Lo spreco di cibo è spreco di energia, visto che questo incide per il 3% del consumo energetico del nostro Paese, ma è anche, sotto il profilo nutrizionale, spreco metabolico. Basti pensare che il quantitativo di alimenti gettati corrisponde a 633 kcal, un quantitativo non piccolo se consideriamo che costituisce circa un terzo del fabbisogno medio di un individuo adulto.
Ridurre lo spreco domestico di cibo e scegliere una dieta basata su prodotti di origine vegetale sono passaggi necessari per minimizzare l’utilizzo delle risorse energetiche e naturali e le conseguenti impronte carbonica, idrica ed ecologica.
La sostenibilità in senso moderno entra anche nel nostro rapporto con l’alimentazione, intesa come garanzia di cibo a sufficienza alle generazioni future e al tempo stesso minimizzazione dell’impatto ambientale. Per raggiungere questo obiettivo sarà necessario prediligere produzioni alimentari più sostenibili e cambiare le nostre abitudini a tavola. Spreco alimentare vuol dire anche spreco di energia. È noto, infatti, come le scelte alimentari incidano sul consumo di acqua, l’utilizzo delle terre, la produzione di gas climalteranti e naturalmente sullo spreco di energia necessaria a produrre il cibo in eccesso che non verrà consumato tanto è vero che sempre di più oggi parliamo di impronta energetica del cibo che viene sprecato. Stime fatte dalla Università di Bologna in collaborazione con l’Ente per le nuove tecnologie, l’energia e l’ambiente (ENEA) hanno permesso di calcolare che in Italia il 3% del consumo energetico dipende dallo spreco alimentare. Per dare a questo valore una dimensione di grandezza lo si può paragonare al consumo energetico di oltre un milione e mezzo di italiani o all’85% del fabbisogno di energia del comparto industriale in Emilia Romagna.
Anche la riduzione dello spreco alimentare rientra tra gli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU). Secondo il Food Waste Index Report 2021, nel 2019 in tutto il mondo sono state sprecate 931 milioni di tonnellate di cibo, equivalenti al 17% circa del totale disponibile per la popolazione mondiale. La maggior parte di questi rifiuti alimentari è risultata provenire dall’ambiente domestico (11%), in particolar modo dai single, che gettano mediamente il 50% in più di cibo rispetto alle famiglie numerose, segue la ristorazione e, ultimo, il commercio.
In Italia, gli unici dati nazionali rappresentativi sullo spreco delle famiglie italiane sono quelli prodotti dall’Osservatorio sulle eccedenze, recuperi e sprechi alimentari (OERSA). OERSA ha effettuato indagini nel 2018, nel 2020 e nel 2021.
OERSA
Osservatorio sulle eccedenze, recuperi e sprechi alimentari (OERSA) istituito presso il CREA Alimenti e Nutrizione ha la l’obiettivo di ricercare, elaborare e tenere aggiornati i dati statistici quantitativi ed economici sulle eccedenze, sui recuperi e sugli sprechi di cibo in tutte le fasi della filiera agroalimentare al fine di disporre di statistiche ufficiali affidabili. OERSA contribuisce a far circolare conoscenza scientifica, regolamenti, policy e a incoraggiare l’affermazione di nuovi modelli di produzione e consumo per prevenire la generazione di eccedenze alimentari, svolgendo un ruolo virtuoso e proattivo per raggiungere uno degli obiettivi chiave dell’Agenda per lo Sviluppo Sostenibile 2030, ridurre lo spreco alimentare. OERSA ha finora raccolto dati nazionali sullo spreco domestico delle famiglie italiane, nel 2018, 2020, 2021. Ha effettuato una indagine sullo spreco nel settore primario e durante la pandemia. Ha raccolto dati di correlazione tra lo spreco alimentare e aderenza alla dieta mediterranea e alle raccomandazioni nutrizionali. OERSA coordina due progetti europei sullo spreco: uno sulla istituzione di un sistema di sorveglianza sullo spreco domestico in Italia, l’altro sul monitoraggio dello spreco nella ristorazione scolastica.
