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venerdì, 31 Gennaio 2025

Fiori spontanei: che sorpresa!  

Della stessa Rubrica

Quando i fiori selvatici, oltre che belli, sono utili in zootecnia e nel settore caseario  

I fiori spontanei costituiscono una vera risorsa per la zootecnia ed il settore caseario. La loro storia, così come i colori, il profumo e le loro qualità, si confonde nel racconto dei poeti per tornare a noi, grazie alla ricerca ed all’etnobotanica, per svelare tutto il suo enorme potenziale. La loro presenza o assenza è indicatore prezioso della biodiversità e della salute dei pascoli, in grado di incidere sulla qualità di latte e carne. Insomma, un vero patrimonio per tutto l’ecosistema. 

Con l’arrivo della primavera, dalle regioni più calde fino ai monti più alti, prati, pascoli, boschi, bordo strada e persino i dirupi sono ravvivati da una moltitudine di colori: sono i fiori selvatici che, minuti o grandi, semplici o complessi, dalle forme e tonalità più svariate, sono espressione della ricchezza della biodiversità.  

È quella flora ritenuta umile perché spontanea, anche se perfetta, armonica per forme e sfumature. Eppure, esattamente come i fiori più nobili, essa deve attrarre pronubi e animali per assolvere allo scopo primordiale della moltiplicazione (Figura 1). Ma in realtà è molto di più: ad esempio, è alimento per greggi e mandrie di animali da reddito -ovini, caprini o bovini -, ciascuno con le sue peculiarità di pascolamento e comportamento.

Figura 1Viola canina L. – Viola selvatica (maggio, Monte Li Foy – PZ) 

Immagini bucoliche a parte, i fiori spontanei rappresentano una vera e propria risorsa. Contengono zuccheri, vitamine (ad esempio il beta-carotene), composti che svolgono azione antiossidante (aromatici come i terpeni, non aromatici come i polifenoli), oli ricchi in acidi grassi (oleico, linoleico, alfa-linolenico), solo per citarne alcuni. Queste molecole vengono ingerite dai mammiferi che, in parte, le trasferiscono direttamente nel latte o nella carne, mentre altre vengono metabolizzate in composti ad alto valore biologico (CLA – ac. linoleico coniugato, ecc.).  

 I pastori sanno che portando il gregge o la mandria a pascolare in alcuni versanti dove cresce il timo serpillo (Thymus serpyllum L.), il latte sarà più profumatoe il formaggio più pregiato. Per il Pecorino di Filiano DOP (Basilicata), ad esempio, il periodo di pascolamento migliore per il formaggio è da aprile a maggio, con la fioritura di trifogli (Figura 2), vecciatimo e altre specie zuccherine e profumate. Le mucche Podoliche che pascolano nel bosco e le capre amano brucare le cime dei cespugli, fra questi il biancospino.

Figura 2 – Trifogli in fiore (aprile, Monte Li Foy – PZ) 

Ogni specie animale ha il suo modo di utilizzare le risorse naturali: i bovini prediligono i prati aperti, ma le razze più rustiche – oltre che brucare il sottobosco (e così pulendolo e contribuendo al controllo degli incendi e dell’erosione) -sanno inerpicarsi sui pendii dove crescono specie meno rigogliose, ma più ricche in nutrienti. Gli ovini sono meno selettivi, non degnano di uno sguardo la macchia, concentrandosi, invece, sul tappeto erboso, che sfruttano fino al colletto della pianta. I caprini sono i cesellatori del prato-pascolo, del sottobosco. Selezionano la specie, fino alla parte di pianta, in base ai fabbisogni dello stadio fisiologico che stanno vivendo (gravidanza oppure lattazione o asciutta). Sanno arrampicarsi per brucare le foglie fra i rami spinosi di biancospino (Crataegus oxyacantha L.) (Fig. 3), o per cimare i boccioli di borragine (Borago officinalis L.), arricchendo il latte di flavonoidi e terpenoidi, composti aromatici dalle proprietà antiossidanti (de Feo et al., 2006).

Figura 3 – Biancospino (Crataegus oxyacantha L.) (maggio, Potenza) 

Con il passaggio dall’inverno alla primavera, le specie dominanti spontanee variano, dalle graminacee (verdi a foglia stretta e lunga, come il loietto o il bromo) alle leguminose (ad esempio i trifogli) alle altre specie, come le composite (le pratoline, per esempio) o le labiate ( la menta selvatica) o le rubiacee ( il caglio zolfino). Al variare della composizione di questo bouquet spontaneo (Fig. 4), varia la composizione della dieta, così come quella del latte e quindi del formaggio (Fedele et al., 2005). 

