L’Italia è leader della produzione di riso in Europa e ovunque la sua coltura insista, crea un paesaggio unico, non sovrapponibile a nessun altro al mondo. Per studiare i sostanziali contributi ecologici e socio-economici dell’ecosistema risicolo, il CREA analizza il potenziale delle risaie per la conservazione della biodiversità agricola in situ (nell’ambiente di origine della varietà) e ex situ (come banche del germoplasma e campi catalogo). La sede di Vercelli del Centro di ricerca Difesa e Certificazione dispone attualmente di una banca del germoplasma comprendente circa 800 diverse accessioni di varietà. Una biblioteca vivente da tutelare e promuovere
L’evoluzione dell’agrobiodiversità del riso italiano
Le risaie italiane costituiscono circa la metà di tutta la risicoltura europea e di certo il panorama varietale nazionale non è da meno. Ad oggi, su un totale di 438 varietà di riso iscritte al Catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole (requisito necessario per la loro commercializzazione all’interno dell’UE), ben 244 (il 56% circa) sono italiane.
Il lavoro di miglioramento genetico del riso in Italia iniziò circa a metà del 1800, distinguendosi da subito per il significativo e cruciale contributo alla selezione di nuove varietà anche da parte dei risicoltori, che contribuirono a favorire l’eccezionale agrobiodiversità (biodiversità degli ecosistemi agricoli), protagonista ancora oggi della risicoltura europea.
La conoscenza dell’evoluzione di questa agrobiodiversità è di cruciale importanza al fine di comprendere l’impatto che i diversi risultati del miglioramento genetico hanno avuto nel corso della storia e istruire nuovi programmi di selezione di varietà, delineando le tendenze evolutive al fine di imparare da errori e successi del passato.
Storia del miglioramento genetico del riso in Italia
Possiamo riassumere la storia delle varietà di riso in Italia in cinque periodi che rappresentano alcune delle principali tappe della risicoltura italiana.
Nel primo periodo, che precede l’inizio del miglioramento genetico del riso in Italia (1850-1927), non esistevano ancora vere e proprie varietà uniformi e stabili come possiamo intenderle oggi, ma piuttosto popolazioni eterogenee, che venivano tutte chiamate con il nome di riso “Nostrale”. Le diverse popolazioni di riso “Nostrale” erano tutte caratterizzate da taglia elevata e sensibilità alla principale malattia del riso: il “brusone”. In questo primo periodo, l’unica tecnica di selezione utilizzata era la cernita e la riproduzione delle piante migliori. Iniziano, inoltre, viaggi di ricerca di nuove sementi all’estero e in seguito cominciano a diffondersi le prime varietà.
Nel secondo periodo (1928-1962) viene introdotta la tecnica dell’ibridazione, con la quale fu possibile per la prima volta l’incrocio artificiale tra varietà diverse, che favorì l’aumento della variabilità genetica disponibile. Continuò l’importazione di nuove varietà da paesi esteri, in particolare da Cina, Giappone e USA, che vennero a loro volta incrociate artificialmente con le varietà autoctone.
Il terzo periodo (1963-1990) fu caratterizzato dall’introduzione e diffusione della meccanizzazione in risicoltura, con l’arrivo delle prime mietitrebbiatrici semoventi da risaia che permettevano la raccolta del riso su grandi superfici. Questa innovazione richiese un cambiamento delle varietà coltivate per facilitare le operazioni effettuate con l’ausilio di macchine agricole. Si lavorò sull’abbassamento della taglia, non solo per minimizzare il problema dell’allettamento (la suscettibilità delle piante a piegarsi al suolo per effetto di pioggia e vento), ma anche per ridurre la quantità di paglia. Infatti, mentre fino a quel momento la paglia veniva usata per formare dei covoni (fasci di pannocchie realizzati manualmente dai mietitori) da trebbiare in seguito, le prime mietitrebbiatrici erano agevolate da ridotte quantità di paglia, per evitare che ostruisse gli apparati meccanici di mietitura e trebbiatura. Nello stesso periodo si cercò, inoltre, di abbreviare il ciclo di coltivazione nelle nuove varietà per agevolare la lotta alle infestanti, ma anche perché, grazie alla diffusione dei mezzi agricoli, era possibile effettuare con minore manodopera lo stesso lavoro, ulteriormente facilitato da una semina più tardiva e una raccolta precoce.
