Il girasole e l’elicriso, pur avendo il sole che risplende nella radice dei loro nomi, sono in realtà piante molto diverse per origine, storia e domesticazione. Mentre il primo cresce in collina ed è un “immigrato” americano naturalizzato dal 1500, l’elicriso preferisce le coste dell’entroterra italiano ed è orgogliosamente mediterraneo. Il CREA centro di Ricerca Orticoltura e Florovivaismo ospita una collezione di Helichrysum e collabora con il Brasile per studiare nuovi genotipi di girasole e strategie per la sua coltivazione sostenibile.
L’elicriso (Helichrysum italicum) e il girasole (Helianthus annuus) condividono un profondo legame con il sole, sia ecologicamente che simbolicamente. L’elicriso, il cui nome deriva dal greco helios (sole) e chrysos (oro), abbellisce anche i paesaggi più aridi con i suoi fiori giallo brillante, proprio come dei piccoli soli che non appassiscono facilmente, nemmeno nelle condizioni più difficili. È simbolo di resilienza e immortalità (da cui il suo nome francese immortelle ). Anche il girasole deve il suo nome alla lingua greca, da helios (sole) e anthos (fiore): maestoso e fiero, segue il sole nel suo percorso quotidiano, insegnandoci l’arte di cercare sempre la luce, anche nelle giornate più oscure. È simbolo di vitalità, energia ed oggetto di ammirazione.
Elicriso e girasole sono entrambi diffusi in Italia, pur essendo profondamente diversi per origine, storia e domesticazione.
L’elicriso, pianta tipica della bassa macchia mediterranea, cresce spontaneamente lungo le coste e nell’entroterra italiano, trovando il suo habitat ideale soprattutto nel Centro, nel Sud e nelle isole. Con i suoi fiori dorati e il caratteristico aroma intenso, rappresenta un simbolo distintivo dei paesaggi mediterranei, colorando e profumando sia le aree costiere che quelle collinari. In realtà, quando parliamo di “elicriso” ci riferiamo solo a una delle circa 600 specie del genere Helichrysum diffuse in Africa, Asia, Australia ed Europa, di cui 25 native del Mediterraneo. Tra queste, appunto, H italicum è la più diffusa e coltivata esclusivamente per la produzione di olio essenziale. La specie è suddivisa in tre sottospecie: H. italicum ssp. italicum (presente in Marocco, Cipro, Corsica e Italia continentale), H. italicum ssp. microphyllum (Baleari, Corsica, Creta e Sardegna) e H. italicum ssp. siculum (endemica della Sicilia).
L’olio essenziale di elicriso, di particolare pregio e di grande valore economico, è molto richiesto a livello globale grazie alle sue proprietà antinfiammatorie, antimicrobiche, antiossidanti e antivirali. Trova impiego nella produzione di profumi, cosmetici, preparati farmaceutici, oltre che come aromatizzante alimentare e ingrediente per liquori digestivi. Le popolazioni di H. italicum mostrano un’elevata adattabilità alle condizioni ecologiche mediterranee, con una notevole variabilità morfologica e chimica. Il profilo fitochimico dell’olio essenziale risulta influenzato sia da fattori genetici che dalle condizioni pedoclimatiche, come suolo, altitudine e habitat.
Coltivare l’elicriso è relativamente semplice, la pianta cresce bene anche oltre i 1000 metri, purché vi sia una buona esposizione solare. Tollera terreni poveri, pietrosi e aridi, con scarse esigenze idriche e nutrizionali. Questa adattabilità la rende una coltura interessante per sviluppare alternative agricole redditizie, con un ciclo produttivo stimato di 6-8 anni e il picco di resa tra il terzo e il quarto anno.
La collezione di Helichrysum, conservata presso il CREA-Centro di Ricerca Orticoltura e Florovivaismo (CREA-OF) sede di Sanremo, nasce grazie ai numerosi studi sulla biodiversità condotti da Claudio Cervelli. Ed è proprio da questi che nasce “BioChrysum”, il progetto finanziato dal Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste (MASAF) che mira a valorizzare l’elicriso spontaneo dell’Arcipelago Toscano per produrre oli essenziali, acque aromatiche ed estratti purificati. L’obiettivo è promuoverne l’uso in ambito cosmetico, salutistico (integratori e alimenti funzionali) e agronomico (biostimolanti e biopesticidi), utilizzando tecniche innovative come l’osmosi inversa, per rispondere alla crescente domanda di soluzioni naturali ed eco-compatibili.
