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giovedì, 10 Ottobre 2024

Idrogeno: si può fare? Intervista a Giuseppe Corti, Direttore CREA Agricoltura e Ambiente

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La crisi climatica che stiamo affrontando ci impone sempre più di raggiungere zero emissioni di anidride carbonica (CO2), obiettivo questo da centrare attraverso una radicale trasformazione, non solo dei sistemi economici, ma soprattutto del modo in cui produciamo e consumiamo energia. In altre parole, la transizione ecologica passa inevitabilmente attraverso la transizione energetica.

In questo processo, un ruolo chiave è giocato dall’idrogeno verde, la variante pulita dell’idrogeno, un gas non presente in natura e prodotto a partire dall’elettrolisi dell’acqua, usando energia elettrica derivante da fonti rinnovabili come il fotovoltaico, l’eolico o l’idroelettrico. L’uso di questo gas a scopo di combustibile produce energia e vapore acqueo, senza generare effetti inquinanti, rappresentando pertanto una valida alternativa ai combustibili fossili.
Ma non tutto l’idrogeno è sostenibile. Ne parliamo con Giuseppe Corti, Direttore CREA Agricoltura e Ambiente.

1. Idrogeno come fonte energetica: pro e contro

È una fonte energetica pulita, perché l’unico residuo della combustione dell’idrogeno è l’acqua e non ha altre emissioni. Sembrerebbe essere, quindi, la panacea di tutti i problemi, ma in realtà presenta anche alcuni elementi negativi, che riguardano la sua produzione. Si può ottenere, infatti, in diversi modi: o da petrolio e/o carbone, ma ha un’impronta energetica
molto consistente; o da metano, dalla cui molecola ne derivano 2 di idrogeno, risultando quindi apparentemente vantaggioso, ma sorgono 2 domande: come è stato prodotto il metano di
partenza? E quale input energetico è stato utilizzato per produrre idrogeno dal metano? O, infine, un’altra possibilità è ottenere idrogeno a partire dall’acqua, ma con un input energetico così elevato da renderlo negativo ai fini del bilancio energetico, poiché di fatto si impiega la stessa
quantità di energia, se non addirittura maggiore, di quella che si ottiene. Con l’aggiunta che, essendo l’idrogeno un gas infiammabile, non può entrare in contatto con l’ossigeno e, quindi, bisogna prevedere di stoccarlo in contenitori appositi di acciaio, cioè bombole, molto grandi e pesanti, che a loro volta aggiungono un ulteriore impatto energetico per la produzione e il trasporto.

2. Perché se ne parla tanto?

Se ne parla tanto perché è una novità, che implica innovazione tecnologica, ed è pulito e non inquina, perché, come dicevo prima, emette solo acqua. Il problema, però, è che non inquina lì dove viene prodotto, ma per ottenerlo cosa è successo? E per imbottigliarlo? Quali sono i costi energetici necessari? Se ne parla tanto per mancanza di informazioni complete e approfondite, ma se si scende nel dettaglio e in profondità sugli anelli del processo produttivo, allora emergono risvolti negativi. Non so se esista “La Soluzione”, sicuramente, però, una delle soluzioni alla questione energetica è, innegabilmente, ridurre i consumi in maniera intelligente e con l’uso di nuove tecnologie, senza andare alla ricerca di nuove sorgenti di energia che compiano il “miracolo”.

3. Qual è la stima di costi/benefici?

Il bilancio economico è simile al bilancio ambientale e i costi/benefici circa si equivalgono. Se rimaniamo nell’ambito della produzione di idrogeno a partire da petrolio/carbone o da metano o da acqua, dovremmo concludere che il gioco non valga la candela, perché per ottenere 10 spendo comunque 10, se non 11, per produrre, alle fine, meno inquinanti per un ordine di grandezza 10, ma ho generato all’inizio del processo, comunque, più inquinanti per un ordine di grandezza 10 o 11. Pesando, quindi, i pro e i contro sembrerebbe non essere vantaggioso, ma una soluzione è stata individuata, producendo idrogeno a partire dall’alcol o meglio da una soluzione idroalcolica.