Nel quarto periodo (1991-2004) crebbe l’interesse per le varietà a cariosside affusolata (il classico chicco di riso stretto e lungo, che viene tipicamente impiegato per le insalate di riso), prodotto molto richiesto nei mercati internazionali. Una di queste varietà importata dall’estero (L202) aveva la peculiarità di possedere i geni cosiddetti semi-dwarf, capaci di determinare una taglia molto bassa, da cui vennero ben presto ottenute le prime varietà autoctone appartenenti a questa tipologia. Queste varietà diventarono ben presto molto popolari, in particolare con la costituzione nel 1998 della varietà Gladio, che ben presto divenne la varietà più coltivata per quasi un decennio.
Nel corso dell’ultimo periodo in esame (2005-2015) si è fatto largo uso di un’altra tecnica: la mutagenesi. Il principio di base è quello di indurre mutazioni casuali nel corredo genetico della pianta, nella speranza di ottenerne una favorevole allo scopo ricercato. Gli obiettivi furono sostanzialmente due: la resistenza agli erbicidi per la lotta alle infestanti e la riduzione della taglia nelle varietà tradizionali da risotto, tipicamente molto sensibili all’allettamento.
Evoluzione varietale
In conclusione, tra il primo e il secondo periodo vi è stato un aumento della taglia e della variabilità, verosimilmente dovuta all’importazione massiva di varietà dall’estero e al loro incrocio con le varietà autoctone (Figura 1). Dal secondo periodo in poi, la taglia delle varietà di riso italiano ha avuto una riduzione stupefacente. Inizialmente, nel terzo periodo, per facilitare la raccolta meccanica; in seguito, nel quarto periodo, grazie all’introduzione e all’incrocio con genotipi semi-dwarf e, infine, nell’ultimo periodo, la taglia e la variabilità di questa caratteristica è ridotta ai minimi storici. Si stima un tasso di riduzione della taglia dal 1980 al 2015 pari a 6-8 cm per decade.
Se prendiamo in esame la durata del ciclo di coltivazione, la situazione è analoga (Figura 2, in cui viene mostrata la data di raccolta media per le varietà appartenenti a ognuno dei cinque periodi, ipotizzando una tipica semina al 1° maggio). Con l’avvento della meccanizzazione e il perfezionamento delle tecniche agronomiche, le varietà a ciclo breve consentivano di gestire più superficie con minor manodopera e di effettuare agevolmente la lotta alle infestanti. Questa tendenza è continuata fino ad oggi e, benché il numero di varietà rilasciate ogni anno sia cresciuto considerevolmente, il numero di tardive è molto basso e vi è una forte propensione per varietà precoci.
Una caratteristica comune alla storia del miglioramento genetico del riso in Italia è la ricerca di nuove fonti di resistenza al “brusone”, malattia considerata a livello internazionale la più importante sia dal punto di vista scientifico che economico. Il patogeno è altamente mutevole ed è stato in grado di sorpassare ciclicamente le nuove fonti di resistenza individuate, rendendo necessario un continuo sforzo per ottenere varietà meno sensibili alla malattia.
Negli ultimi dieci anni abbiamo assistito alla ricerca di caratteristiche qualitative e nutrizionali della cariosside, che riscuotono sempre maggiore interesse nel consumatore. In tal senso, sono state selezionate varietà con pigmentazione del pericarpo (riso rosso o riso nero, reso popolare con la varietà Venere), con aroma (etichettato spesso come riso basmati), con embrione gigante (un concentrato di sostanze nutritive e antiossidanti la cui maggiore dimensione conferisce un miglior profilo nutrizionale) o una combinazione di questi.
