Le orchidee sono senza dubbio fra i fiori più amati ed apprezzati al mondo. Una grande famiglia di 30.000 specie, ovunque sul pianeta, dai pascoli alpini ai deserti. Il centro CREA di Orticoltura e Florovivaismo è impegnato in un progetto di ricerca dedicato alla valorizzazione delle orchidee spontanee italiane, non meno belle di quelle tropicali.
Se c’è una pianta che può essere eletta a rappresentare la flora mondiale, questa è senza dubbio l’orchidea. La famiglia delle Orchidaceae, a cui appartiene questo bellissimo fiore, è infatti la più ricca del pianeta con circa 30.000 specie, numero in continua crescita per le centinaia di nuove descrizioni pubblicate ogni anno. Per comprendere la reale entità di questi numeri basti pensare che al mondo esistono “appena” 10.000 specie di uccelli, circa 9.500 di rettili e 5.400 di mammiferi. Oltretutto, uccelli, rettili e mammiferi, dal punto di vista sistematico, sono delle classi, un ordine gerarchico superiore alla famiglia. Ma il numero di specie non è l’unica caratteristica rappresentativa delle Orchidaceae. Anche la loro distribuzione è sorprendente: le orchidee sono infatti tra le famiglie di piante più diversificate, con una distribuzione geografica globale. Sebbene il 70-80% delle specie di orchidee si concentri nella fascia intertropicale, esse si sono adattate a colonizzare la maggior parte degli habitat, dai deserti alle foreste temperate, ai pascoli alpini (Fig. 1), alle zone umide, e le si ritrovano in tutti i continenti fatta eccezione per l’Antartide e la Groenlandia.
Ciò non implica che le orchidee siano piante comuni: al contrario, si tratta per lo più di specie rare e spesso endemiche. Per questa ragione, l’intera famiglia è inclusa nell’Appendice II della Convenzione CITES, con molte specie che beneficiano di una protezione rigorosa e che sono inserite nelle liste rosse nazionali e internazionali. Il nome della famiglia, attribuito nel 1789 dal botanico francese Antoine-Laurent de Jussieu, deriva dal genere Orchis, che in greco significa “testicolo”. Il nome fa riferimento alla particolare forma dell’apparato radicale che richiama i testicoli umani, collegandosi direttamente al mito di Orchis, uno dei più affascinanti della mitologia greca. Miti ispirati alle orchidee si trovano in ogni epoca e in diverse culture del mondo, dal Giappone all’Africa e al Sud America, spesso legati alla sfera sessuale o alla fertilità.
CITES
La Convenzione di Washington (CITES) è una convenzione internazionale sul commercio internazionale delle specie di fauna e flora selvatiche minacciate di estinzione siglata nel 1975. Lo scopo fondamentale della Convenzione è quello di garantire che, ove sia consentito, lo sfruttamento commerciale internazionale di una specie di fauna o flora selvatiche sia sostenibile per la specie e compatibile con il ruolo ecologico che la specie riveste nel suo habitat.
Sono elencate negli elenchi (Appendici) della CITES, con diversi gradi di protezione, oltre 35.000 specie di animali e piante. Sono soggetti agli obblighi della Convenzione sia gli esemplari vivi che morti, le parti (come l’avorio e la pelle) ed i prodotti derivati (come i medicinali ricavati da animali o piante). Gli Stati Parte della CITES operano insieme regolando il commercio delle specie elencate in una delle tre Appendici attraverso l’emissione di licenze e certificati.
La CITES è stata adottata in tutta l’Unione Europea mediante regolamenti direttamente applicabili agli Stati membri.
Ma cosa rende questi fiori così unici e amati? Prima di tutto, il loro aspetto. I fiori di orchidea, noti per la loro spettacolarità e i colori vivaci, sono capaci di evocare emozioni intense, spesso collegate alla sfera dell’Eros. Non a caso, nelle illustrazioni delle prime edizioni di “Les fleurs du mal” di Charles Baudelaire, erano raffigurate delle orchidee, e i riferimenti all’orchidea come fiore della passione carnale sono innumerevoli, nel cinema come nella letteratura e nell’arte in genere.