Figura 4 – Prato polifita naturale (maggio, Monte Li Foy – PZ) 

E, proprio al caglio zolfino (Galium verum L.) (Fig. 5)e al cardo selvatico (Cynara cardunculus L.)  durante l’Impero Romano fu attribuita la capacità di coagulare il latte  di agnello o capretto in assenza di caglio (De re rustica, L.G. Columella, 50 a.C. ca.). Ma anche altre specie spontanee – come il camedrio (Teucrium chamaedris L.) (Fig. 6), l’attaccamani (Galium aparine L.), il cardo mariano (Silybum marianum L.), la celidonia (Chelidonium majus L.), l’ortica dioica (Urtica dioica L.) – hanno mostrato come riportato ai tempi nostri da un’indagine etnobotanica questa capacità poi verificata e misurata da un recente progetto del CREA Zootecnia ed Acquacoltura, CAPRINI ERBOSI (PSR 2014-2020 Regione Campania, 2019-2023).  

Figura 5 – Caglio zolfino (Galium verum L.) (giugno, Bella – PZ) 

Questi fiori contengono composti di varia natura, in grado di coagulare le caseine del latte e dare luogo a formaggi delicati e simili, a volte, a quelli prodotti originariamente con caglio animale (Lovallo et al., 2023). Quindi i fiori spontanei sono utili al settore lattiero-caseario per la produzione di formaggi alternativi! 

Camedrio comune

Teucrium chamaedris L. 

Il termine Teucrium viene riportato da Linneo,  dal greco τεύκριον – teúcrion, pianta citata anche da Dioscoride e da Plinio il vecchio (libro XXV, cap. 5) con possibile riferimento a Teucro (Τεῦκρος Teucros), primo re della Troade, vissuto prima della guerra di Troia che, secondo la leggenda, avrebbe utilizzato piante di questo genere a scopo medicinale. 

Figura 6 – Camedrio comune Teucrium chamaedris L. (maggio, Cilento – SA) 

Chamaedris: χᾰμαι- chamai- a terra, strisciante, e per estensione piccolo o nano, e da δρῦς drys quercia: simile a una piccola quercia con riferimento alla forma delle foglie (Dioscoride), nome già utilizzato da Teofrasto per il camedrio comune o erba querciola (Teucrium chamaédrys). 

 Presente in tutta Italia, fino ai 1400 m slm, con areale centrato sulle coste mediterranee, ma con prolungamenti verso nord e verso est (area della Vite). Il fusto è legnoso solo alla base, generalmente di piccole dimensioni. Fiori violetti, foglie ricche di peli, di color verde scuro, assai coriacee, opposte, le inferiori con breve picciolo, le superiori sessili, di forma ovata o ovato oblunga, generalmente si restringono a cuneo alla base, ma a volte sono spatolate, tronche o cordiformi, hanno la superficie con i margini crenati o anche lobati, con crenature. Fiorisce da aprile a dicembre. 

Pianta officinale, i pastori di capre e i casari la usavano, nel Cilento, per estrarre un coagulante da usare quando il caglio animale non era disponibile o per non sacrificare un capretto. 

Sulle colline di suoli misto-calcarei, bordure e terreni incolti del meridione italiano, da aprile fino a giugno, colpisce la vista il rosso porpora di una pianta che può arrivare fino a 150 cm: la Sulla (Hedysarum coronarium L.). Questa leguminosa, oltre ad essere una delle erbacee mellifere per eccellenza, è una specie foraggera preziosa per la qualità del latte e il benessere delle mammifere che se ne nutrono, sia fresca sia affienata. È ricca in antiossidanti (tannini condensati e polifenoli liberi) che migliorano la qualità del latte di capra per il potere antiossidante e influiscono positivamente sul benessere animale (Di Trana et al., 2014) (Fig. 7). 

Figura 7 – Sulla spontanea (Hedysarum coronarium L.) (periferia di Pisa. © piante-spontanee.it) 

Sulla

Hedysarum coronarium L. 

