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domenica, 1 Giugno 2025

Gli alberi che non ti aspetti/1: il Pioppo da bosco e da piantagione 

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Che sia un alleato della sostenibilità, un silenzioso protettore dei nostri fiumi o la carta vincente nei nuovi modelli colturali ad alto tasso di servizi ecosistemici, il pioppo si conferma una pianta pioniera tout court, in grado di adattarsi ai tanti cambiamenti del nostro tempo. 

Andiamo alla scoperta della sua notevole biodiversità, attraverso la collezione del CREA Foreste e Legno, composta da oltre 800 genotipi differenti di pioppo nero e circa 360 di pioppo bianco, mantenuta oggi presso l’azienda “Mezzi” di Casale Monferrato e insieme ai modelli policiclici di arboricoltura mista, messi a punto dal Centro in collaborazione con Compagnia delle Foreste. 

Nel nostro Paese il pioppo è protagonista di coltivazioni altamente specializzate per la produzione di legno da industria (pannelli di compensato per la costruzione di mobili, ma anche altre tipologie di pannelli meno pregiati, imballaggi, cassette per la frutta, carta e legno da combustione ). Si parla spesso quindi di pioppo e pioppicoltura legati all’industria, mentre si conoscono meno eventuali altre applicazioni o modelli di coltivazione differenti dalla monocoltura specializzata. Vediamo tre importanti esempi. 

Specie autoctone per proteggere gli ambienti fluviali 

Figura 1 – Pioppi e salici, naturali e piantati, nella golena del fiume Po, nel tratto Piemontese.

Nella pioppicoltura specializzata vengono utilizzate varietà di pioppi ibridi, selezionate per la crescita rapida e per la qualità del fusto, che hanno bisogno di molte cure ed attenzioni per crescere e produrre legno di pregio. Inoltre, nella famiglia dei pioppi ci sono moltissime specie, anche originarie dei nostri ambienti e in particolare di quelli fluviali, in grado di crescere e sopravvivere senza tecniche di coltivazioni intensive, fornendo importanti servizi ambientali, tra cui la protezione del suolo dall’erosione, la tutela della biodiversità, l’assorbimento di anidride carbonica e la depurazione delle acque circolanti nel terreno. Il pioppo nero e il pioppo bianco sono due specie autoctone tipiche degli ambienti fluviali: si possono facilmente incontrare insieme ai salici, passeggiando sugli argini e in zone di golena dei principali fiumi. I pioppi bianchi poi si possono distinguere in lontananza, soprattutto in primavera, grazie alla caratteristica chioma argentea (Figura 1).

I ricercatori del CREA Foreste e Legno (CREA FL) di Casale Monferrato hanno raccolto, a partire dagli anni ’80 circa, semi e talee di pioppi bianchi e pioppi neri in natura su tutto il territorio italiano per poter collezionare una notevole biodiversità (800 genotipi differenti di pioppo nero e circa 360 di pioppo bianco), mantenuta oggi presso l’azienda “Mezzi” di Casale Monferrato.  

In particolare, il pioppo nero specie un tempo a rischio di estinzione è stato oggetto di attività di conservazione, caratterizzazione e miglioramento, fino ad ottenere alcune varietà molto rustiche e produttive. Questi individui sono stati raggruppati in un miscuglio contenente 22 maschi e 13 femmine, chiamato ‘Pobia’ (che deriva dal termine dialettale locale che indica il pioppo e in alcuni casi il pioppo bianco). Questo miscuglio è stato poi utilizzato in impianti di rinaturalizzazione di aree fluviali lungo il fiume Po (Figura 2), in particolare nell’area piemontese. Crescita e sopravvivenza di queste piante sono state monitorate nel tempo, e in una recente pubblicazione scientifica (Cantamessa et al, 2024) è stata quantificata l’anidride carbonica assorbita e fissata nel legno da questi boschi ripariali, dove oggi si sono diffuse altre specie vegetali e diverse specie animali (uccelli e insetti in particolare). 

Figura 2 – Mappa degli impianti di riqualificazione fluviale eseguiti con varietà di pioppo e pioppo nero, tra cui il gruppo ‘Pobia’.

