Qual è la funzione dei fiori nelle piante da frutto? Perché sono così importanti? In questo processo, l’impollinazione è fondamentale non solo per la riproduzione delle piante, ma anche per la produzione dei semi e, di conseguenza, dei frutti, fonte di cibo per gli esseri umani e per gli animali. Dopo aver visto come è fatto il fiore, esploriamo insieme i vari meccanismi di impollinazione per capire poi come dall’impollinazione del fiore si arriva al frutto, con un approfondimento sull’olivo
Qual è la funzione dei fiori nelle piante da frutto? Come per le altre piante che producono fiori, anche nelle piante da frutto il fiore serve per consentire la riproduzione sessuata. Vale a dire, la produzione di nuovi individui (i semi, che poi si sviluppano in nuove piante), il cui patrimonio genetico derivi per metà da un padre – tramite il polline – e per metà da una madre, tramite l’ovulo. Ma vediamo più da vicino come è fatto il fiore e come si impollina, per poi capire quali parti del fiore si trasformano in frutti e semi, che sono poi il prodotto che ci interessa nelle piante da frutto. Proseguiremo con un approfondimento sull’olivo per chiudere poi con alcune curiosità.
Come è fatto un fiore?
Il fiore è tipicamente composto da diversi organi. Alla base ci sono i sepali, in genere verdi, che formano il cosiddetto calice. Sopra il calice ci sono i petali, più spesso colorati, che compongono la corolla. A seguire c’è la parte maschile (androceo) formata da diversi stami, ognuno composto da un filamento che porta in cima una antera, dove viene prodotto e liberato nell’ambiente il polline. Poi c’è l’organo femminile (gineceo), cioè il pistillo, costituito da un ovario, alla base, che si prolunga in uno stilo e, quindi, in cima, in uno stigma, atto a ricevere il polline. Il fiore, quindi, tipicamente (seppur esistano molte eccezioni) contiene sia gli organi maschili che femminili (fiori ermafroditi), ma, nonostante ciò, raramente si impollina con il proprio polline, in quanto l’evoluzione ha favorito l’incrocio tra individui diversi, che facilita la variabilità genetica della generazione successiva e, quindi, la conseguente selezione degli individui più adatti all’ambiente in cui vivono.
Ma come avviene l’impollinazione?
Per consentire l’impollinazione incrociata (cioè, tra individui diversi) occorre che qualcuno o qualcosa trasporti il polline da una pianta all’altra. Gli agenti più diffusi sono gli insetti (impollinazione entomofila) e il vento (impollinazione anemofila). Le piante entomofile sono in genere facilmente riconoscibili per il loro petali colorati e vistosi, che servono appunto ad attrarre gli insetti, mentre le piante anemofile hanno in genere fiori meno vistosi, ma abbondanti, per produrre molto polline. Il vento, infatti, a differenza degli insetti, non è un trasportatore mirato che va da fiore a fiore; quindi, occorre più polline per compensare la minore probabilità di questo di atterrare nel posto giusto. Questo spiega perché, ad esempio, piante come l’olivo, tipica pianta anemofila, producono moltissimi fiori, ma solo pochissimi di questi (2-3%) sviluppano frutti, mentre il resto dei fiori cade dopo aver prodotto il polline.
Dopo l’emissione del polline, l’androceo (parte maschile) esaurisce la sua funzione e si secca. L’ovario, invece, almeno nei fiori impollinati che la pianta decide di sviluppare in frutti, inizia a crescere per andare a formare quello che sarà poi il frutto della pianta. Pertanto, quella piccola botticella che vedete al centro del fiore, l’ovario appunto, non è altro che un frutto in miniatura, i cui tessuti, sviluppandosi, diventeranno i tessuti del frutto: la buccia (epicarpo), la polpa (mesocarpo) e, quando c’è, l’endocarpo (il nocciolo). Mentre gli ovuli fecondati che l’ovario conteneva al suo interno, diventano i semi e quindi gli individui della generazione successiva. Sappiamo come la buccia di una pesca è vellutata, cioè pelosetta (pubescente), mentre quella di una nettarina è liscia, cioè senza peluria (glabra): ebbene, l’ovario della prima è pubescente e quello della seconda è glabro, già nel fiore! Altre volte, però, alla formazione del frutto concorrono altri tessuti del fiore, diversi dall’ovario, come per esempio il ricettacolo, cioè la base del fiore da dove si ergono tutte le altre parti. In questo caso si parla di falso frutto. La famiglia delle Rosacee, una famiglia alla quale appartengono, oltre alle rose, anche molte specie da frutto, ci offre esempi tipici di veri e falsi frutti. A questa famiglia, infatti, appartengono sia il susino, il pesco e il ciliegio, i cui frutti derivano direttamente dall’ovario (veri frutti), che il melo, il pero e il cotogno, i cui frutti derivano dal concrescimento del ricettacolo e dell’ovario.