Nel 2021 si confermano in parte i risultati delle precedenti annualità in cui è emerso che lo spreco domestico è causato dalla difficoltà nel pianificare la spesa, che porta ad effettuare acquisti d’impulso e in eccesso e dall’incapacità di riconoscere con sicurezza se un alimento è ancora buono da mangiare attraverso una lettura corretta delle etichette nutrizionali. Tuttavia, il riutilizzo degli avanzi è una buona pratica comunemente riportata. Inoltre, analizzando le relazioni tra attitudini allo spreco e raccomandazioni nutrizionali si evidenzia che chi previene lo spreco conosce e segue maggiormente le raccomandazioni nutrizionali. Infatti, è più capace di programmare la spesa (39%), sa riconoscere meglio le quantità da cucinare (40%), evita gli acquisti impulsivi (35%) e sa riutilizzare gli avanzi (35%). È interessante sottolineare che la metà degli intervistati (49%) con la più alta aderenza alle raccomandazioni nutrizionali ha anche ricevuto una buona educazione sullo spreco alimentare e ha avuto buoni esempi in casa.
Nel 2021 le famiglie hanno dichiarato di avere gettato mediamente 495 g di alimenti a settimana. Di questi la maggior parte hanno riguardato le verdure fresche (13%), la frutta fresca (14%) e il pane (18%), seguiti da tutti gli altri alimenti con percentuali variabili e comunque non superiori all’8%. Abbiamo detto che sprecare alimenti vuol dire sprecare l’energia che è servita a produrli; in termini nutrizionali spreco alimentare vuol dire spreco di energia metabolica ossia spreco di calorie. Sulla base dei dati raccolti il quantitativo di alimenti gettati corrisponde a una quota di energia metabolica persa pari a 633 kcal. Un quantitativo non piccolo se consideriamo che costituisce circa un terzo del fabbisogno medio di un individuo adulto.
L’interpretazione dello spreco alimentare, in termini di calorie non assunte, va ad aggiungersi a quelle più note come l’impronta del carbonio o l’impronta idrica che rappresentano esse stesse uno spreco di energia perché i gas climalteranti alterano il clima e c’è bisogno di più energia per contrastare queste alterazioni. Gli alimenti sprecati in Italia (495 g) determinano una quota di emissione di gas climalteranti assolutamente evitabile, che corrisponde a 1,26 Kg di CO2 equivalenti immessi nell’atmosfera. Inoltre, per produrre il mezzo kilo di alimenti che abbiamo buttato via si sono impiegati circa 665 litri d’acqua che di fatto sono stati persi per la loro produzione con una erosione inutile delle già scarse risorse idriche. E proprio la scarsezza delle risorse idriche è collegata allo spreco di energia necessaria a massimizzare la poca acqua disponibile attraverso impianti e strutture che di fatto sono energivore. I numeri dello spreco alimentare italiano da cui derivano le stime di spreco di energia in termini di calorie, CO2 e acqua ottenuti con calcoli articolati, servono a evidenziare come lo spreco non sia solo cibo che finisce nella pattumiera ma molto di più, contribuendo a sensibilizzare chi, spesso con troppa disinvoltura, è abituato a buttare via il cibo.
Quale soluzione per il futuro: scegliere più alimenti di origine vegetale e sprecare meno
L’analisi dell’impatto ambientale dei diversi modelli alimentari, da quelli a forte componente vegetale a quelli con elevati contenuti di carne, risulta molto importante sia in termini di emissione di CO2 (impronta del carbonio) che di consumo di risorse idriche (impronta idrica) e di utilizzo del suolo (impronta ecologica) tutti elementi che impattano fortemente sullo spreco di energia.
Mangiare meno scegliendo più alimenti di origine vegetale è una soluzione che coniuga il risparmio dello spreco di energia metabolica (calorie) minimizzando l’impatto ambientale. Gli alimenti di origine animale saranno presenti nella nostra alimentazione nei quantitativi raccomandati, senza eccessi in linea con i dettami della Dieta Mediterranea. Infatti, è noto che un maggior consumo di alimenti di origine vegetale determina anche un beneficio per la salute, in quanto è associato ad un minor rischio di ipertensione, ictus, diabete di tipo 2 e alcune forme di cancro.
