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giovedì, 10 Ottobre 2024

Storie di agrobiodiversità: il melo in Campania

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In Campania, la tutela della biodiversità passa anche attraverso il recupero del prezioso germoplasma di melo autoctono, la reintroduzione nel suo luogo di origine e l’inserimento anche in un giusto contesto eno-gastronomico, sia come prodotto fresco che trasformato, per favorire uno sviluppo ecosostenibile del territorio 

La melicoltura italiana 

Il melo è la specie frutticola dell’area temperata più coltivata al mondo. L’Italia è uno dei maggiori Paesi produttori di mele in Europa e si colloca al sesto posto nella classifica mondiale, con una produzione che nel 2021 si è attestata intorno a 2.200.000 tonnellate. In Italia, la coltivazione del melo è diffusa in diverse regioni con una superficie investita superiore a 57.000 ha (ISTAT, 2021). Il Trentino-Alto Adige è la regione leader per la melicoltura italiana, con oltre 27.000 ettari coltivati, che contribuiscono al 65% della produzione nazionale.  Il melo riveste un ruolo di primo piano anche in Piemonte (12% della superficie nazionale), in Veneto (11%) e in Emilia-Romagna (9%). Nel centro-sud Italia il melo trova un’apprezzabile diffusione soltanto in Campania, dove si localizzano oltre 3.500 ettari, con una produzione pari al 3.3% di quella nazionale.  

Il panorama varietale della melicoltura italiana si basa su cultivar ottenute da programmi di miglioramento genetico, soprattutto esteri come Golden Delicious, Gala, Red Delicious, Fuji, Granny Smith, che rappresentano quasi l’80% della produzione nazionale. Le Red Delicious, oltre ad essere molto coltivate, rientrano nei disciplinari di produzione dell’unica DOP italiana (Mele della Val di Non) e in 4 delle 5 IGP italiane approvate, classificandosi, dunque, come le mele italiane più tutelate nell’ambito dei principali marchi di qualità riconosciuti. Nel complesso, le cultivar citate rientrano tutte in uno o più dei disciplinari di produzione DOP e IGP. Accanto a queste, nei disciplinari di produzione sono tutelate anche cultivar a diffusione regionale, quali la Morgenduft, la Pinova, la Braeburn, la Elstar, la Idared, la Jonagold, la Stayman Winesap, la Topaz e due vecchie varietà, l’‘Annurca’ e la ‘Renetta del Canada’, commercializzate anche dalla grande distribuzione. L’“Annurca” con il clone “Annurca Rossa del Sud” caratterizza la produzione di mele in Campania mentre l’Annurca “Classica” o “tradizionale” rappresenta una parte esigua della produzione. La tipicità di questa cultivar è legata alla fase di post-raccolta con l’arrossamento delle mele a terra nei cosiddetti “melai”, realizzati un tempo con gli scarti della lavorazione della canapa, oggi sostituiti da altri materiali, come il tessuto non tessuto e i trucioli di legno. I melai caratterizzano il paesaggio delle aree di coltivazione, stabilendo quel legame storico e indissolubile tra il territorio e questa antica varietà.  

Campo di conservazione germoplasma melo (Az. Areanova Pignataro Maggiore [CE])

Le vecchie cultivar di melo: programmi di recupero del germoplasma 

L’abbandono di “vecchie” cultivar e accessioni locali di melo è stato un fenomeno che ha caratterizzato principalmente gli anni ottanta e novanta del secolo scorso, in cui le nuove esigenze della moderna frutticoltura, alla ricerca di varietà con valide caratteristiche agronomiche che rispondessero alle esigenze del consumatore e ai nuovi standard qualitativi richiesti dal mercato, hanno indirizzato il settore verso una forte riduzione del numero di varietà coltivate e commercializzate. Negli ultimi anni si sono registrate alcune inversioni di tendenza nelle strategie di marketing, che hanno consentito di valorizzare molte produzioni locali. Tuttavia, moltissime cultivar e accessioni di melo sono presenti soltanto nei campi di collezione del germoplasma del CREA-Centro di ricerca per Olivicoltura, Frutticoltura e Agrumicoltura (OFA), di altri enti di ricerca, degli Istituti Agrari o presso Agricoltori Custodi che si impegnano nella conservazione, all’interno dell’azienda agricola ovvero in situ, delle risorse genetiche, secondo le modalità definite dalle Regioni.  

