibilità di valutare le loro caratteristiche in ambiente reale.

La strategia simil-cisgenica

Alternativamente a questo approccio, che richiede la generazione di tessuti specifici e con efficienze che ad oggi sono abbastanza limitate, si può utilizzare la strategia simil-cisgenica, ovvero l’introduzione del DNA che porta l’informazione per la proteina Cas e per le sequenze che guidano la Cas sul genoma delle vite dove compirà l’editing e la successiva eliminazione di queste sequenze, una volta avvenuto l’editing. Con questa metodologia sarebbe quindi possibile editare le piante senza passare dai protoplasti ed evitando la produzione di piante OGM. Su questo fronte l’Italia, e il CREA nello specifico, ha sviluppato le tecnologie che sono già state applicate con risultati sorprendenti. Sono infatti attualmente in fase di valutazione diverse decine di cloni ottenuti da editing di varietà di interesse (Chardonnay, Pinot noir, Glera, Sangiovese e 110 Richter) che, non appena sarà possibile, verranno valutati in condizioni di campo sperimentale.

Luca Nerva
Ricercatore CREA Centro di ricerca Viticoltura ed Enologia

Studia l’interazione pianta-microrganismi sfruttando le biotecnologie e le metodiche molecolari più avanzate e innovative per identificare i tratti coinvolti nella resilienza agli stress ambientali. Lavora dal 2019 all’applicazione delle Tecnologie di Evoluzione Assistita (TEA) per migliorare la resilienza al cambiamento climatico della vite. Autore di oltre 50 pubblicazioni su riviste internazionali con impact factor e coinvolto in numerosi progetti di ricerca nazionali e internazionali.

#lafrase: Se c’è in me qualcosa che si può definire sentimento religioso, è proprio quella sconfinata ammirazione per la struttura del mondo nei limiti in cui la scienza ce la può rivelare (Albert Einstein)

Riccardo Velasco
Direttore del CREA Centro di ricerca Viticoltura ed Enologia

Esperto di Genetica e Genomica delle piante da frutto e della vite, già autore di numerosi articoli sui genomi vegetali, con oltre 150 pubblicazioni con IF, è in 24a posizione (Hindex 61, citazioni 14.201) tra i Top Italian Scientists nel settore Natural & Environmental Science, di alcune decine di articoli sulle biotecnologie applicate e di 3 brevetti europei. Ha contribuito col gruppo di lavoro del CREA VE alla recentissima pubblicazione di una review di prestigio sul Plant Biotechnology Journal che descrive protocolli e risultati di pregio nelle biotecnologie delle piante da frutto

#lafrase: La ricerca della verità è più preziosa del suo possesso
(Albert Einstein)

Walter Chitarra
Primo Ricercatore CREA Centro di ricerca Viticoltura ed Enologia

L’attività di ricerca è focalizzata sullo studio dell’interazione pianta-patogeno e le biotecnologie sostenibili per il loro controllo e per aumentare le difese della pianta anche a stress abiotici (es. stress idrico). E’ autore di oltre 50 lavori scientifici su riviste internazionali con IF. H-index: 20

#lafrase Lo scienziato nel suo laboratorio non è solo un tecnico, è anche un bambino davanti a fenomeni della natura che lo affascinano come un racconto di fate
(Marie Curie)

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