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martedì, 3 Dicembre 2024

Sostenibilità in zootecnia /2 – Il progetto carne grass fed beef

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La produzione zootecnica ha il potenziale per essere una componente importante dell’agricoltura sostenibile a livello globale. Come dimostra l’esempio dell’allevamento bovino per la produzione della carne grass fed beef (grass fed) al pascolo in uliveto, affidato al CREA Zootecnia e Acquacoltura dall’Imprenditrice Anna Federici dell’Azienda Agricola Boccea, e coordinato dalla consulente veterinaria sistemica Francesca Pisseri.

Azienda, territorio, natura e ricerca, integrandosi tra loro, hanno prodotto dati molto interessanti e, naturalmente, all’insegna della sostenibilità.  

Un po’ di storia 

Per l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO) lo sviluppo sostenibile “persegue il cambiamento tecnologico e istituzionale in modo tale da garantire il raggiungimento e la soddisfazione dei bisogni umani per le generazioni presenti e future. Tale sviluppo sostenibile (nei settori dell’agricoltura, della silvicoltura e della pesca) conserva la terra, l’acqua, le risorse genetiche vegetali e animali, non è lesivo dal punto di vista ambientale, è tecnologicamente appropriato, economicamente sostenibile e socialmente accettabile”  

Nello specifico, la FAO definisce l’agricoltura sostenibile e lo sviluppo rurale come processi che devono soddisfare i seguenti criteri: 

Garantire i requisiti nutrizionali di base delle generazioni presenti e future, qualitativamente e quantitativamente.   

Ormai è acclarato che l’uso di foraggio verde produce una carne con composizione differente da quella degli animali allevati a base di foraggi conservati e mangimi. La carne, infatti, presenta un minore contenuto in grasso e acidi grassi saturi ed un maggior contenuto in grassi polinsaturi (fino al 45% in più). Tra i polinsaturi, gli n-3 aumentano di 3 volte, mentre gli n-6 restano pressoché stabili. Gli animali selezionati dal CREA- Zootecnia e Acquacoltura per la sperimentazione hanno dato un valore medio nei tre anni di 2.29 nel rapporto n6/n3. Questo rapporto non dovrebbe mai superare il valore di 4 o 5. L’altro aspetto, meno noto, ma da non sottovalutare è il contenuto vitaminico (E, A e C). L’apporto fornito attraverso foraggi freschi è sufficiente a coprire i fabbisogni, mentre quando si usano quelli secchi sono necessari integratori specifici.  

Fig. 2 – Pascolo dello Studio per la produzione della carne grass fed beef (grass fed) – Foto di F. Pisseri Azienda Boccea

Circa l’aspetto quantitativo si possono usare varie tecniche di pascolo turnato (Dinamico, istantaneo, Voisin, etc), ma l’obiettivo comune è quello di permettere l’uso razionale e totale delle essenze presenti nei pascoli. Questo aumenta la produzione e la copertura del terreno, rendendo, così, il pascolo resiliente ai cambiamenti climatici. Nello Studio per la produzione della carne grass fed beef (grass fed) l’ingrasso dei vitelloni si è svolto nei mesi compresi tra Marzo e Giugno ma, poiché nei 3 anni di prova la produzione quanti-qualitativa foraggera, non è stata uguale a causa del clima, è stato necessario procedere ad integrazione mirata.

Fig. 3 – Prelievo campioni pascolo – Studio per la produzione della carne grass fed beef (grass fed) – Foto di F. Pisseri Azienda Boccea

La variabilità produttiva è una delle maggiori difficoltà di questa tecnica di allevamento, in quanto bisogna integrare in modo ottimale, bilanciato (fieni e granelle) e senza sprechi. Questo implica una buona formazione degli operatori, che deve comprendere anche conoscenze personali e collettive di tipo esperienziale. Sotto questo punto di vista i Living Labs possono dare un contributo eccellente alla gestione dell’allevamento ed anche nella pianificazione di un sistema integrato di produzione territoriale: il living lab è, infatti, approccio all’attività di ricerca incentrato sull’utente e sull’ecosistema di Open innovation, che opera spesso in un contesto territoriale, integrando processi d’innovazione e di ricerca in una partnership tra persone del settore pubblico e privato. Questo allevamento non assicura quantitativi paragonabili a quello intensivo, ma uno degli obiettivi primari è il mantenimento e la conservazione del territorio con un eventuale incremento dei beni primari.  

