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giovedì, 30 Gennaio 2025

Api, insetti impollinatori e fiori: una storia d’amore 

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Iniziata più di 100 milioni di anni fa, quella tra l’ape e il fiore è la storia d’amore più antica del mondo. Con i loro fiori colorati e profumati, le piante sanno corteggiare e attrarre i loro “innamorati”, che ogni qual volta fanno loro visita recuperano il nettare e il polline, trasformandosi in veri e propri Cupidi, messaggeri d’amore. 

Le piante e gli insetti impollinatori hanno una relazione intima e consolidata di lunga data. Questa storia d’amore comincia, infatti, circa 150 milioni di anni fa, quando avviene l’incontro tra i primi fiori e i primi insetti impollinatori. Da quel momento, la “relazione d’amore” andrà incontro alle classiche fasi del rapporto di coppia.    

Fase 1: L’incontro 

I personaggi si incontrano, spesso per caso, e scocca la scintilla.  

L’incontro avviene con l’origine delle angiosperme, (teoria ad oggi ancora non confutata), e quindi la comparsa dei primi fiori. Questi si sono evoluti probabilmente da strutture anemofile (cioè con impollinazione ad opera del vento), poiché alcuni insetti hanno iniziato a visitarli per sfruttare il polline come fonte di cibo. 

Angiosperme

le piante più diffuse, la cui caratteristica è la presenza di una struttura specifica per la riproduzione: il fiore, dal quale, in seguito a fecondazione, si formerà il frutto, che contiene i semi. Il nome angiosperme deriva dalla parola greca composta da aengeion: involucro e sperma = seme. Il termine allude a piante a “seme nascosto” poiché il seme è racchiuso e protetto dentro il frutto. Si parla anche di Antofite, da anthos= fiore: ecco perché è consuetudine parlare delle angiosperme come di piante con fiori.

Nel tempo, quindi, gli insetti hanno imparato che nei fiori potevano trovare il nutrimento di cui avevano bisogno, mentre le piante si sono rese conto che l’impollinazione entomofila (ossia grazie agli insetti) era più vantaggiosa di quella anemofila

Fase 2: L’innamoramento 

In questa fase l’attrazione è fortissima: non si pensa ai difetti dell’altro e si vive praticamente in simbiosi.  

Si parla già di coevoluzione: i due gruppi esercitano una pressione selettiva, l’uno sull’altro, evolvendo insieme.  Le piante sviluppano strutture fiorali specializzate e mezzi di richiamo per essere più attrattive – in primis le ricompense primarie come il nettare – mentre gli insetti mettono a punto strutture corporee e comportamenti di visita per rendere l’impollinazione più efficiente.

I mezzi di richiamo fiorali

I mezzi di richiamo fiorali sono quelle caratteristiche o risorse che i fiori dispongono per attirare gli impollinatori. 

Mezzi di richiamo “primari” 

Si tratta di vere e proprie ricompense alimentari, principalmente nettare e polline, che soddisfano le necessità fisiologiche del visitatore. 

Ape che raccoglie il polline dalle antere di un fiore 

Mezzi di richiamo “secondari”

Meccanismi che agiscono direttamente o indirettamente sull’apparato sensoriale dell’insetto, innescando una reazione a catena che stimola l’attrazione (es. odori, colori, forme). 

Il nettare

È una sostanza composta principalmente da acqua e zuccheri (saccarosio, glucosio e fruttosio) che viene prodotta da strutture chiamate nettàri. È la principale ricompensa per gli impollinatori, perché è una fonte di energia (carboidrati) per gli insetti ed è poco dispendiosa da produrre per la pianta.  Oltre agli zuccheri, il nettare contiene anche molte altre sostanze in minor quantità (metaboliti secondari, quali amminoacidi, lipidi, acidi organici e altri), che possono aumentare l’attrattività del fiore.  E’ proprio il nettare la sostanza che le api mellifere raccolgono e trasformano in miele.

Fase 3: L’equilibrio 

La coppia raggiunge stabilità e costruisce la sua routine. Il rapporto diventa profondo e i partner investono sulla relazione.  

