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venerdì, 19 Aprile 2024

La fragola: sapori persi e ritrovati?

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Storia, geografia, scienza, passato e futuro si incrociano alla ricerca dei sapori della fragola, insieme ai ricercatori del CREA Olivicoltura Frutticoltura e Agrumicoltura che la studiano e la custodiscono da decenni

La fragola è un frutto speciale: viene coltivata in tutto il mondo, dall’Equatore al Circolo Polare Artico (come ricordato dall’ultimo Simposio Mondiale appena tenutosi proprio in Italia https://www.iss2021.com/) e ha una storia incredibile, ricca di agrobiodiversità!

Frutto privo di pigmenti proveniente da un’azione di miglioramento genetico

Deriva da un’ibridazione avvenuta casualmente circa tre secoli fa fra le specie selvatiche Fragaria chiloensis (L.) Duch e Fragaria virginiana Duch., entrambe di origine americana e presenti solo nel “Nuovo Continente”. La ricostruzione storica dell’accaduto spiega come alcune piante di Fragaria chiloensis furono importate in Francia dal Cile all’inizio del ‘700 da Frazier, luogotenente di vascello francese appassionato di botanica. Durante una delle sue esplorazioni in America, rinvenne piante di fragola con frutti decisamente più grossi delle “fragoline di bosco” fino ad allora a lui note e presenti nel continente europeo. Le piante di F. chiloensis coltivate in Francia non fruttificavano in quanto erano pistillifere, cioè dotate di soli fiori femminili e quindi non in grado di fruttificare senza impollinatori. Distribuite in alcuni giardini botanici, entrarono casualmente in contatto con piante a fiore ermafrodita di Fragaria virginiana di provenienza nordamericana. A Brest – dove probabilmente era stata portata una delle prime piante da Frazier – fin dalla metà del ‘700, si svilupparono le prime piante di fragola ottenute dall’ibridazione casuale avvenuta fra le due specie. Stupì immediatamente la dimensione del frutto notevolmente superiore rispetto alle fragole fino ad allora note in Europa (Fragaria vesca, conosciuta come fragolina di bosco). Nacque così l’ibrido con la denominazione binomiale Fragaria × ananassa a cui appartengono tutte le varietà oggi coltivate nel mondo.

Fin dall’inizio dell’800 la “nuova specie” è stata oggetto di intense attività di breeding, finalizzate alla costituzione di nuove varietà. Andrew Knight è stato probabilmente il primo breeder riconosciuto e nel 1817 costituì in Inghilterra le prime due importanti varietà di fragola (Downton e Elton), le cui piante sono state moltiplicate ed ampiamente coltivate dai produttori di quei tempi.

Recenti indagini hanno evidenziato che, in circa 2 secoli, sono state diffuse alcune migliaia di varietà di fragola. L’attività di breeding si è particolarmente accentuata nell’ultimo trentennio. Basti solo pensare che negli ultimi 5 anni sono oltre 200 le varietà diffuse commercialmente ed iscritte all’Ufficio Comunitario delle Varietà Vegetali (CPVO).

Il risultato è una miriade di varietà e una notevole variabilità delle caratteristiche del frutto, tale da creare talvolta non poca confusione sia presso i produttori sia presso i consumatori, che lamentano sempre più la scarsa qualità delle fragole “moderne”.

Essenzialmente, come per tante specie frutticole, si sta verificando una contrapposizione, per certi versi paradossale, tra il produttore – che chiede varietà sempre più performanti nei differenti ambienti di coltivazione, pienamente adatte ai diversi areali, in funzione sia del fabbisogno in freddo, che caratterizza i diversi genotipi (ad alto e basso fabbisogno), sia della capacità di differenziare gemme a fiore (unifere e rifiorenti) – e il consumatore – che vuole il “sapore delle fragole di una volta”, andato perlopiù smarrito nelle varietà di oggi -.