La ricerca del CREA riguardo all’agrobiodiversità del riso
Esistono molte iniziative di conservazione della agrobiodiversità ex situ (come banche del germoplasma e campi catalogo) o in situ (nell’ambiente di origine della varietà). Il maggior limite allo sfruttamento efficiente di queste risorse risulta però essere la carenza di descrizioni e caratterizzazioni di questo patrimonio genetico vegetale.
Proprio per contribuire a colmare questa lacuna il CREA ha pubblicato svariati lavori di descrizione delle varietà di riso italiane ed europee, sia su riviste scientifiche specializzate sia in pubblicazioni di carattere divulgativo, e continua a lavorare perché queste attività siano quanto più possibile aggiornate rispetto al crescente numero di varietà che vengono rilasciate ogni anno.
L’aspetto della difesa fitopatologica del riso e delle sementi di riso è stato anch’esso affrontato su diversi fronti, sia pubblicando estese caratterizzazioni riguardo al grado di resistenza genetica delle varietà coltivate (che rimane tutt’oggi il metodo di difesa più conveniente sotto diversi punti di vista), sia esaminando metodi di controllo convenzionali e innovativi. Data l’elevata capacità del patogeno di mutare e superare ciclicamente le nuove fonti di resistenza, il continuo aggiornamento di questi lavori di caratterizzazione è importante non solo per chi si occupa di selezionare varietà resistenti, ma anche per i risicoltori, che possono disporre di uno strumento aggiuntivo per scegliere la varietà da coltivare.
In conclusione, si può affermare senza esagerare che l’agrobiodiversità è uno dei pilastri su cui si fonda il progresso in agricoltura. Mentre per alcune caratteristiche la variabilità nel panorama varietale di riso italiano si è ridotta nel tempo, stiamo assistendo a nuove tendenze che stanno invece ampliando l’agrobiodiveristà. Inoltre, grazie a numerose iniziative di conservazione, le risorse genetiche vegetali del passato sono relativamente al sicuro e costituiscono un ampio arsenale a disposizione del miglioramento genetico. Per questo motivo, insieme alla loro continua caratterizzazione e descrizione, si ritiene che la salvaguardia delle risorse genetiche vegetali rimanga uno degli strumenti principali che l’agricoltura avrà a disposizione per affrontare le grandi sfide presenti e future.
Banca del germoplasma comprendente circa 800 diverse accessioni di varietà – CREA Difesa e Certificazione, sede di Vercelli
La sede di Vercelli del CREA-Centro di ricerca Difesa e Certificazione dispone attualmente di una banca del germoplasma comprendente circa 800 diverse accessioni di varietà.
Sono attualmente conservate tutte le 235 varietà italiane iscritte al registro nazionale e oltre 300 varietà storiche o non più iscritte. Sono presenti inoltre 273 varietà provenienti da nazioni UE, così come diverse accessioni da Cina, Egitto, Giappone e Stati Uniti.
Vi sono alcune varietà, appunto di inizio 1900, che sono considerate capostipiti delle varietà moderne come, ad esempio, il Nano (da cui deriva il Vialone Nano), il Lady Wright (importato dagli USA), il Chinese Originario, o la sua versione esportata e acclimatata negli USA e poi re-importata, l’Americano 1600.
Sono conservate, poi, anche varietà più recenti che non sono mai state coltivate, ma solo usate per incrocio e selezione di nuove varietà come Raffaello (geneticamente poco stabile e altamente segregante, usata per varietà a cariosside arrotondata o semi-affusolata) o L202 (per varietà a cariosside molto affusolata).
Differisce da una “normale” banca del germoplasma nella sua finalità: le varietà vengono conservate ai fini degli esami necessari per la registrazione e la protezione delle nuove varietà, per questo motivo comprende quasi esclusivamente varietà coltivabili nelle aree risicole italiane.
Tutte le varietà presenti sono state coltivate e descritte secondo metodologie ufficiali riconosciute a livello internazionale, poi diffuse in svariate pubblicazioni su riviste peer-reviewed specializzate o a carattere divulgativo.
#lafrase Memento mori