La coevoluzione tra piante e impollinatori procede, portando in alcuni casi a rapporti più specializzati o esclusivi, con alcune piante che si avvalgono solo di alcuni insetti impollinatori, e alcuni insetti che visitano solo determinate specie di piante. I principali gruppi di insetti impollinatori sono i lepidotteri (farfalle e falene), i coleotteri, i ditteri (in particolare sirfidi e bombilidi) e gli imenotteri (vespe e apoidei). Tutti questi insetti si nutrono di nettare e/o polline solo in età adulta.  

L’unica eccezione è rappresentata dagli apoidei, evolutisi da antenati predatori 120 milioni di anni fa, passando ad uno stile di vita totalmente “vegetariano”. La quasi totalità degli apoidei, infatti, si nutre di polline e nettare anche nello stadio larvale, oltre che allo stadio adulto.

La specializzazione

La coevoluzione tra piante e impollinatori ha portato ad alcune relazioni estreme, esclusive. L’esempio classico è la relazione tra l’orchidea Angraecum sesquipedale (orchidea cometa o orchidea di Darwin) e la sfinge di Morgan (Xanthopan morgani). In Madagascar, nel 1862 venne scoperta questa specie di orchidea, il cui fiore presenta uno sperone lungo circa 30 cm. La ricompensa, il nettare, è situato all’estremità dello sperone, negli ultimi 3-4 cm. Darwin ne rimase estremamente affascinato e teorizzò che dovesse esistere un insetto, quasi sicuramente uno sfingide (falena), con una spiritromba lunga quanto lo sperone, capace di raggiungere il nettare, e quindi rappresentare l’impollinare dell’orchidea. Gli altri scienziati non ritennero valida questa teoria, quasi deridendo Darwin. Questi poi morì nel 1882, senza sapere che la sua teoria era invece esatta. Infatti, nel 1903, due entomologi scoprirono che l’impollinatore di questa orchidea è proprio una falena sfingide con una spiritromba lunga quanto lo sperone del fiore. Questo insetto venne identificato come una sottospecie della sfinge di Morgan (Xanthopan morgani), e venne battezzata Xanthopan morgani predicta, in onore di Darwin, che aveva appunto predetto la sua esistenza.

The pollinators of Malagasy star orchids Angraecum sesquipedale, A. sororium, and A. compactum and the evolution of extremely long spurs by pollinator shift. Botanica Acta 110: 343–359. Foto: Lutz Thilo Wasserthal (1997)

Le api “avvoltoio”

Nella foresta pluviale del Costa Rica, esistono tre specie di meliponini (api senza pungiglione) del genere Trigona che, durante l’evoluzione, sono tornate a una dieta carnivora come i loro antenati. Se da un lato come fonte di energia utilizzano sostanze zuccherine di origine vegetale, dall’altro, come fonte di proteine, invece del polline si sono adattate a raccogliere la carne dalle carcasse di altri animali (da qui il nome “api avvoltoio”). Hanno quindi evoluto dei denti affilati sulle loro mandibole per poter tagliare pezzi di carne dalle carcasse, e un sistema digestivo capace di processare le proteine di origine animale. La carne viene parzialmente digerita dalle api operaie, rigurgitata all’interno di cellette dell’alveare per un paio di settimane per farla stagionare, e poi usata per nutrire le larve.

Esca di pollo crudo usata per attirare le api avvoltoio in Costa Rica (foto Quinn McFrederick/UCR).
Fonte https://www.eurekalert.org/multimedia/808908

Fase 4: La sperimentazione 

In questa fase la coppia si mette alla prova, si valuta se il partner è davvero quello giusto e ci si guarda intorno. Alcuni rapporti sono già forti e rimangono immutati, altri si evolvono, e altri ancora finiscono.  