L’attività di breeding ha decisamente orientato gli obiettivi verso varietà sempre più produttive, resistenti alle malattie, con frutti di elevata shelf-life, che non si deteriorino durante i trasporti (anche molto lunghi), tralasciando spesso caratteri qualitativi essenziali come dolcezza e aroma. Ad esempio, è facilmente intuibile che una piantina di fragola in grado di produrre, in alcune condizioni, fino a 1.500 g di frutti in un arco temporale di 20-30 giorni, difficilmente potrà fornire frutti con elevati contenuti zuccherini. Esiste una correlazione negativa tra produttività e contenuto zuccherino: a parità di buona efficienza fotosintetica, una pianta con capacità produttiva media generalmente produce frutti con maggiore contenuto zuccherino rispetto a quelli di una pianta con elevata produttività. Tuttavia, per il produttore, gli introiti, purtroppo sono per lo più legati al fattore produttivo e non a quello qualitativo.

Variabilità di colori provenienti da antiche accessioni del germoplasma

Nelle varietà di fragola attualmente prodotte, numerosi aspetti sono cambiati rispetto alle “fragole antiche”:

  • le fragole moderne sono di elevata pezzatura, più che raddoppiata rispetto a quella delle fragole antiche; il peso del frutto, in media, supera abbondantemente i 20g, a volte si raggiungono punte tali da rendere “non commercializzabili” alcuni frutti considerati di dimensioni troppo elevate e di difficile collocazione nel cestino. Negli attuali programmi di breeding, l’incremento della pezzatura del frutto non rientra più fra i principali obiettivi da perseguire, sebbene in passato sia stato fondamentale per il successo della coltura.
    Uno studio degli anni ’80, condotto dall’università di Bologna, indicò che il significativo incremento di pezzatura ottenuto con le prime varietà diffuse in Italia dall’Istituto Sperimentale per la Frutticoltura (ora CREA) consentiva di risparmiare un milione delle vecchie Lire per ogni g di pezzatura in più. Fragole di maggiori dimensioni consentono, infatti, spese di raccolta più basse e, per una specie come la fragola, in cui la voce “manodopera per la raccolta” incide fino al 60% sul costo di produzione totale, è facilmente intuibile come, ad un frutto più grosso, corrisponda una maggiore redditività della coltura;
  • in merito alla consistenza della polpa e resistenza alla compressione della superficie del frutto, sinonimi di resistenza ai trasporti e prolungata vita sul banco del venditore e sul tavolo del consumatore, le fragole moderne mostrano valori decisamente più elevati rispetto a quelle antiche; la contropartita di polpe molto consistenti (in qualche caso “croccanti”) è quella di avere pareti cellulari più resistenti, che rilasciano difficilmente i composti volatili aromatici caratterizzanti il tipico profilo sensoriale della fragola. Anche in questo caso è facilmente intuibile la correlazione negativa tra consistenza della polpa e profumo e aroma del frutto: le fragole in passato erano sicuramente più profumate, ma non in grado di soddisfare gli attuali standard commerciali; dovevano essere raccolte e mangiate a distanza di poche ore e non di alcuni giorni come avviene ora.

Il contributo della Ricerca CREA: cosa abbiamo fatto e cosa stiamo facendo per recuperare, conservare e valorizzare l’agrobiodiversità

Brilla, varietà di successo diffusa dal CREA

In quasi mezzo secolo di attività i programmi di breeding coordinati dal CREA Olivicoltura, Frutticoltura, Agrumicoltura (CREA OFA da qui in poi n.d.r.) con la sede di Forlì e in gran parte co-finanziati da Organismi Privati, hanno consentito di ottenere numerose varietà, alcune delle quali hanno inciso profondamente sull’evoluzione della fragolicoltura italiana: in particolare le prime diffuse all’inizio degli anni ’80, che hanno completamente rivoluzionato lo standard varietale del Nord Italia, dominandolo per circa un decennio (Addie, Cesena, Dana). Attualmente le varietà ottenute dal CREA OFA (Brilla, Garda, Agnese, Callas, Pircinque e Irma) sono ampiamente diffuse nelle regioni settentrionali e in alcune aree europee. Di recente, un importante programma coordinato dal CREA OFA sta ottenendo significativi riscontri in Brasile, dove la coltura è in forte crescita. La privativa della varietà Pircinque è già stata estesa e quattro accessioni di origine italiana sono in corso di deposito e diffusione commerciale in quel territorio.