La Sulla è una leguminosa appartenente alla famiglia delle Fabacee. È spontanea in quasi tutti i Paesi del bacino del Mediterraneo, che viene pertanto ritenuto il centro di origine della specie. Ha radice fittonante, unica nella sua capacità di penetrare e crescere anche nei terreni argillosi e di pessima struttura. Gli steli sono eretti, alti da 0,80 a 1,50 m. Le foglie sono imparipennate, composte da 4-6 paia di foglioline, leggermente ovali. Le infiorescenze sono racemi ascellari costituiti da un asse non ramificato sul quale sono inseriti con brevi peduncoli i fiori in numero di 20-40, piuttosto grandi e del caratteristico colore rosso vivo. La fecondazione è incrociata, assicurata dalle api. Il frutto è un legume con 3-5 semi che, a maturità, si disarticola in tanti segmenti quanti sono i semi; questo seme vestito si presenta come un discoide irto di aculei, contenente un seme di forma lenticolare, lucente, giallognolo. 

Alcune specie, infine, sono veri e propri indicatori biologici dei prati-pascoli: il ranuncolo, ad esempio, predilige suoli umidi; pertanto, se in un prato o pascolo notiamo una vistosa macchia o lingua di fiori gialli – i ranuncoli appunto – possiamo dedurre che nello strato superficiale di terreno passi una vena d’acqua. Un’altra specie fiorita indicatore della salute del pascolo è l’asfodelo: in alcune aree, infatti, indicano un pascolo povero e sfruttato da un elevato numero di animali al pascolo che hanno già brucato le altre piante più appetitose, lasciando spazio a queste meno esigenti (Fig. 8). In mancanza di altro, però, pecore, capre e persino vacche di razza Podolica ne consumano, a fine estate, le foglie essiccate. 

Figura 8 – Asfodelo (Asphodelus albus Mill) (maggio, Monte Li Foy – PZ)  

Asfodelo Ramoso

Asphodelus ramosus L. subsp. ramosus 

Altre varietà: Asphodelus microcarpus Salzm. et Viv., Asphodelus aestivus Auct. fl. ital. non Brot., Asphodelus chambeironi Jord., Asphodelus albusMill. 

Pianta tuberosa di origine mediterranea (dal prefisso privativo α- a- senza e σφάλλω – sphállo - cadere, vacillare: che non vacilla, che perdura), dalle foglie nastriformi, allungate e glabre e confiori bianchi raccolti in un alto scapo che sembrano piccoli gigli. Diffusa in tutta la penisola, ad eccezione delle regioni settentrionali (fino alla Liguria ed Emilia-Romagna incluse), vive fino ai 1.200 m slm. Fiorisce da febbraio (pianura) fino a giugno (montagna). 

Citata da Omero, era associata ai prati ove si aggiravano le anime dei defunti; la sua persistenza era un riferimento alla memoria lasciata in quel luogo dai deceduti. 

Questa breve carrellata sui fiori spontanei utili in zootecnia, e non solo, è un invito a soffermarsi ad ammirare i fiori in un campo o al margine di una strada di campagna: con le loro forme e colori, che non sono frutto dell’azione umana, sono dei veri e propri gioielli in miniatura, preziosi sia per la loro bellezza, sia per la funzione che svolgono per l’intero ecosistema. Meritano tutto il nostro rispetto e apprezzamento.  

Per qualche approfondimento 

Fedele V., Rubino R., Claps S., Sepe L., Morone G. 2005. Seasonal evolution of volatile compounds content and aromatic profile in milk and cheese from grazing goats. Small Rum. Res., 59: 273-279. 

De Feo V., E. Quaranta, V. Fedele, S. Claps, R. Rubino, C. Pizza. 2006. Flavonoids and terpenoids in goat milk in relation to forage intake. Ital. J. Food Sci., 1(18): 85-92. 

Di Trana A., Bonanno A., Cecchini S., Giorgio D., Di Grigoli A., Claps S. 2014. Effects of Sulla forage (Sulla coronarium L.) on the oxidative status and milk polyphenol content in goats. J Dairy Sci 98(1):37–46.  

Lovallo C, De Feo V., Claps S., Sepe L. 2024. Evaluation of rheological properties of plant extracts from Mediterranean flora in goat milk. Small Rum. Res., 233:107250. 

Lucia Sepe
CREA Centro Zootecnia e Acquacoltura

Agronomo per formazione, ricercatrice curiosa, studia fra l’altro i fattori di qualità dei prodotti lattiero-caseari e le possibili innovazioni, comunica con passione.

#lafrase Per me la vita è un immenso dono e la ricerca scientifica è una delle sue spezie più saporite (LS)

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