4. Cosa a che fare con l’agricoltura?

Mediante l’uso di idrolizzatori viene innescato il processo di idrolisi, per cui si produce idrogeno a partire da una soluzione idroalcolica, composta in parte da alcol etilico, proprio come accade nel caso dell’uso di sola acqua. La grande differenza sta nel liquido di partenza utilizzato, che permette di risparmiare circa il 40% di energia: si presenta, quindi, una situazione completamente diversa, perché si riesce a produrre idrogeno con un vantaggio del 40% rispetto all’energia introdotta,
immettendo cioè nel sistema 10 per ottenere 14. Tutto questo in che modo riguarda l’agricoltura? L’alcol può essere prodotto per fermentazione di biomasse, facilmente reperibili in ogni azienda agricola. Una delle biomasse preferite è la canna, Arundo donax, quella che si utilizza ad esempio per i pomodori, la quale produce una quantità di biomassa consistente in rapporto alla superficie. L’alcol ottenuto da questa fermentazione, addizionato in opportune quantità all’acqua, diventa quella soluzione idroalcolica, che abbatte notevolmente l’energia impiegata per la produzione di idrogeno per via elettrolitica. Se, in aggiunta, l’energia introdotta per l’elettrolisi fosse fornita da pannelli fotovoltaici avremmo un ottimo vantaggio economico, oltre che ambientale.

5. Quali prospettive di produzione e di impiego?

La produzione di idrogeno non necessita di progetti pilota, perché siamo nella fase di poter attuare impianti di produzione. Diverso è il discorso sull’impiego dell’idrogeno prodotto. Ha bisogno, infatti, per la sua gestione, di bombole, di essere trasportato e va trattato con delicatezza e accuratezza. Tutto ciò ne limita l’uso, perché ad esempio per l’autotrazione (macchine, camion e motorini) si presta poco, in quanto volendo utilizzare idrogeno come combustibile, è necessario
appesantire notevolmente il veicolo in questione. Innegabilmente, ci sarebbe una diminuzione dei residui della combustione, che in città significa un elevato vantaggio per la qualità dell’aria, ma a fronte di un vantaggio energetico basso. Diverso è il discorso per mezzi pesanti (navi o macchine agricole) dove l’appesantimento sarebbe minimo, rispetto alla massa propria del mezzo, e l’impiego di una fonte di energia pulita sarebbe accompagnata da un ritorno ambientale e da un vantaggio economico. Tasto dolente per il suo impiego rimangono il trasporto, la produzione delle bombole o di idrogenodotti, con i relativi costi di realizzazione.

6. Come e quando è ipotizzabile che l’idrogeno verde sarà accessibile per tutti, considerando che i costi di produzione sono ancora elevati, nonostante gli investimenti della Commissione Europea?

Al momento è difficile ipotizzare un suo uso “democratico” su larga scala, per i motivi che accennavo sopra. Un’opzione può essere trovare materiali super resistenti e super leggeri, che
assicurino, però, le stesse qualità dell’acciaio, consentendo di comprimere il gas senza rischi di esplosione. Lo studio e la ricerca, quindi, sui materiali per realizzare i contenitori per lo stoccaggio e il trasporto dell’idrogeno aprono sicuramente nuovi scenari e porteranno notevoli vantaggi.

7. Il CREA ci sta lavorando?

Il CREA sta programmando la realizzazione di un impianto, alimentato con pannelli fotovoltaici, all’interno di un’azienda agricola del Centro Agricoltura e Ambiente per la produzione di idrogeno via soluzione idroalcolica, con uso di alcol etilico ottenuto dalla fermentazione di biomassa reperibile o in azienda e da sfalci di potature dei comuni limitrofi. L’alcol ha il vantaggio di avere un suo mercato e può essere venduto e, quindi, l’impianto assicura comunque una resa economica e
ambientale notevole.

Micaela Conterio
Ufficio stampa CREA

Giornalista pubblicista dalla comprovata professionalità sia come addetto stampa, con particolare riguardo ai social media (relations, strategy, event e content) e al web, sia come redattrice di articoli presso diverse redazioni di testate giornalistiche nazionali. Fotografa e scrittrice per passione.

#lafrase Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi (Marcel Proust)

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