Recente varietà Medì diffusa dal CREA

Nell’ambito dell’attività di breeding condotta dalla sede di Forlì del Centro, sono stati effettuati numerosi incroci tra attuali genotipi di Fragaria × ananassa e accessioni di specie selvatiche o varietà antiche al fine di valorizzare alcuni caratteri specifici:

  • con Fragaria virginiana si è operato sul carattere della “rifiorenza” ovvero la capacità di differenziare gemme (quindi di emettere fiori e fruttificare) continuamente, indipendentemente dal numero di ore di luce giornaliere bensì in funzione solo della temperatura; in pratica, in condizioni climatiche miti e senza temperature basse (<7°C), le piante dotate di questo carattere sono in grado di produrre per tutto l’anno a differenza delle “tradizionali” varietà unifere in grado di fiorire e fruttificare per un periodo limitato, più o meno lungo a seconda del clima (da 2-3 settimane fino diversi mesi nelle aree più calde) ; l’introduzione di questo carattere nelle varietà di fragola coltivate risale alla seconda metà del secolo scorso, partendo da un’accessione di Fragaria virginiana rinvenuta in USA; quasi tutte le attuali varietà di fragola rifiorenti presentano questa origine;
  • con alcune accessioni di Fragaria chiloensis selezionate in Cile si è perseguito l’obiettivo di introdurre la rusticità della pianta, unita alla tolleranza alle vaiolature fogliari e oidio, la buona qualità del frutto e la colorazione bianca del frutto;
  • con alcune vecchie varietà di Fragaria × ananassa si è cercato di introdurre il carattere dell’aromaticità del frutto, mantenendo però elevati standard commerciali, in particolare pezzatura e consistenza della polpa.

Su quest’ultima linea di ricerca va evidenziata la recente diffusione commerciale della varietà CRAPO 135, la prima fragola a frutto di elevata pezzatura spiccatamente aromatica e di buona consistenza della polpa. L’aroma peculiare, che rende questa fragola unica nel suo genere, ricorda quello della vecchia varietà Fracunda, da cui essa deriva a seguito di alcune generazioni di “re-incrocio”.

Il Germoplasma da preservare

Le vecchie varietà di fragola rappresentano un patrimonio di grande interesse per la biodiversità genetica e, quindi, un grande potenziale per i programmi di miglioramento genetico.

Variabilità di forma e colore del vecchio germoplasma

Nel mondo sono attivi diversi centri di conservazione di germoplasma fragola, tra i quali il più importante è sicuramente quello operativo dal 1981 a Corvallis presso il National Clonal Germoplasm Repository dell’USDA-ARS in Oregon (USA) (https://www.ars.usda.gov/pacific-west-area/corvallis-or/national-clonal-germplasm-repository/ ). Nel settore dedicato alle risorse genetiche del genere Fragaria, le accessioni di Fragaria × ananassa sono conservate per moltiplicazione clonale in vasi mantenuti in “screen house” e anche in “vitro”, mentre le specie selvatiche sono generalmente conservate tramite seme. Sono rese pubbliche diverse informazioni relative ai genotipi conservati: pedigree, costitutore, paese di provenienza, data del rilascio e, per le specie selvatiche, anche località di reperimento del materiale. Inoltre, per alcune accessioni è disponibile un’apposita scheda descrittiva con le principali caratteristiche vegeto-produttive della pianta e qualitative del frutto.

Il nuovo proveniente dal vecchio

Anche in Europa numerose istituzioni hanno avviato un’attività finalizzata alla catalogazione e conservazione di vecchie e nuove cultivar di fragola. A partire dagli anni ’90 si sono succeduti diversi programmi a cui il CREA OFA ha sempre preso parte, mentre oggi è membro del Gruppo Europeo per le Risorse Genetiche Vegetali dei Piccoli frutti (https://www.ecpgr.cgiar.org/working-groups/berries/) ed è impegnato nella conservazione del germoplasma fragola: la conservazione avviene sia in vivo (pieno campo e screen house) sia in laboratorio (in vitro). La conservazione in laboratorio, con la tecnica del cosiddetto “slow-grow”, ha ricevuto recentemente un particolare interesse per ridurre i rischi di perdita del materiale genetico, a causa soprattutto di attacchi di patogeni a carico dell’apparato radicale, di cui la fragola è particolarmente sensibile. Attualmente, nella collezione CREA presso la Sede di Forlì del Centro, sono presenti accessioni di Fragaria × ananassa di diversa origine e cloni di altre specie del genere Fragaria in particolare di F. vesca e F. moschata.