Fornire occupazione, un reddito sufficiente e condizioni di vita e di lavoro dignitose a tutti coloro che sono impegnati nella produzione agricola. 

Nello Studio per la produzione della carne grass fed beef (grass fed) non sono state eseguite analisi sulla mano d’opera occorrente per questo tipo di allevamento ma il grado di specializzazione necessario è noto ed evidente. Prima di tutto bisogna saper gestire gli animali al pascolo e questo implica la conoscenza del loro comportamento; per esempio, è noto che in qualsiasi gruppo si crea una gerarchia: conoscere quale essa sia e come si sviluppi e si evolva permette lo spostamento ed il maneggiamento della mandria in modo più semplice e sicuro. È sufficiente, infatti che l’operatore conquisti la fiducia del capobranco (anche con un fischio o una modulazione della voce) per operare senza troppe difficoltà. Inoltre, è necessaria la presenza di personale con conoscenze eterogenee: oltre al veterinario ed all’alimentarista, servono unità specializzate nella gestione delle foraggere da pascolo che devono lavorare in sinergia con un forestale e/o un agronomo con conoscenze in arboricoltura, in modo da poter pianificare al meglio le turnazioni a seconda della stagione anche nei campi arborati. In alcuni momenti della pianificazione poi, potrebbe esserci bisogno di personale con competenze ingegneristiche per implementare le tecnologie che si riferiscono alla zootecnia e all’agricoltura di precisione. Tale approccio può portare a un incremento dell’occupazione e all’ottenimento di un prodotto ad elevato valore intrinseco che, in questo momento storico, potrebbe occupare un segmento di mercato particolare e remunerato. 

Nell’ambito del progetto, è stato calcolato il costo di alimentazione (che ricopre almeno il 60% dei costi di produzione del vitellone da carne) per incremento di kg di carne riferito ai costi di mercato del 2018 ed è stato ottenuto un costo di produzione pari di 2,92 Euro/kg di incremento a fronte di 3,65 Euro/kg incremento del vitellone Chianino e 1,69 Euro/kg incremento dei ristalli francesi.  

Mantenere e, ove possibile, migliorare la capacità produttiva della base di risorse naturali nel suo insieme e la capacità rigenerativa delle risorse rinnovabili, senza interrompere il funzionamento dei cicli ecologici di base e degli equilibri naturali.  

L’obiettivo di una buona gestione del bovino al pascolo turnato è far sì che l’animale mangi tutte le essenze in quantità tale che restino in grado di ricacciare per dare nuovo alimento; inoltre, se dopo il pascolamento le deiezioni vengono sparse per mezzo di uno strigliatore o di un ranghinatore, si ottiene una concimazione omogenea del terreno con vantaggio per la dotazione in sostanza organica e ricaccio omogeneo delle essenze.  

Fig. 4 Ranghinatore monogirante al lavoro su spessori importanti di biomassa. Foto di A. Assirelli, CREA- Ingegneria e Trasformazioni Agroalimentari 

Bisogna tener presente che i pascoli, qualora sfruttati razionalmente, aumentano la loro biodiversità vegetale, permettendo il germogliamento di piante diverse in base all’andamento climatico. A riprova di ciò, dai dati rilevati nei tre anni di prova, la percentuale di graminacee è variata dall’83% al 72%; quella delle leguminose è passata da 0% a 2% mentre le altre essenze sono aumentate dal 17% al 26%.   