Le orchidee figurano tra le piante da fiore più vendute al mondo, sia nella grande distribuzione che nei vivai specializzati. Si tratta prevalentemente di cultivar ottenute da ibridazioni di specie tropicali epifite (cioè vivono su altre piante senza danneggiarle o nutrirsene, ma utilizzandole solo come supporto), che costituiscono circa il 75% delle orchidee conosciute. Al contrario, le specie spontanee che crescono in Europa sono tutte terrestri. Non si sviluppano, cioè, appoggiandosi a tronchi o arbusti, ma affondano le loro radici nel terreno, ossia in forma di geofite, con gemme situate su organi sotterranei, generalmente rizotuberi. I loro fiori, di dimensioni ridotte, spesso passano inosservati, ma non sono meno affascinanti di quelli delle loro “cugine” tropicali (Fig.2).
La scarsa presenza sul mercato delle orchidee europee non dipende da una mancanza di valore estetico, bensì dalla difficoltà nel propagarle: i loro semi, infatti, per germinare necessitano di una simbiosi delicata con particolari funghi presenti nel suolo poiché sono privi di endosperma, ovvero di quella riserva nutritiva indispensabile per lo sviluppo iniziale della piantina.
A Pescia (PT), presso il CREA – Centro di ricerca Orticoltura e Florovivaismo, è in corso un programma di conservazione dedicato alla valorizzazione delle orchidee spontanee italiane, realizzato nell’ambito del trattato internazionale F.A.O. sulle risorse genetiche vegetali per l’alimentazione e l’agricoltura (RGV-FAO). Il programma si propone, tra l’altro, di sviluppare protocolli per la germinazione asimbiotica in vitro (senza, cioè, l’impiego dei funghi simbionti) di specie di orchidee spontanee, al fine di consentirne la coltivazione per scopi alimentari. Sebbene le orchidee siano principalmente apprezzate per il loro valore ornamentale, alcune specie hanno infatti una lunga storia d’impiego come piante officinali o alimentari. L’esempio più noto è la vaniglia, ottenuta dai frutti della Vanilla planifolia, un’orchidea originaria del Centro America. Anche molte orchidee dell’area mediterranea sono tradizionalmente utilizzate come alimento, in particolare in Paesi come la Turchia e l’Iran. Un esempio emblematico è il “salep,” una bevanda tipica della tradizione mediorientale ottenuta dalla macinazione dei tuberi di oltre 90 specie di orchidee appartenenti ad almeno 24 generi, quasi tutti presenti anche nella flora italiana. Ricco di nutrienti ed erroneamente ritenuto un potente afrodisiaco, il salep e i suoi derivati sono stati inseriti nell’Arca del Gusto dalla Fondazione Slow Food per la Biodiversità, a riconoscimento della loro origine millenaria e della rilevanza culturale nei Paesi d’origine. La vendita di salep, tuttavia, è vietata in tutta l’Unione Europea, poiché la produzione richiede la raccolta in natura di tuberi di orchidee spontanee, non essendo ancora possibile coltivarle su larga scala. Questo porta all’estrazione di decine di milioni di tuberi all’anno con un impatto devastante sulla biodiversità, aggravato dalla crescente esportazione illegale verso Paesi europei come la Germania, con forti componenti etniche di origine turca. Il Programma RGV-FAO mira, pertanto, ad affrontare questa emergenza sviluppando protocolli di coltivazione per specie adatte alla produzione di salep, oltre a fornire germoplasma per ripristinare le popolazioni naturali minacciate.
Biologo e ricercatore si occupa principalmente di colture in vitro, miglioramento genetico, conservazione di germoplasma di piante ornamentali.
#lafrase E non coglierai i fiori. Solo il fiore che lasci sulla pianta è tuo (Aldo Capitini)