Fragaria vesca L., meglio nota come “fragolina di bosco”, è coltivata con successo anche in limitate superfici di alcune aree italiane (Trentino, Campania, Sicilia);

I frutti di Profumata di Tortona hanno uno spiccato aroma di moscato

Fragaria moschata Duch., ancora coltivata nell’area di Tortona con il nome di Profumata di Tortona. I frutti sono leggermente più grossi della fragolina di bosco, poco consistenti, di colore da rosa chiaro a rosso violaceo, di solito di forma arrotondata, caratterizzati da un penetrante aroma moscato e dal calice molto reflesso, che si distacca agevolmente a completa maturazione.

Per una prospettiva futura, nell’ambito del programma RGV FAO finanziato dal MiPAAF, si stanno valutando diversi protocolli di crioconservazione, al fine di adottare tale tecnica di stoccaggio per ridurre i costi e creare “banche di germoplasma“ facilmente accessibili.

Gianluca Baruzzi
Primo Ricercatore, Responsabile Sede di Forlì, CREA Centro di ricerca Olivicoltura, Frutticoltura e Agrumicoltura

Conduce attività di ricerca principalmente riguardanti i settori del miglioramento genetico e della tecnica colturale di fragola, melo e pero. È costitutore numerose varietà di fragola, due di melo e una di pero. E’ membro del “Gruppo Europeo per le Risorse Genetiche Vegetali dei Piccoli frutti”. È responsabile del processo della “Certificazione delle piante di fragola”

Giulia Faedi
Collaboratore tecnico CREA Centro di ricerca Olivicoltura, Frutticoltura e Agrumicoltura, Forlì

Si occupa della valorizzazione delle innovazioni varietali

#lafrase In tutte le cose della natura esiste qualcosa di meraviglioso (Aristotele)

Daniela Giovannini
Dirigente di Ricerca. CREA Centro di ricerca Olivicoltura, Frutticoltura e Agrumicoltura, Forlì

Si occupa di breeding del pesco e della conservazione, caratterizzazione e valorizzazione delle risorse genetiche frutticole. Coordina il gruppo di lavoro Prunus nell’ambito del Programma ECPGR (European Cooperative Programme for Plant Genetic Resources) e il gruppo di lavoro Apricot and Peach nell’ambito del network europeo EUFRIN (European Fruit Research Institutes)

#lafrase La mente è come un paracadute: funziona solo se si apre  (A. Einstein)  

Nives Gimelli
CREA Centro di ricerca Olivicoltura, Frutticoltura e Agrumicoltura, Forlì
Sabina Magnani
CREA Centro di ricerca Olivicoltura, Frutticoltura e Agrumicoltura, Forlì

Responsabile delle attività tecniche di laboratorio “colture in vitro” per il risanamento e mantenimento del germoplasma frutticolo in “crescita rallentata” e la produzione di piante madri di fragola per il processo Nazionale di Certificazione genetico-sanitaria

Maria Luigia Maltoni
Collaboratore tecnico CREA Centro di ricerca Olivicoltura, Frutticoltura e Agrumicoltura, Forlì

Si occupa della caratterizzazione pomologica, nutrizionale e nutraceutica mediante valutazioni analitiche dei frutti di diverse specie frutticole (fragola, melo, pero, pesco, susino, ciliegio) a supporto dell’attività di breeding

Paolo Sbrighi
Collaboratore Tecnico CREA, Centro di ricerca Olivicoltura, Frutticoltura e Agrumicoltura, Forlì

Collabora alle attività di miglioramento genetico, di innovazione varietale e della tecnica di coltivazione di fragola nei diversi areali di produzione italiani. È costitutore di diverse varietà di fragola e collabora alle “attività del processo di certificazione delle piante di fragola”

#lafrase Senza ricerca non c’è futuro

Patrizia Turci
CREA Centro di ricerca Olivicoltura, Frutticoltura e Agrumicoltura, Forlì

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