Analizzando poi i dati relativi alle femmine con i vitelli, in pascoli arborati con presenza di olivi è emerso che tale specie riduce l’impiego di farmaci antielmintici se assunta come alimento grazie ai tannini presenti nelle foglie. Si ottiene quindi, in modo del tutto naturale un equilibrio fra parassiti e animale che preserva le performances riproduttive e quindi produttive: in due anni di analisi, la fertilità è stata del 96% (il valore ottimale nei bovini da carne è almeno 80%). II pascolo bovino in oliveto comporta una potatura degli ulivi a vaso policonico alto in modo che agli animali sia impossibile mangiare le olive o i rami fioriti limitandosi ai polloni basali. Questo tipo di potatura aumenta la capacità di captare la luce con conseguente aumento/stabilità di produzione, possibile diminuzione dei tempi di maturazione e conseguente aumento di rese in olio.  

Tutto ciò massimizza o migliora le produzioni mantenendo un equilibrio naturale senza interruzione del funzionamento dei cicli ecologici. 

Ridurre la vulnerabilità del settore agricolo ai fattori naturali e socioeconomici avversi e ad altri rischi rafforzando l’autosufficienza.  

Quanto riportato sopra si collega anche alla riduzione della vulnerabilità del settore agricolo sia perché si hanno due produzioni sullo stesso appezzamento sia perché la presenza di alberi fa sì che ci sia un aumento dello stoccaggio del carbonio non solo sulla superficie del terreno, ma anche in profondità, con conseguente aumento della sostanza organica. Chiaramente un sistema di pascolamento in oliveto visto da solo non porta al rafforzamento dell’autosufficienza ma, a livello aziendale o anche distrettuale esso può essere assicurato diversificando le produzioni, garantendo la resilienza a livello economico, in funzione di un sistema circolare che utilizzi in modo adeguato e rigenerativo tutti i fattori della produzione e diminuisca al tempo stesso gli input esterni. Limitandosi al settore zootecnico, si può portare l’esempio di pascolamento turnato condotto con i bovini e poi seguito dagli ovini o lo studio tutto italiano sull’allevamento del pollo e dell’asparago selvatico in uliveto.   

Fig. 5 – Bovini al pascolo – CREA-Zootecnia e Acquacoltura sede di San Cesareo sul Panaro (MO) Foto di D. Bochicchio

Conclusioni 

L’allevamento al brado copre tutti i punti di ciò che si intende per Sostenibilità, ma c’è ancora molto da fare e da capire. In primis occorre realizzare che gli allevamenti, per essere veramente sostenibili, devono essere integrati all’interno di altre produzioni in modo da creare un circuito in cui gli input esterni abbiano un’incidenza minima ed il sistema abbia una resilienza massima. Probabilmente il primo passo da compiere è aumentare l’integrazione delle conoscenze in modo che aziende e territorio diventino un centro di aggregazione polivalente.  

Miriam Iacurto
CREA Centro Zootecnia e Acquacoltura sede Monterotondo (RM)

Si occupa principalmente di tecniche di allevamento dei ruminanti e negli ultimi anni si sta avvicinando all’agroforestazione 

#lafrase La realtà è la realtà: non puoi farla sparire dicendo che è un sogno. Ma, se è un sogno, solo ricordando che è un sogno, scompare (Osho)

Michela Contò 
CREA Centro Zootecnia e Acquacoltura sede Monterotondo (RM)

Si occupa principalmente dell’applicazione di metodiche analitiche per l’individuazione di molecole con valore nutraceutico e prodotti dell’ossidazione lipidica e proteica nei prodotti di origine animale 

#lafrase Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo (Ghandi) 

Davide Bochicchio 
CREA Centro Zootecnia e Acquacoltura sede di San Cesareo sul Panaro (MO) 

Si occupa di miglioramento qualitativo degli alimenti di origine animale, benessere e nutrizione degli animali con particolare riferimento all’allevamento con il pascolo   

#lafrase Le occasioni una volta colte si moltiplicano (Sun Tzu) 

David Meo Zilio 
CREA Centro Zootecnia e Acquacoltura sede Monterotondo (RM)

Si occupa di nutrizione ed alimentazione degli animali da reddito, con particolare riferimento alla sostenibilità delle produzioni zootecniche, e di zootecnia di precisione. 

#lafrase Sbagliare è cosa umana, anche per questo: gli animali sbagliano poco o non sbagliano affatto (G.C. Lichtenberg)

 

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