Rispetto ad un coltura agricola tradizionale, il pioppo ha un minore impatto sull’ambiente e richiede meno energia. Una performance che, in particolare sotto il profilo idrico, può essere ulteriormente migliorata con l’introduzione dei cloni MSA e della certificazione. L’esperienza del CREA Foreste e Legno
Coltivare pioppo fornisce (tra le altre cose) energia rinnovabile e fa bene all’ambiente! Certo, se paragoniamo gli effetti benefici di un pioppeto rispetto ad un bosco, non c’è storia, meglio il bosco. Ma se dobbiamo coltivare e produrre, anche a fini energetici, rispetto ad altre coltivazioni agricole, il pioppo permette di ridurre l’impatto sull’ambiente. E, grazie all’analisi del ciclo di vita (LCA), lo possiamo dimostrare con numeri e grafici. In questo articolo mettiamo a confronto prima un pioppeto con le colture agricole più diffuse e poi tre differenti metodi di coltivazione del pioppo, studiando in ogni situazione l’impatto sull’ambiente.
Pioppo – versus mais
L’analisi del ciclo di vita (LCA) è stata utilizzata per effettuare valutazioni dell’impatto della coltivazione del pioppo a confronto con altre colture agricole, in particolare con il mais. Le coltivazioni sono state analizzate dall’impianto/semina, alla raccolta e l’unità di misura comune è stata l’ettaro di coltura. Riguardo a questa analisi sono stati scelti tre indicatori: le emissioni di gas climalteranti (CO2eq), l’impatto sulla salute umana e sugli ecosistemi.
Per quanto riguarda le emissioni gas serra, la pioppicoltura tradizionale risulta 4 volte meno impattante rispetto alla coltivazione del mais. Gli effetti sulla salute umana (impatto di prodotti chimici inquinanti ad esempio) sono ben 28 volte più critici per il mais; per quanto riguarda la sfera degli ecosistemi, la maiscoltura provoca un danno stimato 100 volte superiore rispetto al pioppo (Figura 1).
La pioppicoltura, quindi, rispetto al mais, incide molto meno sugli indicatori relativi ai cambiamenti climatici (emissioni di gas ad effetto serra), alla salute umana e ai danni ambientali. Ciò deriva dalle tecniche di coltivazione che risultano meno impattanti, soprattutto per quanto riguarda l’impiego dei prodotti fitosanitari che sono piuttosto contenuti rispetto alle coltivazioni agrarie annuali e che, in ogni caso, sono distribuiti su un turno di coltivazione di 10 anni, mentre le colture annuali agrarie necessitano di trattamenti in ogni ciclo colturale.
Confronto tra differenti metodi colturali per il pioppo
Una volta stabilito che coltivare pioppo presenta vantaggi dal punto di vista ambientale rispetto ad altre colture, ci siamo poi chiesti quale possa essere il reale risparmio ambientale ottenuto passando da una coltura tradizionale con il clone ‘I-214’ a quella con un clone a Maggior Sostenibilità Ambientale (MSA) e a quella certificata PEFC (Programme for Endorsement of Forest Certification) con un clone MSA.
Per la nostra LCA abbiamo quindi confrontato un pioppeto coltivato con ‘I-214’ e metodo tradizionale (arature, controllo delle infestanti, trattamenti chimici), un pioppeto coltivato con clone MSA chiamato ‘Diva’ e metodo tradizionale ed un pioppeto coltivato con ‘Diva’ e metodo certificato PEFC. Per ogni tipologia di pioppeto, di durata decennale, abbiamo introdotto anche due anni di coltivazione di vivaio e tre anni di coltivazione di barbatellaio, cioè delle coltivazioni necessarie a produrre le piantine da coltivare. La durata complessiva della coltura considerata dalla culla (barbatellaio) alla tomba (piante adulte pronte all’abbattimento) è stata quindi di 15 anni. In Figura 2 è riportato il ciclo colturale completo e sono evidenziate con i colori le fasi che subiscono cambiamenti in base ai modelli considerati.
Come unità di misura abbiamo scelto 1 ha di coltivazione. Tra i vari impatti ambientali abbiamo considerato:
-emissioni in atmosfera di gas serra (CO2eq.), facendoli equivalere tutti all’anidride carbonica, cioè moltiplicandone la quantità per il rispettivo Global Warming Potential (GWP), il potere di surriscaldamento dell’atmosfera, che è diverso per ogni gas;
– assorbimento di energia (in MegaJoule – MJ) richiesto per la coltivazione;
– grado di ecotossicità per le acque (superficiali o sotterranee indifferentemente) espresso come indice in CTUe;
– consumo di acqua (m3), acqua utilizzata per coltivare.