Annurca Rossa del Sud

Vale la pena ricordare che i principi della conservazione della biodiversità non sempre si allineano con le dinamiche di mercato, per cui anche alcune cultivar di scarso pregio commerciale potrebbero rivelarsi comunque degne di essere tutelate, in quanto portatrici di un bagaglio genetico particolarmente ricco e diverso da tutte le altre. Nella conservazione della biodiversità risulta importante la caratterizzazione genetica per individuare le collezioni nucleo (core collections), composte dagli individui che, indipendentemente dal loro valore agronomico, meglio rappresentino nel loro complesso il bagaglio genetico disponibile per la specie e che, pertanto, devono essere conservati insieme nel tempo. L’attività di conservazione consente di mantenere un’importante fonte di variabilità genetica per molti caratteri di interesse agronomico, potenzialmente utili alla creazione di nuove varietà attraverso i programmi di miglioramento genetico. Il punto debole di tali strategie di conservazione, ad oggi, è nella discontinuità dei finanziamenti: si tratta solitamente di progetti annuali o quadriennali che mal si conciliano con i cicli di vita pluriennali dei fruttiferi.  

La sede di Caserta del CREA-OFA ha partecipato ed è tutt’ora coinvolta in progetti di ricerca finanziati dal MiPAAF, dalla regione Campania ed altri Enti volti al recupero, alla conservazione, alla caratterizzazione e alla valorizzazione di diverse specie frutticole, tra cui il melo. I principali e più recenti sono “Frutta antica d’Irpinia: Recupero e valorizzazione della frutta antica d’Irpinia”, “Frutta Antica del Matese”, “AGRIGENET – Network per la salvaguardia e la gestione delle risorse genetiche agro-alimentari campane” (Programma di Sviluppo Rurale (PSR) della Regione Campania 2007/2013), “DICOVALE: Diversità̀, conservazione e valorizzazione delle specie legnose da frutto autoctone campane” (PSR Regione Campania 2014/2020 Misura 10.2.1 https://dicovale.it/), “BIO.FRU.PARCO, Recupero, valorizzazione e caratterizzazione delle accessioni del germoplasma frutticolo del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni” (nell’ambito di un accordo quadriennale con l’Ente parco, 2019-2023) ed RGV-FAO. 

Bianca di Grottolella

Tutti gli ecotipi di melo reperiti sono stati caratterizzati dal punto di vista agronomico, pomologico, qualitativo e molecolare per individuare anche eventuali omonimie e sinonimie.  

Le accessioni di melo individuate, censite e caratterizzate sono state propagate ed utilizzate per implementare i campi di conservazione del germoplasma presso l’azienda Areanova del CREA-OFA di Caserta. Gli ecotipi ritenuti di maggior interesse sono stati anche talvolta propagati per essere reimpiantati nei luoghi di origine, realizzando così campi dimostrativi presso le aziende interessate o distribuendo le piante agli operatori, che ne hanno fatto richiesta (soprattutto aziende agrituristiche). Inoltre, sono stati promossi diversi incontri formativi per la divulgazione delle tecniche di coltivazione (potatura, innesto, ecc.), con l’obiettivo di recuperare anche i saperi e le conoscenze di carattere tecnico. 

