La viticoltura è tra i settori agricoli quello che forse avrebbe maggiore necessità di percorsi di sostenibilità. Se ne parla da tempo e il CREA Viticoltura ed Enologia è impegnato con il progetto “OENOMED” nell’ elaborazione di un nuovo modello di viticoltura sostenibile per la filiera vitivinicola italiana
È da almeno venti anni che si è iniziato a parlare di sostenibilità (Johannesburg 2002), e poco meno di viticoltura sostenibile (Risoluzione Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino – OIV CST 1-2004) per la definizione degli obiettivi e delle fasi. Le successive Risoluzioni OIV hanno tracciato le linee-guida per l’applicazione della sostenibilità al settore vitivinicolo (Risoluzione OIV CST 1-2008) e infine, nel 2016, la Risoluzione OIV CST-518 ne ha definito i tre pilastri fondamentali e la loro interconnessione (vedi Figura seguente). La viticoltura sostenibile è così definita come la sintesi di un concetto ampio che abbraccia certamente i tipi di viticoltura da noi conosciuti (integrato, biologico, biodinamico, di precisione) e in cui rientrano aspetti ambientali ed economici insieme, ma con l’inserimento di una forte dose di motivazioni etico-sociali.
In pratica, ciò significa che un produttore sensibile alle questioni ambientali e che già utilizza, ad esempio, metodi di produzione che prevedono meno chimica per i trattamenti a difesa delle fitopatie della vite o minor uso di concimi minerali, si trasforma in un viticoltore che fa viticoltura sostenibile se ha a cuore anche la tutela di risorse di interesse collettivo. Cioè, se concorre alla tutela e alla valorizzazione di risorse di proprietà pubblica, quindi di tutti, ed esauribili. Questo è il caso, ad esempio, della risorsa acqua nonché della biodiversità. Se il viticoltore si preoccupa di quanta acqua consuma nelle attività del suo ciclo produttivo ed intende ridurne il consumo, si attiverà, di conseguenza, anche per non inquinarne la fonte di provenienza (pozzi, falde), intraprendendo così un percorso di viticoltura sostenibile. Lo stesso vale per la Biodiversità, risorsa pubblica tra l’altro entrata di diritto, da poco, nella nostra Costituzione. Se il viticoltore ha a cuore la biodiversità di flora e fauna e per questo intende convivere con la presenza, intorno al proprio vigneto, di boschetti, siepi o un po’ di incolto; o se, ancora, preferisce utilizzare anche vitigni autoctoni insieme ad altre varietà nel proprio vigneto, sicuramente si avvia verso un modello produttivo di viticoltura sostenibile.
Nel nostro Paese è da circa un decennio che si è iniziato a parlare di viticoltura sostenibile. Nel 2015 nasce il sistema di certificazione Equalitas, presentato in occasione di Vinitaly 2016 mentre, nel 2019, viene reso pubblico un primo Disciplinare attuativo (realizzato dal Ministero dell’Ambiente nell’ambito del Programma VIVA). Ma il primo vero riferimento normativo organico è di recentissima uscita: si tratta del DM 16.03.2022 con cui il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, sostenuto dall’apposito Comitato per la Sostenibilità Vitivinicola (CoSVi), pubblica il Disciplinare per il sistema di certificazione della sostenibilità’ della filiera vitivinicola.
Questo Disciplinare istituisce dal 2022 nel nostro Paese un sistema (volontario) di certificazione delle pratiche di viticoltura sostenibile a cui le aziende, se lo vogliono, possono aderire. Questo sistema prevede l’uso delle tecniche di viticoltura integrata, cioè tecniche che oggi possiamo definire di un livello iniziale di viticoltura sostenibile (ma meglio che niente…). Le aziende che volessero aderire devono adottare il Sistema di qualità nazionale della produzione integrata (SQNPI).
A ridosso di questi percorsi tecnico-normativi sulla viticoltura sostenibile, il CREA Viticoltura ed Enologia, con le due sedi di Velletri e Arezzo che ne rappresentano il pilastro scientifico, sta partecipando ad un importante progetto strategico sulla viticoltura sostenibile, basato sulla cooperazione transfrontaliera mediterranea e finanziato dal programma europeo ENI CBC MED. Il Progetto denominato “OENOMED”, tutt’ora in corso, è finalizzato alla costruzione di una rete di piccole e medie imprese vitivinicole che operano in Aree Protette e che attueranno Disciplinari condivisi di viticoltura sostenibile.