Per quanto riguarda le emissioni in atmosfera abbiamo inoltre effettuato un bilancio con la quantità di CO2 assorbita dalle piante durante la loro crescita. Durante la fotosintesi, le piante assorbono anidride carbonica che utilizzano per produrre zuccheri (e, a cascata, altre molecole utili) per la loro crescita. Il carbonio, presente nell’anidride carbonica viene inglobato nei tessuti legnosi di radici, fusto e rami, partecipando alla crescita della pianta. Se bruciamo questo legno la CO2 inglobata viene riemessa in atmosfera, ma se lo usiamo per costruire mobili, la CO2 rimarrà stabilmente inglobata e non tornerà in atmosfera. È possibile stimare quanta CO2 è stata inglobata da una pianta attraverso il peso (possiamo conoscere il peso di fusto e rami, ma non quello delle radici che spesso nei calcoli è scartato, quindi la stima è per difetto).
Il pioppeto tradizionale con ‘I-214’ registra sempre i valori più alti, sia per emissioni di gas serra, che per consumo energetico, consumo e inquinamento delle acque. Questo è prevalentemente dovuto al maggior numero di trattamenti necessari e di interventi di controllo delle infestanti. L’utilizzo di un clone MSA riduce di molto questi impatti e ciò è dovuto in parte alla limitazione dei trattamenti ed in parte alla maggior produzione del clone. Questi nuovi cloni infatti possono produrre, nello stesso tempo, fino al 15% in più rispetto ad ‘I-214’utilizzando le stesse risorse. L’applicazione del protocollo PEFC permette un ulteriore risparmio, soprattutto sul consumo di acqua, poiché oltre a limitare alcuni interventi prevede espressamente la coltivazione del pioppo in aree con disponibilità idrica naturale adeguata.
In conclusione
Come abbiamo visto all’inizio, tutti questi modelli sono comunque vantaggiosi rispetto ad una coltura agraria tradizionale. Il pioppo è un grande assorbitore di CO2. Per i tre modelli, abbiamo calcolato emissioni ed assorbimenti totali dovuti alla coltivazione di 1 ha di pioppeto (Figura 4). Come si può notare gli assorbimenti di anidride carbonica in tutti i casi, sono stati circa 30 volte superiori alle emissioni prodotte per la coltivazione.
Da una parte quindi abbiamo dimostrato che coltivare pioppo permette di risparmiare notevoli impatti sull’ambiente e notevoli quantità di energia e che l’introduzione dei cloni MSA e della certificazione possono ulteriormente ridurre questi impatti; dall’altra parte abbiamo dimostrato che, per quanto possano essere elevate le emissioni di anidride carbonica legate alla coltivazione del pioppo, le piante, attraverso la crescita, saranno in grado di assorbirne quantità dalle 30 alle 40 volte maggiori.
Questi dati sono stati raccolti ed elaborati nell’ambito di una preziosa tesi di laurea condotta in collaborazione con il Politecnico di Torino. Per chi fosse interessato ad approfondire l’argomento la tesi è disponibile al link:
https://webthesis.biblio.polito.it/view/creators/Deidda=3AAndrea=3A=3A.default.html
Dottore Forestale si occupa di Ecologia forestale, con particolare attenzione all’ambiente nel caso dell’arboricoltura da legno e dell’agroforestazione.
#lafrase Noi non ereditiamo la terra dai nostri antenati, la prendiamo in prestito dai nostri figli (Proverbio degli Indiani d’America)
Laureata in Scienze Naturali all’Università di Pavia consegue il dottorato in scienze Agrarie, Forestali ed Agroalimentari presso l’università di Torino. Dal 2005 lavora presso il CREA-FL di Casale Monferrato occupandosi di modelli colturali per produzioni legnose con specie a rapida crescita, protezione e miglioramento ambientale.
#lafrase La colpa di Eva è stata quella di voler conoscere, sperimentare, indagare con le proprie forze le leggi che regolano l’universo, la terra, il proprio corpo, di rifiutare l’insegnamento calato dall’alto, in una parola Eva rappresenta la curiosità della scienza contro la passiva accettazione della fede (Margherita Hack)