Per quanto riguarda quelli che si evolvono – principalmente per cause abiotiche (in particolare climatiche) e di competizione tra le piante o tra gli impollinatori – alcune relazioni più generaliste possono diventare più specialiste, e viceversa. In pratica, una pianta visitata da tanti tipi di impollinatori diversi ne può selezionare un gruppo più ristretto o una specie o un genere di impollinatori che visita molte piante diverse, può specializzarsi solo su alcune di esse o, ancora, possono avvenire i processi inversi. Così facendo, entrambi i partner possono aumentare l’efficienza dell’impollinazione e/o diminuire la competizione interspecifica. In altri casi invece, la storia d’amore finisce. Alcune piante, a causa ad esempio della mancanza di impollinatori, sono tornate all’impollinazione anemofila. Altre, invece, seppur tornando all’anemofilia, sono “rimaste in buoni rapporti con l’ex” e hanno continuato a beneficiare, almeno in parte, delle visite degli impollinatori. In questo caso, la pianta può usare il vento come vettore del polline, ma quando a questo si aggiungono anche gli impollinatori, l’impollinazione è più efficiente e di conseguenza si ottengono un numero maggiore di frutti e/o di semi. Ne sono un esempio due piante coltivate di grande importanza, quali l’avocado (Persea americana) e il caffè (Coffea arabica). Entrambe, infatti, pur non necessitando obbligatoriamente dell’attività degli insetti impollinatori, in loro presenza aumentano notevolmente la produzione di frutti. Anche nella storia d’amore tra piante e impollinatori, poi, esistono casi limite in cui un partner inizia a sfruttare l’altro, senza dare nulla in cambio. È il caso della pseudocopula delle orchidee del genere Ophrys

La pseudocopula  

Le orchidee del genere Ophrys, circa 30 specie presenti nell’area Euromediterranea, hanno un sistema di impollinazione estremamente particolare, basato sull’inganno sessuale. I fiori di queste piante, infatti, non offrono nettare come ricompensa, e hanno evoluto un altro modo per attirare gli impollinatori. Presentano un labello (un petalo modificato tipico delle orchidee) modificato, che assomiglia in tutto e per tutto, per colore, forma, dimensione, pelosità e feromoni, ad una femmina di imenottero. Gli impollinatori di queste orchidee sono quindi i maschi di alcune specie di imenotteri, che scambiano il labello per una possibile partner sessuale, e tentano di accoppiarcisi (ovviamente senza risultato, da cui il nome “pseudocopula”). Così facendo vengono a contatto con i pollinari del fiore, masse di granuli pollinici agglutinati sorretti da un peduncolo con una base vischiosa, che si appiccica sul corpo dell’insetto e viene poi trasportato ad un altro fiore durante un successivo tentativo di accoppiamento. La somiglianza tra il labello e l’insetto femmina è specie-specifica, cioè ogni specie di Ophrys presenta fiori che somigliano alla femmina di una diversa specie di apoideo o vespide. 

Orchidee del genere Ophrys in fiore.
Maschio di un apoideo selvatico, Eucera sp., su fiore di Ophrys sp. 

Fase 5: L’amore maturo 

In quest’ultima fase, si arriva a una parità tra i partner. C’è una grande fiducia e si è consapevoli del fatto che il rapporto di coppia arricchisce anche la propria individualità.  

Se da un lato la coevoluzione tra piante e impollinatori è un processo in continuo sviluppo, dall’altro noi non riusciamo a constatare i cambiamenti in corso per via del tempo necessario -parliamo di milioni di anni – perché questi si manifestino. Considerando stabili quindi queste relazioni, ai giorni nostri siamo capaci, osservando un fiore, di ipotizzare quali potrebbero essere gli impollinatori che lo visitano. Questo prende il nome di “sindrome fiorale” o “sindrome da impollinazione”, cioè le caratteristiche di un fiore (forma, colore, dimensione, odore, ecc…) che possono essere associate ad uno stesso gruppo di impollinatori.  

La melittofilia  

Le piante che vengono impollinate dalle api, sia allevate che selvatiche, vengono definite melittofile (dal greco μέλιττα che significa ape). I fiori di queste piante hanno caratteristiche comuni che nell’insieme determinano la sindrome da impollinazione melittofila. 

Colori: Bianco brillante, giallo, blu, UV​.  

Guide al nettare: di solito presenti.  

Odore: Fresco, leggero, piacevole​. 

Nettare: Di solito presente​. 

Polline: limitato, spesso appiccicoso, profumato​. 

Forma: poco profondo, con piattaforma di atterraggio, tubulare 

Gherardo Bogo
Ricercatore CREA Centro Agricoltura e Ambiente 

Biologo, da 10 anni si occupa di apoidei allevati e selvatici, pesticidi e relazione piante-impollinatori

#lafrase Aerodynamically, the bumblebee shouldn’t be able to fly, but the bumblebee doesn’t know it so it goes on flying anyway 
Aerodinamicamente, il bombo non dovrebbe essere in grado di volare, ma il bombo non lo sa e quindi continua a volare comunque (Mary Kay Ash

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