Il partenariato è composto da 4 paesi: Italia, Francia e i due paesi mediterranei transfrontalieri Tunisia e Libano. Ognuno di questi paesi è rappresentato da tre partners interni: un Centro di Ricerca in materia di Viticoltura; un’Area Protetta pubblica sui cui territori le aziende dovranno impegnarsi a svolgere viticoltura sostenibile e una Istituzione che rappresenta i produttori viticoli, associati o meno, che intendono impegnarsi e partecipare al Progetto condividendone e co-approvandone il programma applicativo. Per noi in Italia l’Area Protetta di riferimento è il Parco Regionale dei Castelli Romani nel suo insieme: Area vincolata e Area contigua.
I tre componenti del partenariato italiano sono il CREA VE (Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’Analisi dell’Economia Agraria – Centro di Ricerca di Viticoltura ed Enologia); l’Ente Parco dei Castelli Romani e l’ARSIAL (Agenzia Regionale per lo Sviluppo in Agricoltura del Lazio). Il partenariato è inoltre sostenuto da un insieme di portatori di interesse quali Pubbliche Amministrazioni locali, Istituzioni scientifiche, Organizzazioni affini alla Filiera, Professionisti del settore, Consumatori. Ognuno dei quattro paesi partecipanti, attraverso un processo di animazione obbligatorio (GAP = gruppi di animazione pubblico-privato), elabora un Disciplinare Locale per far adottare pratiche di viticoltura sostenibile alle aziende produttrici della propria Area Protetta. Ogni Disciplinare, nella consapevolezza delle proprie diversità, dovrà adottare “buone pratiche sostenibili” che proteggano e valorizzino, in ordine di importanza, le seguenti 5 fondamentali Risorse di interesse pubblico nell’area del Mediterraneo:
Le “buone pratiche” verranno attuate sia tenendo conto delle caratteristiche oggettive delle aziende partecipanti al progetto (quelle italiane sono 16, sono state definite aziende “ambasciatrici” e si presentano con diversa organizzazione, dimensioni e tipi di viticoltura); sia tenendo conto delle diverse caratteristiche fisiche del territorio dell’Area Protetta del Parco dei Castelli Romani. Questo territorio, sottoposto a zonazione territoriale, è stato suddiviso in 6 zone in cui le aziende che vi ricadono saranno chiamate ad adottare diversi gradi di attenzione e responsabilità per la difesa, la conservazione e la valorizzazione delle 5 Risorse Pubbliche. Ciò significa che potranno adottare differenti “buone pratiche sostenibili” seguendo uno schema di questo tipo:
Il Disciplinare Locale, quindi, regolamenterà la produzione ed il commercio dei vini a Marchio “VAPMed” provenienti da viticoltura sostenibile attuata sui territori dell’Area Protetta “Parco Regionale dei Castelli Romani, e destinati ad apposito mercato. Ne stabilisce le regole e descrive gli impegni che le aziende devono assumere per poter utilizzare il marchio, il monitoraggio e i benefici che ne deriveranno. Il Disciplinare si basa su un processo di consultazione locale dal basso e di cooperazione internazionale; tiene conto delle specificità delle risorse locali riconosciute di interesse pubblico, minacciate e da preservare, delle pratiche viticole esistenti e dei loro impatti, positivi o negativi su tali risorse, e mira a rendere tali pratiche più virtuose per favorire la conservazione e valorizzazione di tali Risorse.
Un Disciplinare unico finale, denominato MED (mediterraneo), convalida l’osservanza dei principi generali alla base del modello di sostenibilità viticola e dei valori condivisi e menzionati nei Disciplinari Locali dei 4 Paesi e stabilisce la “governance” del marchio stesso. Oltre a favorire la cooperazione tra i diversi paesi, il Disciplinare MED declina le condizioni di ammissibilità delle imprese per l’utilizzo del marchio, le regole di gestione e promozione, e definisce l’organismo di controllo e coordinamento a cui partecipano i rappresentanti dei partenariati dei 4 Paesi.
In altre parole: una azienda vitivinicola dell’Area Protetta del Parco dei Castelli Romani ed Aree Contigue, per entrare in una rete che riunisce i produttori vitivinicoli di altre tre Aree Protette di Paesi del mediterraneo – riconoscibile e riconosciuta da un Marchio collettivo che dovrebbe rendere più competitivo il prodotto vino – dovrà adottare “buone pratiche” sostenibili e condivise, che tutelino e valorizzino, in ordine di importanza, le seguenti 5 fondamentali Risorse di interesse pubblico: acqua, biodiversità, suolo e paesaggio, siti storici ed archeologici, tradizioni ed usi vitivinicoli.
Si ringrazia per la collaborazione all’articolo il team di ricerca composto da Francesca Cecchini; Luna Centioni; Ambra Clemente; Roberto Nuti; Massimo Morassut, oltre a Pasquale Cirigliano.
Si occupa prevalentemente di Ecologia Viticola; Viticoltura Sostenibile e di Precisione; Biodiversità Viticola
#lafrase Corpora non agunt nisi soluta (metafora dell’aforisma degli alchimisti)
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