La biologia dell’olivo: fiori e frutti
Quando iniziai a studiare la biologia fiorale e la fruttificazione dell’olivo, la prima domanda che mi posi fu se i frutti più grandi di alcune varietà (da tavola) derivassero da ovari già più grandi nel fiore, o se invece questi frutti crescessero più velocemente a partire da ovari di dimensioni simili. Sorpreso di non trovare indicazioni in bibliografia, studiai la cosa, trovando che frutti più grandi derivano da ovari già più grandi in fioritura (Rosati et al., 2009; 2011a). Ma cosa rende un ovario e un frutto più grande? Un maggior numero di cellule o cellule più grandi? Trovai che era il primo caso (Rosati et al., 2011b; 2012a). Cosa conferisce all’ovario più grande la maggiore forza attrattiva per le risorse, consentendogli di formare un frutto più grande? Il maggior numero di cellule o la maggiore dimensione? Usando un modello poliploide (condizione del nucleo cellulare caratterizzata dalla presenza di un numero di cromosomi maggiore del normale), trovai che è il numero di cellule a conferire al frutto la forza di crescita (Rosati et al., 2012a; 2020). Queste informazioni sono importanti, perché consentono di capire attraverso quali meccanismi viene decisa la grandezza del frutto e, quindi, quali geni sono coinvolti.
Ma se riuscissimo a rendere più grandi i frutti, potremmo produrre di più?
Trovai che non è così, perché la pianta mette in atto meccanismi compensativi, per cui più sono grandi gli ovari/frutti, più aumenta l’aborto dell’ovario e diminuisce l’allegagione (processo che conduce alla trasformazione dei fiori impollinati in frutti), così che la pianta produce quanto le sue riserve gli consentono di fare: più sono grandi i frutti, meno ne produce (Rosati et al., 2010a;b; 2011c). E se aumentassimo l’allegagione (che in olivo è solo del 1-3%), potremmo produrre di più? La risposta è sempre no, perché diminuirebbe la dimensione dei frutti a causa delle risorse insufficienti per tutti (Rosati et al., 2012b; 2023).
Allora perché l’olivo fiorisce così abbondantemente se poi allega così poco, sprecando risorse in fiori inutili?
I fiori in eccesso sembrano inutili per noi, perché ci interessano i frutti, ma alla pianta servono per fare polline e aumentare il successo riproduttivo della pianta per via maschile. Con la stessa energia che serve per produrre un frutto e quindi un unico nuovo individuo, la pianta può produrre milioni di granuli pollinici, che impollinando altri fiori, possono produrre nuovi individui figli. Nei miei studi ho dimostrato che la probabilità di un olivo di essere padre, impollinando fiori di altre piante che produrranno frutti e, quindi, nuovi individui figli, è simile a quella di essere madre producendo direttamente frutti (Rosati et al., 2023).
Lo sapevi che?
- Ci sono fiori che, anche quando non sono impollinati, sviluppano frutti senza semi (detti frutti apireni). Nei fruttiferi questa capacità è ampiamente sfruttata, essendo i frutti senza semi preferibili: basti pensare alle uve apirene, così come a molti agrumi, ananas, banane, kaki e così via.