Mele e melo San Giovanni (Cilento)

Nelle antiche aree melicole dell’Irpinia, in particolare in quella di Grottolella (AV), sono ancora presenti alberi sparsi, residui di vecchi impianti della varietà Bianca di Grottolella, coltivata fino agli anni ‘50 anche per l’esportazione. L’abbandono si è avuto anche nella zona di Serino dove venivano coltivate vecchie varietà quali: melo Fierro, Melo Purtuallo, Mela Rosa e la Renetta di Serino (sinonimo di Renetta del Canada); in questi territori la coltivazione non era specializzata, ma di tipo promiscuo, associata cioè ad altre specie sia erbacee che arboree. Nell’area di Volturara, invece, è stato rinvenuto un vecchio impianto di Mela Suricillo e vecchissimi esemplari di alberi delle varietà Limoncella, Chianella, Cassanese, Rossa di Volturara, Capo di Ciuccio, sopravvissuti nella vallata in terreni destinati a pascolo o alla coltivazione di essenze foraggere. Qui i frutti cascolati venivano utilizzati per l’alimentazione del bestiame, ciò a dimostrazione di come sia possibile la coesistenza di questi antichi alberi da frutto con l’attività zootecnica. 

Capa e Ciuccio
Fragola
Mela Rosa

Molte accessioni di melo sono state recuperate anche nel Parco Regionale del Matese, che comprende diversi comuni nell’areale dell’omonimo massiccio montuoso. Queste, in particolare, sono state anche recuperate per l’allestimento di un campo di conservazione del germoplasma presso l’Istituto Agrario “A. Scorciarini Coppola” di Piedimonte Matese (CE).  

La ricerca di cultivar di melo in via di abbandono è proseguita anche all’interno del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, dove sono state recuperate e caratterizzate 20 accessioni. 

Attualmente, il CREA-OFA insieme agli Agricoltori Custodi è inserito in una “Rete di conservazione e sicurezza” per la salvaguardia e la gestione delle risorse genetiche vegetali campane di diverse accessioni di specie legnose da frutto. I campi di conservazione sia per le accessioni di melo inserite nel repertorio regionale delle RGV a rischio di estinzione sia per le altre accessioni da conservare e caratterizzare per gli aspetti agronomici, qualitativi e nutraceutici, rappresentano delle “Banche di conservazione”. 

Melo Santo Carlo (Cilento)
Melo Santo Fracato

Concludendo 

La salvaguardia e la valorizzazione della biodiversità assumono un ruolo importante quali elementi indispensabili per il rilancio dell’agricoltura nelle aree marginali. La tutela della biodiversità attraverso il recupero del prezioso germoplasma di melo autoctono, la reintroduzione nel suo luogo di origine e l’inserimento anche in un giusto contesto eno-gastronomico, sia come prodotto fresco che trasformato, rappresenta un’importante occasione di integrazione al reddito delle aziende agricole ed agrituristiche, di salvaguardia della biodiversità e tutela dell’ambiente, ma diventa anche un presupposto economico indispensabile per valorizzare le risorse del territorio, consentendo allo stesso tempo la conservazione in situ di questi genotipi, in un contesto di sviluppo ecosostenibile. Tuttavia, la biodiversità vegetale, in quanto risorsa strategica per il Paese, va sottoposta ad un’attenta valutazione scientifica, affinché tutto ciò che il nuovo marketing non riesce a valorizzare non venga perso irrimediabilmente.

Angelina Nunziata
Ricercatrice CREA Olivicoltura, Frutticoltura e Agrumicoltura 

I suoi principali interessi scientifici sono nel campo dell’evoluzione molecolare delle piante, il suo scopo è mettere la genetica realmente a servizio dell’agricoltura, fornendo strumenti semplici ed efficaci al breeding ed alla identificazione varietale 

#lafrase 
La chiave di interpretazione di un linguaggio sconosciuto risiede spesso nel confronto accurato con quelli noti; è nascosta lì, tra similarità e differenze 

Milena Petriccione
Primo ricercatore CREA Olivicoltura, Frutticoltura e Agrumicoltura 

I suoi principali interessi scientifici sono legati agli aspetti bio-agronomici delle specie frutticole e studia la fisiologia del post-raccolta per prolungare la qualità dei frutti. 

#lafrase 
Il dono più bello della natura è che è un piacere guardarsi intorno e cercare di comprendere ciò che vediamo. (Albert Einstein) 

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