Il girasole, originario delle pianure occidentali del Nord America, è stato introdotto in Europa agli inizi del 1500 e inizialmente coltivato solo come pianta ornamentale. Si è diffuso come coltura da seme oleoso dopo la Prima Guerra Mondiale e, da quel momento è diventato oggetto di intensi studi di selezione e miglioramento genetico, avviati in Russia nei primi decenni del XX secolo e, dagli anni ’60, approfonditi negli Stati Uniti, Francia e Italia.
Oggi il girasole è ampiamente coltivato nelle regioni collinari non irrigue del Centro Italia, dove rappresenta un elemento distintivo del paesaggio, e nella Pianura Padana. Il suo successo è dovuto alla sua capacità di adattarsi a climi caratterizzati da siccità estiva, alla buona resa produttiva e all’alta qualità dell’olio che produce. Come l’elicriso, il girasole è una specie rustica, di facile coltivazione, che offre una soluzione strategica per affrontare sfide ambientali -come siccità e ondate di calore- legate ai cambiamenti climatici. Da sempre ammirato nelle distese di campagna, il girasole è oggi una coltura versatile con un ampio utilizzo in molti settori e una notevole potenzialità di impiego, soprattutto nelle applicazioni industriali legate alle energie rinnovabili e ai biocarburanti.
Nel corso dell’ultimo decennio, l’uso del girasole come pianta ornamentale ha registrato una notevole espansione, grazie all’incremento dei genotipi disponibili per il giardinaggio, il vaso fiorito e il fiore reciso. In particolare, sul mercato brasiliano dei fiori, il girasole reciso sta acquisendo sempre più popolarità grazie alla bellezza e all’eleganza del suo capolino. Tuttavia, una delle principali difficoltà nell’introduzione di nuovi genotipi in Brasile è la carenza di una tradizione consolidata nel miglioramento genetico delle specie floricole, unita alla vasta estensione territoriale e alla notevole diversità di climi e suoli. Parametri come temperatura e fotoperiodo, infatti, possono influenzare in modo significativo il tempo di fioritura, con effetti che variano a seconda del genotipo. In una recente collaborazione tra il CREA-OF di Pescia e l’Universidade Federal de Santa Maria (UFSM) di Santa Maria (RS, Brasile) sono stati condotti studi finalizzati a valutare lo sviluppo, la crescita e la produzione di fiori di genotipi di girasole coltivati in ambienti tropicali, subtropicali e temperati. Questo studio arricchisce le conoscenze sulla coltivazione del girasole come fiore reciso e offre informazioni preziose per sviluppare strategie più efficaci e sostenibili per la floricoltura, non solo in Brasile, ma anche in altre regioni con caratteristiche climatiche simili.
Laureata in Scienze Agrarie, si occupa di miglioramento genetico, conservazione e valorizzazione della biodiversità e della coltivazione fuori suolo di specie aromatiche, ornamentali e da fiore.
#lafrase La fortuna non esiste: esiste il momento in cui il talento incontra l’occasione (Lucio Anneo Seneca)
Da allora ha partecipato come responsabile e/o partner a diversi progetti tra cui Progetto AUTOFITOVIV, Progetto VIS , Progetto Hydra, come coordinatrice generale, progetto di ricerca Simplitaly come coordinatrice generale, ha fatto parte del gruppo di ricerca nel progetto Supera, fa parte del gruppo di ricerca del Progetto Agridigit e del Progetto Moma, è anche Responsabile Scientifico dal 2013 delle Convenzioni Mi.Ge.Hydra II, III, IV “Miglioramento Genetico di Ortensia da fiore reciso”. Ha sviluppato competenze nel settore nel miglioramento genetico e delle colture in vitro delle specie ornamentali e da fiore, nonché nell’uso di substrati alternativi alla torba e riguardo alla valutazione varietale e aspetti della coltivazione in relazione alla efficienza e qualità produttiva delle principali specie da fiore