Tutti uguali? Non ci piace più 

La pioppicoltura tradizionale è una monocoltura, dove infatti si coltiva una sola specie: il pioppo, nella maggior parte dei casi rappresentato da tante piante tutte geneticamente identiche (appartenenti al  clone scelto). Questo sistema permette di ottimizzare le operazioni colturali, la qualità e l’omogeneità del prodotto, ma comporta una semplificazione dell’agroecosistema. Variare le specie utilizzate e i cloni rende le coltivazioni più resilienti ad eventuali problemi ambientali, compresi i cambiamenti climatici. Al riguardo, alcuni ricercatori del CREA (in particolare, Enrico Buresti Lattes) misero a punto un modello di arboricoltura misto, più naturaliforme, basato sulla consociazione di specie arboree (come il pioppo) e arbustive (come il nocciolo), con durate differenti di crescita e prodotti finali differenti, ma con la possibilità di crescere insieme sullo stesso appezzamento. Questi impianti si chiamano policiclici (perché racchiudono in un unico impianto molteplici cicli di produzione) e oggi, grazie anche alla collaborazione di Paolo Mori di Compagnia delle Foreste, hanno raggiunto un elevata maturità a livello di progettazione e gestione, fino ad ottenere policiclici potenzialmente permanenti (o impianti 3P), progettati in modo da poter raccogliere e ripiantare all’infinito senza mai abbattere l’intera piantagione (quasi come una gestione selvicolturale). Questi modelli permettono di coltivare piante da legno pregiate, come ciliegio, noce e querce, occupando lo stesso terreno, e creando formazioni abbastanza simili ai boschi naturali.  

Se ben progettate, le piantagioni policicliche possono richiedere interventi limitati (in termini di irrigazione, trattamenti chimici, ecc.) in quanto la biodiversità presente favorisce un ambiente più sano e autosufficiente. Se si utilizza il pioppo come pianta principale, per industria o per biomassa, è possibile ottenere guadagni ciclici dalla vendita del legno di questa specie a rapida crescita, mentre le specie a ciclo più lungo (ad esempio, la quercia) continuano a crescere.  

Informazioni su queste piantagioni, relative ai casi italiani e all’esperienza dei primi coltivatori, sono disponibili on-line e sulla rivista Sherwood. Un esempio classico è il modello con pioppo consociato con noce e altre specie compagne come ontano e nocciolo (Figura 3). Pioppo e noce costituiscono le piante principali (sulle quali si focalizzano le attenzioni colturali e che daranno il prodotto principale), mentre ontano e nocciolo sono specie compagne, utilizzate per coprire il terreno, aiutare e facilitare la crescita delle piante principali (fissando azoto – specie azotofissatrici, favorendo una emissione più ordinata dei rami) e potranno produrre legno per biomassa anche ad uso domestico.  

Figura 3 – Impianto policiclico con pioppo, noce ed altre specie arboree ed arbustive, presso l’azienda sperimentale ‘Mezzi’ del CREA-FL.
Sara Bergante
CREA Centro Foreste e Legno

Laureata in Scienze Naturali all’Università di Pavia consegue il dottorato in scienze Agrarie, Forestali ed Agroalimentari presso l’università di Torino. Dal 2005 lavora presso il CREA-FL di Casale Monferrato occupandosi di modelli colturali per produzioni legnose con specie a rapida crescita, protezione e miglioramento ambientale.  

#lafrase La colpa di Eva è stata quella di voler conoscere, sperimentare, indagare con le proprie forze le leggi che regolano l’universo, la terra, il proprio corpo, di rifiutare l’insegnamento calato dall’alto, in una parola Eva rappresenta la curiosità della scienza contro la passiva accettazione della fede (Margherita Hack)

Pier Mario Chiarabaglio
CREA Centro Foreste e Legno

Dottore Forestale si occupa di Ecologia forestale, con particolare attenzione all’ambiente nel caso dell’arboricoltura da legno e dell’agroforestazione.

#lafrase Noi non ereditiamo la terra dai nostri antenati, la prendiamo in prestito dai nostri figli (Proverbio degli Indiani d’America)

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