- Derivando il frutto dall’ovario, in genere frutti più grandi derivano da fiori ed ovari più grandi. Basta pensare ad una zucchina raccolta con il fiore ancora attaccato: ebbene, quella zucchina non è altro che il grosso ovario del fiore femminile della zucca!
- In alcune specie, i fiori non sono ermafroditi, ma si distinguono in fiori maschili e femminili che possono essere portati da piante separate, appunto piante maschili e femminili (specie dioiche). È il caso del kiwi: per ottenere i frutti da questa specie bisogna mettere nel frutteto una pianta maschio ogni qualche pianta femmina, altrimenti mancherebbe l’impollinazione e non si svilupperebbero frutti.
- Anche nelle specie monoiche (cioè dove ci sono entrambi i sessi nei fiori della stessa pianta), la natura ha spesso reso incompatibile il polline di una pianta con le proprie strutture femminili, per cui nel frutteto bisogna ben pianificare le varietà da piantare, in modo che sia assicurata l’impollinazione.
- Le api sono uno dei principali insetti impollinatori: senza di esse la produzione di frutta diventerebbe molto difficile per molte specie.
- La fioritura è un momento delicato nel ciclo produttivo del frutteto, essendo i fiori strutture sensibili al freddo e al caldo, così come al secco e all’eccesso di umidità. Con il cambiamento climatico le varietà più adatte ad una determinata zona possono divenire più suscettibili di danni, rendendo necessaria una intensa attività di produzione e valutazione di nuove varietà più resistenti e adatte alle nuove condizioni climatiche.
Bibliografia
Rosati A., M. Zipancic, S. Caporali, G. Padula. 2009. Fruit weight is related to ovary weight in olive (Olea europaea L.). Scientia Horticulturae 122: 399–403.
Rosati A., M. Zipancic, S. Caporali, A. Paoletti. 2010a. Fruit set is inversely related to flower and fruit weight in olive (Olea europaea L.). Scientia Horticulturae 126: 200–204.
Rosati A., M. Zipancic, S. Caporali. 2010b. L’allegagione in olivo è correlata alla grandezza dell’ovario. Italus Hortus, 17(2), 41.
Rosati A., M. Zipancic, S. Caporali, A. Paoletti, G. Padula. 2011a. La dimensione del frutto in olivo è un carattere correlato alla grandezza dell’ovario. Italus Hortus 1, 203-207.
Rosati A., S. Caporali, S.B.M. Hammami, I. Moreno-Alías, A. Paoletti, H.F. Rapoport. 2011b. Differences in ovary size among olive (Olea europaea L.) cultivars are mainly related to cell number, not to cell size. Scientia horticulturae 130, 185–190.
Rosati A., S. Caporali, A. Paoletti, F. Famiani. 2011c. Pistil abortion is related to ovary mass in olive (Olea europaea L.). Scientia horticulturae 127, 515-519.
Rosati A., S. Caporali, S.B.M. Hammami, I. Moreno-Alías, A. Paoletti, H.F. Rapoport. 2012a. Tissue size and cell number in the olive (Olea europaea) ovary determine tissue growth and partitioning in the fruit. Functional Plant Biology, 39, 580–587.
Fiorino P., E. Marone, A. Rosati, S. Caporali, A. Paoletti. 2012b. Il fiore e la biologia fiorale. Ed.: Accademia Nazionale dell’Olivo e dell’Olio, Spoleto, http://www.accademiaolivoeolio.com, ISSN 2281-4930: pp. 17.
Rosati, A., Caporali, S., Hammami, S.B., Moreno-Alías, I., Rapoport, H., 2020. Fruit growth and sink strength in olive (Olea europaea) are related to cell number, not to tissue size.
Rosati, A., Lodolini, E. M., Famiani, F. 2023. From flower to fruit: fruit growth and development in olive (Olea europaea L.)—a review. Frontiers in Plant Science, 14, 1276178. DOI: 10.3389/fpls.2023.1276178
Tematiche di lavoro principali: Eco-fisiologia, agricoltura sostenibile, agroforestazione (agroforestry)
#lafrase Can’t see the orchard for the trees
In un frutteto ci sono anche gli alberi