Ma non sarà sufficiente la sola scelta degli alimenti se non sarà accompagnata da una capacità di ridurre lo spreco alimentare domestico. Pertanto, sarà necessario adoperarsi per una gestione adeguata, dagli acquisti alimentari alla loro conservazione, dalla preparazione in termini di modalità e quantità e, soprattutto, al riutilizzo di quanto eventualmente ecceduto. In questo modo risparmieremo denaro, energia, anche metabolica contribuendo a una maggiore equità delle risorse alimentari.
Come evitare di sprecare gli alimenti a casa
- Non acquistare troppo cibo: la abbondanza di cibo cucinato ma non consumato favorisce lo spreco.
- Ricicla gli avanzi in nuove ricette, mangia il giorno dopo quello che è avanzato. Non sprecare e insegnare a non sprecare significa attenzione e cultura del valore del cibo.
- Una buona pianificazione della spesa, accortezze nella preparazione degli alimenti e una buona conservazione sono strategie per limitare lo spreco, risparmiare denaro e magiare cibo più sano.
- Attenzione alle offerte e alle maxi confezioni, c’è il rischio di comprare più di quanto si possa consumare con il rischio di buttare il cibo scaduto.
- Leggi bene l’etichetta con particolare attenzione alle indicazioni sulla durata dei prodotti.
- Ricorda che la dicitura “da consumarsi entro” è il limite oltre il quale il prodotto non va consumato, sono pochi i prodotti che hanno questa avvertenza e sono quelli altamente deperibili come il latte fresco mentre “da consumarsi preferibilmente entro” indica che il prodotto, oltre la data riportata, può avere modificato alcune caratteristiche come sapore e odore ma può essere ancora consumato (meglio in tempi brevi) senza rischi per la salute.
- In casa vengono sprecati soprattutto prodotti freschi, pane, frutta e verdura, facciamo attenzione in particolare all’acquisto di questi alimenti.
- In occasione di feste e ricevimenti, valuta se gli avanzi possono essere consumati a breve e invita gli ospiti a portare con loro parte di quello che è avanzato.
- Per evitare gli sprechi anche al ristorante non ci si deve vergognare di chiedere la doggy bag, la scatola che permette di portare a casa gli avanzi dei pasti consumati, oggi viene fatto sempre più spesso e i ristoratori devono favorire questa pratica.
- Informati sui programmi contro lo spreco alimentare della tua città, oppure organizzati per donare il surplus alimentare alle onlus che raccolgono gli avanzi di cibo “buono” e lo redistribuiscono a chi ne ha bisogno.
Nutrizionista con esperienza nel campo delle problematiche cliniche e di sanità pubblica. Tra le principali attività svolte: componente dell’OERSA “Osservatorio sulle eccedenze, sui recuperi e sugli sprechi alimentari” istituito dal MiPAAF con il CREA. Componente del Gruppo di Lavoro per la revisione delle “Linee Guida per una Sana Alimentazione Italiana”, nonché coordinatore editoriale del Dossier Scientifico. Professore a contratto del Corso di Laurea Specialistica in Scienze della Nutrizione Umana e del Corso di Laurea in turismo Enogastronomico dell’Università di Roma “Tor Vergata”.
#lafrase Al consumatore non sono richieste grandi azioni se non rivedere le proprie scelte quotidiane motivandole per i benefici che si potranno ottenere sia nel breve termine come miglioramento del proprio stato di salute, che nel lungo termine a vantaggio di un pianeta più sostenibile
Nutrizionista esperta in nutrizione di comunità e salute pubblica. Coordinatore Generale Revisione delle “Linee Guida per una sana alimentazione” e Coordinatore generale Osservatorio Nazionale Sprechi Alimentari costituito in ambito CREA Alimenti e Nutrizione su richiesta del MIPAAF. Professore a contratto presso l’Università Roma Tre, L’Università di Roma La Sapienza e l’Università Campus Bio-Medico di Roma.
#lafrase Dieta sana è cibo vero, non troppo, e prevalentemente vegetale